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Ottantatrévirgolaottantasei (9° giorno pt)

Vorrei abbracciare tutte le ragazze che in questi giorni mi sono state vicino, a quelle che mi sopportano, a quelle che si confidano, a quelle che ce l’hanno fatta e condividono con me la loro gioia, a quelle che non ce l’hanno fatta e hanno bisogno di forza per rialzarsi, e a quelle che, come me, si trovano in questo straziante limbo.

Avevo programmato di fare test di gravidanza + beta venerdì 21 marzo, ovvero all’undicesimo giorno pt. In anticipo di qualche giorno rispetto a quanto mi aveva detto di fare l’ospedale… Perchè io faccio sempre di testa mia. E poi, mi sembrava romantico far coincidere il giorno della verità con il primo giorno di primavera.

Qualche giorno fa mi sono resa conto di avere, ben nascosto in un cassetto in bagno, un test di gravidanza. E’ già dall’inizio di questa settimana che provo la tentazione di farlo… Ma ho sempre resistito. Fino ad oggi.

Stamattina, 9 pt, mi sono alzata presto rispetto ai miei recenti canoni, ovvero alle otto e un quarto, grazie alla vicina che, come accade spesso, ha deciso di spostare i mobili di qua e di là per chissà quale motivo.
In realtà ero sveglia già da un po’. E continuavo a pensare a quel maledetto test.
Ho aperto gli occhi, sono scesa dal letto e mi sono detta: “Ma sì. Facciamolo.”
Sono corsa in bagno e, prima di perdere il coraggio, ho scartato il test e l’ho fatto. Poi ho appoggiato lo stick sul bordo del lavandino per attendere il risultato. E’ comparsa una linea. Una sola.

Mi sono messa a ridere. Una risata tipo quella di Joker… Avete presente?
Ho cominciato ad imprecare sottovoce.
Cosa cavolo credevo? Che potesse essere… Positivo?
Certo. Come no. Buona questa, Eva.

Dopo circa un minuto, ho riguardato il test. Così, per sicurezza.
E ho riso di nuovo. Ma non sembravo più Joker.
C’era una seconda linea. Un po’ pallida, ma c’era.
C’è davvero? mi sono detta.
CazzoCazzoCazzoCazzoCazzo
E urlando questo mantra (vi ho mai detto che ho fatto un corso di bon ton?) sono corsa in camera, dove c’è più luce, e mi sono messa a guardare il test da ogni angolazione possibile ed immaginabile.

Oh, la seconda linea c’era davvero.

Ho chiamato Marito, che era in giro per lavoro. Gli ho urlato di tornare a casa. Lui non mi ha chiesto perché, l’aveva già capito.
Mi ha accompagnato a fare le beta. Inizialmente non pensavo di farle oggi. Insomma, volevo solo togliermi lo sfizio di fare il test. Tanto, sapevo che sarebbe stato negativo, non ci sarebbe stato bisogno di fare le analisi del sangue. E invece.
Cazzo, a questo punto io volevo sapere.

Quando sono tornata a casa dal laboratorio ho cercato di stare calma. Mi sono messa a giocare a Candy Crush Saga. Non ho ancora passato il livello su cui sono ormai da un mese. Ma chissenefrega.
Ho guardato un film horror. Mi rilassano. Lo so, sono strana. Lo scoprite ora?

Dopo qualche ora ho telefonato al laboratorio per sapere il risultato.
“Buongiorno, mi chiamo Eva, è pronto il risultato delle beta che ho fatto stamattina?”
“Mi faccia controllare…”
Rumore di fogli. Voci in sottofondo.

CazzoCazzoCazzoCazzoCazzo

“Sì, signora. Il valore è ottantatrévirgolaottantasei.”
“Ottantatré? Proprio ottantatrè?” ho detto, scandend bene ogni sillaba.
“Sì, signora. Ottantatrévirgolaottantasei.”

Avrei voluto chiederle conferma un’altra volta, ma temevo di sembrare ridicola.
Comunque poi ho spedito Marito a ritirare la prova cartacea, perché io sono come San Tommaso. Finché non vedo, non credo. Magari la segretaria si era sbagliata a leggere, si era appena scolata un bicchierino di vodka, era diventata improvvisamente miope, voleva farmi uno scherzone…
Oh, io le penso tutte.

E invece… Era tutto vero.
E’ tutto vero.

9 pt. Beta 83,86

CazzoCazzoCazzoCazzoCazzo

Questo numerone, però, da solo non vuol dire una cippalippa di niente. Venerdì dovrò ripetere le beta e non posso che sperare che siano almeno raddoppiate. Poi, lunedì, le farò di nuovo.

E poi…

E poi, non lo so. Lunedì mi sembra lontanissimo. Pure venerdì, se è per questo.

Non so cosa dire, ho paura. Una fottuta paura. Allo stesso tempo, però, voglio godermi questa felicità, anche se è illusoria, anche se poi verrà uccisa dalla realtà bastarda.

Ma facciamo un passo alla volta. E, per ora, sorridiamo.

Oggi è la Festa del Papà. Stamattina non ci ho neppure pensato.
Alla fin fine ho scelto comunque un giorno romantico per scoprire la verità.

E speriamo che la primavera porti finalmente la felicità.

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Ora ricordo che… L’ironia ci salverà

Premessa: Vorrei scrivere sul blog molto più spesso, ma purtroppo, tra lavoro, analisi e volontariato, proprio non ci riesco.
Vi ringrazio perché comunque continuate a leggermi, a commentare e mandarmi e-mail per sforgarmi o sostenermi.
Vi ringrazio veramente con il cuore!

Ora ricordo perché avevo deciso di dire basta alla PMA.
Ora ricordo perché, nel momento in cui avevo fatto questa scelta, mi ero sentita libera e leggera come una farfalla.
Ora che sono rientrata nel vortice medici-analisi-ospedali-farmaci, ricordo tutto.

In questi lunghi mesi di pausa mi ero dimenticata quanto possa essere stressante tutto questo.

Non mi pento della mia scelta. Della scelta di riprovarci.
Il fatto è che sono ritornata ed essere nevrotica, ora che le mie giornate sono di nuovo scandite da analisi, telefonate ai laboratori, lunghe attese al CUP, visite mediche.

Era bello non dover pensare al ciclo, non dover programmare i rapporti sessuali in base agli esami ginecologici o agli spermiogrammi da fare, non dover andare dalla ginecologa un giorno sì e l’altro pure…

Una decina di giorni fa io e Marito siamo tornati all’ospedale San Paolo di Milano con tutti gli esami che la ginecologa ci aveva richiesto.
Finora siamo andati a Milano due volte, e ogni volta sono tornata a casa stanca morta. E tenete conto che siamo andati al pomeriggio. E io non guido neppure.
Non oso pensare a quando dovrò presentare in ospedale ogni due – tre giorni alle otto del mattino per i monitoraggi… Mi dovrò alzare alle cinque!

La mia mutazione, per fortuna, è un ostacolo facilmente superabile con l’assunzione di alcuni farmaci (acido folico e Benexol).
E’ comunque un problema in più, che mi preoccupa.
Marito ha rifatto un altro spermiogramma. Era da tempo che non si sottoponeva a questo esame. Forse aveva creduto di non doverlo fare mai più.
Devo dire che ci siamo fatti delle grasse risate parlando del suo grado di eccitazione alle quattro del pomeriggio rinchiuso nel cesso di un ospedale in una fredda giornata d’inverno… Ma le battute erano abbastanza volgarotte, perciò ve le risparmio 😉
C’è da dire che, per fortuna, gli uomini si eccitano con poco.
Ricorderò sempre ciò che mi disse Marito dopo il suo primissimo spermiogramma. Gli chiesi a cosa avesse pensato per riuscire ad eccitarsi. Lui alzò le spalle e disse: “Boh, a delle donne nude, così…”
Fantastico.

L’esito dello spermiogramma ce l’hanno dato subito. La situazione è sempre grave, ma almeno non è peggiorata da un anno a questa parte, e già questo è un successo, a detta della ginecologa.

Con l’inizio del prossimo ciclo, verso il 25 febbraio, si riparte.
Nuovo ospedale, nuovo programma terapeutico. Questa ginecologa mi ispira molta fiducia. Non oso sperare che accada un miracolo… Ma non avremmo deciso di riprovarci se non sentissimo, in fondo al cuore, che ce la possiamo fare…

La speranza mi fa paura. Ma il fatto è che io VOGLIO sperare. Voglio pensare che, tra poco più di un mese, io potrei essere incinta. Il solo pensiero mi fa tremare.

Le analisi non sono finite. La dottoressa ci ha prescritto tutta una serie di esami da presentare per poterci sottoporre alla PMA. Le solite analisi del sangue (HIV, epatite, ecc.) per entrambi e vari tamponi vaginali per me.

Venerdì è stata una giornata frenetica. Praticamente non sono stata ferma un minuto, in ufficio ero praticamente un fantasma, dato che non facevo altro che uscire e rientrare.

A metà mattina sono andata nella mia farmacia di fiducia per prenotare le analisi del sangue. La mia ditta mi dà diritto ad un quarto d’ora giornaliero per uscire senza dover prendere un permesso.

Quando sono arrivata in farmacia c’erano solo due clienti, e nessuno in fila allo sportello cup.
Fantastico, mi sono detta. Sbagliato.
Sono passati dieci minuti prima che la farmacista si degnasse di ascoltarmi. Uno dei due clienti, un signore anziano, doveva prendere una medicina di cui si era dimenticato il nome. La dottoressa si è fatta descrivere il farmaco, gusto, forma, colore, e gli ha mostrato senza successo un milione di confezioni prima che il signore si decidesse a tornare a casa a chiedere alla moglie (ah, se non ci fossero le donne…).

Un’altra signora, altrettanto anziana, doveva prendere delle fiale di acido folico, che però la farmacista non aveva a disposizione. Altra conversazione di diversi minuti. Beh, dubito che l’acido folico le servisse in previsione di una gravidanza. Se pure la vecchina ottantenne è incinta, allora mi sparo che faccio prima.

Finalmente è arrivato il mio turno. La farmacista mi ha dovuto prenotare gli esami per ben tre volte. Già, perché continuava a sbagliare il costo del ticket. Per farla breve, ci ho impiegato più di mezz’ora, tempo che ovviamente mi verrà decurato dalle mie preziose ore di permesso.

Sono rientrata in ufficio, ho lavorato per venti minuti e poi sono corsa dalla mia ginecologa per fare i tamponi vaginali che avevo prenotato.

Altra attesa infinita allo sportello. Avevo il terrore che nel frattempo la dottoressa mi chiamasse, e di perdere il posto.

Pensavo di sbrigarmi in un paio di minuti, e invece… La mia assicurazione medica aveva sbagliato tutto. La segretaria (l’unica segretaria presente), mentre mi ascoltava non faceva altro che interrompersi per prendere delle telefonate. Io ho cominciato a sudare e imprecavo tra me e me, mimando il gesto di dare delle testate sul bancone. Avranno pensato che sono matta. Chissenefrega.

Dopo una ventina di minuti la segretaria ha deciso che avrei pagato dopo, così non rischiavo di perdere il posto. Mi sono seduta davanti all’ambulatorio della ginecologa e… Quando è arrivato il mio turno, un informatore scientifico del piffero è entrato nello studio. E ci è rimasto un quarto d’ora.

Quando finalmente la ginecolga mi ha ricevuto, ho fatto un’amara scoperta. Credevo che mi avrebbe fatto un solo tampone, che sarebbe bastato per fare tutte le analisi che mi servivano… Eh, no. Troppo facile. Mi ha dovuto fare 7 – SETTE – tamponi. Volevo piangere.

Poi sono tornata dalla segretaria, con tutte le SETTE provette in mano. Abbiamo ricominciato a discutere del pagamento. La segretaria non faceva altro che parlare di gonorrea, clamidia, e via dicendo. E io avevo in mano sette provette. La gente in coda dietro di me avrà pensato che faccio la prostituta, come minimo. Ormai, sinceramente, non mi vergogno più di nulla.

Alla sera, quando sono tornata a casa, ero stanca morta, e naturalmente mi sono sfogata per bene con Marito (che è leggermente influenzato e pare che sia moribondo, ogni giorno dice che non sa se sopravviverà alla notte…).

“Ma ti rendi conto? Ho dovuto fare sette tamponi! Ma sai che male fa? (BALLA COLOSSALE, MA VOLEVO ESSERE COCCOLATA!). Avrò tenuto lo speculum lì dentro per almeno mezz’ora! La dottoressa non faceva altro che infilarmi dei tamponi, uno dopo l’altro!”

Marito è rimasto impassibile.
Dopo un po’, fa: “Beh, neanche un bacino, prima?! Se io non ti faccio un massaggino prima di fare l’amore, sono un mostro!”

Mi sono fatta una bella rista. “Questa la scrivo sul blog!”

Detto, fatto 🙂

Non ne posso più. Odio dover andare ogni giorno dal medico per farmi fare una ricetta, odio passare le mattine in farmacia, odio andare a avanti e indietro dai medici, odio incavolarmi perché gli esami non sono pronti.

Odio pensare che tutto questo potrebbe, ancora una volta, non servire a niente.

Intendiamoci. Non è che il percorso adottivo sia meno stressante, eh. E’ solo diverso. L’adozione è qualcosa che riguarda la tua dimensione emotiva. Non ci sono farmaci o medici di mezzo, a parte lo psicologo, ovviamente.
La PMA è qualcosa di molto… Tecnico, ecco.
Forse sono più brava ad affrontare delle lunghe conversazioni con giudici o assistenti sociali, piuttosto che iniezioni ormonali, analisi, medici…

Ma se abbiamo deciso di intraprendere di nuovo questa strada c’è un motivo. E quel motivo è nostro figlio.

Mi sembra abbastanza per riuscire a sopportare il vortice medici-analisi-ospedali-farmaci.

Vorrei soltanto che tutto questo servisse a qualcosa, ecco.

Ma non posso sapere come andrà a finire. Perciò non mi resta che aspettare e… Riderci su. O, almeno, cercare di farlo.

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D.G.M. (Donna geneticamente modificata)

Rieccomi.

Il Natale è passato, e anche quest’anno non mi sono lasciata sopraffare dal finto buonismo e dall’ipocrisia che lo circonda.

Abbiamo gettato il vecchio calendario appeso alla parete per rimpiazzarlo con uno nuovo. Ma non è che sia cambiato granché.

Sono giorni strani, a volte apatici, altre volte colmi d’emozioni. E mi rendo conto che devo accettarli così come vengono. C’est la vie.

Dal Tribunale nessune nuove.

Non ho neppure sentito mia madre per Natale.

Ho incontrato mio padre per caso, la sera della Vigilia, mentre passavo a salutare i miei nonni. La prima cosa che mi ha detto è stata: “Ehi, ma che culone hai messo su?” No, non era ironico. Io gli ho fatto notare che una frase del genere non può di certo aumentare la mia autostima. Lui non ha nemmeno risposto.

Mia nonna sta sempre peggio. Ormai non mi riconosce neanche più. Sono ormai lontani i tempi in cui mi chiedeva se ero incinta, e davanti al mio sguardo triste diceva che un bambino sarebbe arrivato, che dovevo portare pazienza perché anche lei ha aspettato tanto sua figlia…
Ho il terrore che possa andarsene prima di aver conosciuto il suo nipotino.
Io sono nata quando mia nonna stava malissimo, era in preda alla depressione, perché era da poco rimasta vedova. Mio nonno è morto molto giovane. La mia nascita la riportò alla vita. Mi piacerebbe che il miracolo si ripetesse. Ma… Ma.

L’altro giorno abbiamo festeggiato il quinto compleanno di uno dei miei adorati cani.
Ho sempre sognato di vedere mio figlio giocare con le sue “sorelline” a quattro zampe.
Ma il tempo passa, inesorabilmente. E ogni giorno che passa è un giorno triste in più, un giorno strappato alla felicità.

Ogni volta che sto con i bambini della comunità, i miei adorabili selvaggi, mi rendo conto di quanto sarebbe bello essere madre.

Insomma, è cambiato l’anno sul calendario, ma la vita rimane sempre la stessa.

A dicembre io e Marito siamo stati al centro PMA del San Paolo di Milano. La dottoressa con cui abbiamo parlato, capo dell’equipe, ci è sembrata molto in gamba. Ci ha illustrato il loro protocollo, che è diverso e molto più personalizzato rispetto a quello che ho seguito a Reggio Emilia.
Mi ha prescritto decine di analisi (soprattutto genetiche) che finora nessuno mi aveva chiesto, per capire come mai gli embrioni che mi hanno trasferito non hanno mai attecchito. Potrebbero esserci dei problemi, e non essere soltanto colpa della sfiga.

A fine gennaio dobbiamo rivederci per programmare la prossima ICSI, a pagamento. Spero di riuscire a cominciare il trattamento con il ciclo che dovrebbe iniziare a metà febbraio, anche se sarà dura.

Intanto sto cominciando a ricevere i risultati di qualche esame.
Oggi ho scoperto di avere una mutazione del II Allele MTHFR.
Non ho bene idea di cosa voglia dire, ma non mi sembra una cosa buona. Curiosando su internet ho scoperto che questa mutazione è abbastanza frequente e che può essere causa di aborti spontanei, se non trattata con i dovuti farmaci. Farmaci che non ho mai preso, non sapendolo.
Ma vaffanculo, va. A saperlo prima…

Le mie giornate sono nuovamente scandite dal conto alla rovescia per la prossima visita, prelievo del sangue o ecografia. Che gioia.

Intanto cerco di godermi ciò che di bello c’è nella mia vita.

E’ dura, quando hai un pensiero fisso in testa di cui poche persone riescono a capirne l’importanza.
Quando senti le forze scivolarti via, insieme al tempo.
E che diavolo c’entra se sono giovane. E se ho tanto tempo davanti.
Non mi interessa la possibilità di essere felice, un domani.
Io vorrei essere felice. Ora.

Entrare nella mia testa è sempre stato complicato, per tutti.

Ora mi rendo conto che è praticamente impossibile.

Saluti da una donna geneticamente modificata.

Spero di non aspettare il 2015 per scrivere di nuovo.

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Zerovirgolazero

Dove ero rimasta?
8 pt. Test negativo.
Sì, forse era un po’ presto… Ma dentro di me sapevo che quel negativo era terribilmente, dolorosamente reale.
10 pt, rifaccio il test. Ancora negativo.
Ieri mattina, 11 pt, vado a fare le analisi delle beta hcg.
Sottolineo il fatto che sono dovuta rimanere in coda per almeno venti minuti dietro ad una mamma con tre pargoli al seguito. Il più piccolo dei tre, due anni circa, ogni tanto mi guardava e mi sorrideva timidamente…
Mazzata al cuore.
Come al solito la segretaria mi chiede se ho già fatto un test di gravidanza.
“Sì, era negativo.”
“Ha un ritardo, quindi?”
No. Ho fatto la fecondazione assistita. Devo vedere se è successo qualcosa.”
Sempre la stessa conversazione. Ecchepalle.

Anche il medico che mi fa il prelievo è sempre lo stesso. Un dottore simpatico e cordiale che, dall’accento e dal nome che ho letto sul suo tesserino, probabilmente è originario dell’Est Europa. Anche lui mi fa le stesse domande… Io gli do le stesse risposte. Ecchepalle 2.
Il medico è decisamente più gradevole della segretaria, e cerca di infondermi un po’ di fiducia. Non è che ci riesca molto, però… Mi dice che ha degli amici che hanno provato con la PMA otto o nove volte.
“E’ una specie di roulette russa!” mi dice, sorridendo.
Tentativo di conforto fallito miseramente.
Non me la prendo, però. Anzi, è stato carino. Almeno non ha espresso giudizi e non mi ha detto la solita frase ormai trita e ritrita che mi fa sempre ribollire il sangue nelle vene: “Ma tanto sei gggiovane!”

Dopo il prelievo mi sono incontrata con due amiche che non vedevo da tempo. Ero stata proprio io a organizzare l’uscita, perché, come vi ho detto, sto cercando di riagganciare qualche rapporto umano.
Avrei voluto disdire l’appuntamento, dato che avevo l’umore a terra. Poi però mi sono detta che non posso continuare a fare l’eremita, ad isolarmi nel mio dolore. Forse uscire mi avrebbe fatto bene. E così è stato.

Ero ancora seduta al bar con loro quando è arrivato il momento di chiamare il laboratorio per sapere il risultato delle analisi.

“Buongiorno, sono venuta stamattina a fare le analisi delle beta hcg… Mi può dire il risultato, per favore?”
“Sì, attenda un momento…”
Rumore di fogli, voci in sottofondo… Passano i secondi, il mio cuore si ferma per un istante…
“Il risultato è zerovirgolazero, signora.”
Rido.
“Grazie. Arrivederci.”
E vaffanculo.

Zerovirgolazero? Non bastava dire zero, oppure negativo?
Insomma, la segretaria doveva per forza essere tanto crudele? Il risultato me lo aspettavo. La cattiveria, quella mi ha spiazzato.

Ho fallito di nuovo. Ieri era l’11 pt, direi che il risultato è definitivo.

Sto continuando con le terapie post transfer, non so neppure io perché. Martedì, 14 pt, rifarò il test di gravidanza, tanto per buttare via altri 18 euro. Ma il centro PMA vuole così, e finché sono seguita da questi medici devo fare come dicono. Martedì li chiamerò per comunicare il fallimento, e poi spero di non sentirli mai più.

Da domani io e Marito saremo impegnati a fare tutte le analisi per ricominciare da capo con la PMA alla clinica di Bologna. Come vi ho già detto spero di poter cominciare la stimolazione con il ciclo di fine marzo/inizio aprile, perciò dobbiamo muoverci.

Come sempre accade dopo un fallimento, io e Marito ci siamo messi a parlare del futuro. Di quello che possiamo fare. Di quello che vogliamo fare.

Siamo assolutamente convinti che la clinica di Bologna sia più affidabile e seria, e siamo fiduciosi nella prossima PMA.
Però… Abbiamo ricominciato a parlare di adozione.

Dopo il corso informativo-formativo fatto tra settembre e ottobre avevamo deciso di accantonare l’adozione, almeno per il momento. Gli assistenti sociali ci avevano trasmesso tanta paura e insicurezza. Negli ultimi mesi siamo stati solo e soltanto concentrati sulla PMA.
O, almeno, così credevo. In realtà l’altra sera, mentre io e Marito parlavamo del futuro, mi sono resa conto che l’idea dell’adozione non ci ha mai abbandonato in questo ultimo periodo. Anche se inconsciamente, questo pensiero ha continuato a maturare dentro di noi…
Abbiamo avuto il tempo di confrontarci con le paure, di elaborare tutte le informazioni che ci sono state date… Fino a pochi giorni fa dicevamo che dovevamo assolutamente riuscire ad avere un figlio “naturale”… E ora abbiamo deciso di proseguire con l’adozione.

Questo pensiero mi rende molto felice. Mi rendo conto di aver ritrovato l’entusiasmo che avevo prima del corso. Durante gli incontri ci hanno spaventato, sì, ma probabilmente solo per vedere quali coppie erano veramente determinate a continuare… E noi lo siamo!
Avere un figlio bio e uno adottato è diverso, questo ormai l’abbiamo capito.
Però, alla fine… Mi sono resa conto che non me ne frega niente se nostro figlio non avrà gli occhi di Marito o il mio sorriso…
Anche se quel bimbo avrà la pelle di un colore diverso dalla nostra, se verrà da una terra lontana, non importa.
Lui sarà nostro figlio.
PMA o adozione. Seguiremo entrambe le strade. Sarà il destino, o Dio, a decidere come e quando arriverà nostro figlio.

Sarà difficile… Doppiamente difficile, visto che solitamente le coppie affrontano un solo cammino alla volta… Ma noi siamo fatti così. Ci piace imbarcarci in imprese impossibili.

Forse l’ho già detto, ma lo ripeto… Il cammino dell’adozione, benché lungo e complicato, mi infonde più sicurezza e serenità rispetto alla PMA.
Con l’adozione ogni passo, i colloqui, la presentazione della domanda al Tribunale, la scelta dell’Ente, è un passo in più verso nostro figlio…
Con la PMA ogni tentativo è a se stante, e se si rivela un fallimento non è un passo avanti né indietro, è come rimanere immobili

Abbiamo deciso di provare ancora con la PMA semplicemente perché sentiamo di doverlo a noi stessi. Il centro che ci ha seguiti in quest’ultimo anno si è rivelato inaffidabile e non professionale, è quasi come se non avessimo neppure fatto questi tre tentativi.

Perciò… Proviamo ancora. Ma non importa se non ce la faremo.
Nostro figlio è da qualche parte che ci aspetta… Forse è ancora un piccolo angelo in Cielo, o forse proprio ora sta piangendo in un istituto, abbandonato da chi gli ha dato la vita, aspettando qualcuno, aspettando NOI, che possiamo ridargli la gioia. Non importa, davvero…

Come ormai avrete capito io amo tanto fantasticare quanto “fare”…
Ho già contattato i servizi sociali per comunicare la nostra decisione di proseguire con le pratiche. Ho già presentato la domanda, e mi hanno detto che probabilmente dopo Pasqua faremo il primo colloquio con gli assistenti.
Lunedì prossimo, 4 marzo, faremo la visita con il medico legale, che da quello che ho capito è una cavolata. Non ci hanno chiesto di fare esami particolari, ci hanno solamente domandato di portare analisi del sangue recenti, se le abbiamo (SE le abbiamo? Ho una carpetta da 5 kg piena di analisi…). Probabilmente parleremo qualche minuto con il medico legale, che si accerterà soltanto della nostra sanità mentale e ci chiederà di firmare un’autocertificazione dove dichiariamo di non avere malattie gravi.

Nonostante certe brutte esperienze che si leggono su internet, devo dire che, finora, per quanto riguarda l’adozione, abbiamo avuto sempre a che fare con persone gentili e disponibili. La segretaria del Centro per le Famiglie mi ha inviato addirittura i documenti necessari via e-mail mentre parlavamo al telefono, e la dottoressa dell’ASL si è persino scusata perché non poteva darmi l’appuntamento con il medico legale per la prossima settimana, ma per quella dopo ancora…! Con i tempi burocratici dell’adozione, una settimana in più o in meno non fa di certo la differenza. Ehi, persino io riesco ad accettarlo!

Insomma… Da una parte sento di essere allo stesso punto in cui mi trovavo un anno fa… D’altra parte, però, riflettendoci bene, sento di essere molto cresciuta, di aver capito tante cose in quest’ultimo anno.

Ogni giorno mi sento sempre più “mamma”… Anche se ancora non possiamo prevedere né immaginare come, da dove e quando arriverà nostro figlio.
Spero solo che tutta questa attesa, questo dolore, questa frustrazione, mi aiuterà ad essere una donna e una madre migliore.

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Gli spaccasogni

Piccola premessa a questo post. Ieri, 8 pt, ho deciso di fare il test di gravidanza.
LO SO. Sembrerebbe un po’ prestino. Ma ho navigato su internet alla ricerca di informazioni, e da quello che ho capito quando si fa il transfer di blastocisti si può anticipare il test, perché l’attecchimento avviene in un tempo minore rispetto ad un transfer di embrioni in seconda o terza giornata.
Ho letto di donne che hanno avuto un responso positivo dal test casalingo già al 5 pt… E quindi mi sono detta: proviamo!

Ovviamente era negativo. Cosa vi aspettavate? Io niente di diverso, anche se per qualche minuto ho continuato ad osservare quel maledetto stick, sperando di veder comparire qualcosa, girandolo e rigirandolo tra le mani e guardandolo da tutte le angolazioni possibili ed immaginabili.

Ho deciso che domani, 10 pt, farò le beta, e se mi daranno un valore negativo mi metterò il cuore in pace.
Martedì prossimo, 14 pt, ma solo per accontentare il centro PMA che non vedo l’ora di abbandonare per sempre, rifarò un altro test.
Tanto, anche se chiamassi la ginecologa domani per comunicare l’esito negativo delle beta, mi direbbe come al solito di continuare le terapie…
Certo, come se l’ormone della gravidanza potesse magicamente autoprodursi nel corpo il quattordicesimo giorno del transfer…

Comunque, non è di questo che voglio parlare. Per sapere come mi sento basta rileggere il post che ho scritto dopo l’ultimo fallimento.

L’unica cosa che mi trattiene dal mettermi a piangere è il pensiero di ricominciare al più presto tutto da capo.

Dopo le analisi di domani che uccideranno ogni mia sciocca speranza residua io e Marito ci rimetteremo in pista per rifare le analisi preliminari.
Voglio assolutamente riuscire a procedere con la stimolazione con il ciclo che mi dovrebbe arrivare, se ho fatto bene i calcoli e se il mio corpo non fa scherzi, a fine marzo/inizio aprile. Ovviamente, nel centro PMA di Bologna. A Reggio Emilia non ci voglio più mettere piede.

Bene. Ora procediamo con quello di cui volevo veramente parlare in questo post, ovvero… Le reazioni di amici/conoscenti/colleghi davanti alla confessione della propria condizione di sterilità e della decisione di tentare con la PMA.

Ho selezionato con cura le persone più fidate a cui raccontare quello che io e Marito stiamo passando, anche se in realtà molta gente a cui volevo tenere nascosto il nostro “segreto” ha capito tutto senza bisogno che io dicessi niente.

Forse il mio intuito è completamente sballato o forse le persone non sanno come replicare ad una notizia del genere, perché certe reazioni mi fanno veramente cascare le braccia. Ecco alcuni esempi di persone con cui mi sono dovuta confrontare:

– L’entusiasta

Ma dai, davvero? Fai la fecondazione assistita? Ma lo sai che anche mia cugina/sorella/amica/vicina di casa sta per farla? E’ incredibile!
(Certo, è meraviglioso, guarda, dammi il suo numero di telefono che la chiamo per congratularmi).

– La menefreghista

Amica: “Sul serio? Beh, senti, se però non rimani incinta, mi accompagneresti nel tal posto nella tal data?”
Io: “Ehm, veramente mi auguro vivamente di essere incinta per quella data…”
Amica: “Ah beh, sì, certo, ovviamente.”
Pausa di silenzio.
Amica: “Ma se non la sei, vieni con me?”

– La tragica

Guarda, anche mia cugina/sorella/amica/vicina di casa ha fatto la fecondazione assistita. E’ diventata una botte a furia di prendere ormoni. Ed era insopportabile. Ha creato il vuoto attorno a sé perché nessuno voleva starle vicino tanto era antipatica. Secondo me stava andando fuori di testa.
Alla fine non ce l’ha neanche fatta a rimanere incinta!

– L’ottimista

La fecondazione assistita! Ma tu sei così gggiovane! Avrai tre gemelli! Sì, ne sono sicura, me lo sento! Anzi, ti vedo già incinta!
(Ma porti male??)

– L’aspirante medico

Fecondazione assistita? Ma sei sicura? Ma tu e tuo marito state continuando a provarci? (No, abbiamo deciso di darci alla castità!)
Chissà, magari un giorno uno dei suoi spermatozoi si sveglia e decide di iniziare a lavorare! O forse è solo l’ansia! Sì, secondo me è così!
(Oh, quanto ti devo per la consulenza?!)

– Il moralista

Fecondazione assistita? (detto con espressione di disgusto)
Quelle cose lì, così contro natura non mi piacciono per niente! (E infatti non devi farlo tu…)

– Gli spaccasogni (o spaccaballe, a scelta)

Ecco, su questa categoria devo aprire una luuuunga parentesi.

La gente ama giudicare, criticare, sputare sentenze. Ma non capisce.
Certo, poi c’è chi è più sensibile e chi meno, ma in linea di massima questo è l’atteggiamento che accomuna la maggior parte dei miei “confidenti”: uomini, donne, giovani, di mezza età, con figli e senza…
Il problema non è l’incapacità della gente di capire. Il problema è che non ci prova neppure. L’empatia, questa sconosciuta…
Vi voglio raccontare la reazione di due persone molto diverse tra loro davanti alla mia esperienza con la PMA.

La prima persona, uomo, mi ha confessato di non approvare il mio “accanimento terapeutico”. Insomma, secondo lui dovrei smetterla di provare con la PMA.
E il bello è che questa persona non ha idea di come funzioni la PMA. A volte ho provato a spiegarglielo, con scarsi risultati, anche perché evidentemente non è molto interessato all’argomento.
Vi dico soltanto che prima dell’ultimo transfer di congelati mi ha chiesto come stava andando la stimolazione delle ovaie…
Mi sento spesso ripetere che ho fatto TROPPI tentativi (3 sono troppi?? Tra cui solo due stimolazioni?), e che mi sto accanendo.
Ma queste persone si rendono conto che solo la Medicina mi può aiutare a realizzare il mio sogno?
Che se smetto con la PMA rinuncio a diventare madre per sempre? (Madre di pancia, intendo).
Come fanno a dire tanto a cuor leggero una cosa del genere?

Secondo esempio.
Donna, mezza età, che non ha mai voluto figli.
Qualche tempo fa le ho confidato d’aver rifatto “LA COSA” (non so perché ma con certe persone mi vergogno a chiamare la PMA con il suo nome!).
La sua reazione?
“Ma ancoraaaaaaa? L’hai rifatto ancoraaaaa? Ma, insomma! Quante volte ancora hai intenzione di farlo????”
Il tutto, badate bene, detto con tono scocciato, manco stessi facendo un torto a lei.
“Finché non funzionerà…” ho detto io, ridendo imbarazzata.
“E se non funziona cosa faaaaaai?” (immaginatevi una vocina acida e stridula)
“Ci provo di nuovo…”
Sapete qual è la cosa che mi fa più imbestialire?
Io e questa persona siamo molto diverse, conduciamo stili di vita totalmente diversi, abbiamo valori e una morale diversa.
Eppure io non ho MAI osato criticarla. Perché dovrei? La sua vita è sua, le sue scelte sono sue. Se lei è contenta così, benissimo! Basta che nessuno obblighi me a seguire le sue orme!
E allora, perché io devo essere sempre giudicata per le MIE scelte?
Se decidessi di mollare tutto e trasferirmi in Madagascar non potrei forse farlo?
Se decidessi di mollare tutto e farmi suora?
Ma perché la gente deve sempre mettere il becco su tutto?

Anzi, non è questa la cosa che mi fa più incazzare. E’ un’altra.

Ci sono persone che fanno figli perché “così si fa”. Poi magari li amano pure, eh, mica lo metto in discussione, però li fanno perché li devono fare, non perché li desiderano con il cuore.
Ci sono persone che fanno figli… “Per caso”. Ops.
Ci sono persone che sognano di fare carriera, di diventare un medico e di salvare delle vite, di viaggiare il mondo, di diventare attori, cantanti, registi, di fare politica…
E c’è chi sogna di avere una famiglia. La famiglia, i figli, non sono solo degli obblighi sociali, ma possono essere anche il fulcro della vita di una persona. Così è per me. Cosa c’è di sbagliato?
Se io stessi cercando, che ne so, di diventare una cantante e incontrassi delle difficoltà, nessuno mi direbbe di smetterla di partecipare ai provini o di prendere lezioni di canto, magari impegnandomi tutti i giorni per diverse ore e spendendo tanti soldi…
Mi direbbero, invece: “Hai solo 26 anni, non mollare così! Non puoi rinunciare al tuo sogno, sei così giovane!”.
Bene. Il mio sogno è quello di diventare madre. Quindi, secondo questi intelligentoni, a 26 anni dovrei rinunciare al sogno di una vita?
Il mio sogno deve essere trattato come se fosse un capriccio adolescenziale, un’inezia, una sciocchezza? Come se fosse meno importante di una carriera?
No, io non ci sto.
Il mio sogno è mio e nessuno ci può mettere il becco. E io farò di tutto per realizzarlo.
Senza mai prendermi una pausa. Senza fermarmi. Combattendo contro la Natura bastarda.
Solo che, nel frattempo, vorrei che la gente la smettesse di deridere i miei sogni.
E’ già tutto abbastanza difficile senza bisogno di essere umiliata da chi i figli li ha avuti senza neppure sapere come o da chi non li ha mai desiderati.

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Mezzogiorno di fuoco

Oggi è una giornata storica. Sono un vulcano di emozioni. Felicità, paura, commozione, terrore, ansia…
Ma andiamo con ordine, che a me piace creare un po’ di suspense…

Qualche giorno fa io e Marito abbiamo terminato le analisi preliminari per poter accedere alla fecondazione assistita. Purtroppo non ho più l’elenco degli esami, comunque più o meno erano questi: per entrambi analisi del sangue, analisi HIV ed epatite, analisi genetiche, solo per me tamponi vaginali con ricerca clamidia e micoplasmi, ecografia mammaria, elettrocardiogramma, pap test, solo per Marito analisi genetiche e spermiocoltura.

Non ho fatto il calcolo di quanto abbiamo speso, ma se a qualcuno di voi interessa basta che me lo chiediate (ma devo ricordarmi di bere qualcosa di forte prima).

Abbiamo impiegato esattamente due mesi e mezzo per fare tutte queste analisi. Siamo andati tramite il S.S.N. tranne che per la spermiocoltura, i tamponi vaginali, l’ago aspirato al seno (l’ho fatto perché l’ecografia mammaria aveva evidenziato un nodulo sospetto, che si è rivelato innocuo) e lo spermiogramma. In realtà la clinica che ci sta seguendo non ci ha richiesto un ulteriore spermiogramma, Marito ne aveva già fatti due, ma io volevo vedere se la situazione spermini era migliorata.
È proprio vero che a volte bisogna seguire l’istinto, perché in effetti ci sono buone nuove! Gli spermini sono ben un milione, ok, non è esattamente un esercito fecondante, ma il primo spermiogramma ne aveva “trovati” soltanto 500.000 e il secondo 800.000… La motilità è sempre a zero, sigh, (avranno ereditato la pigrizia dal proprietario), ma – udite udite – le forme normali sono cresciute dallo 0% al 39%! Ce la possiamo fare! Non daremo alla luce un mostro!
In realtà mi sembra incredibile che dall’ultimo spermiogramma (effettuato a metà febbraio) a questo (fatto esattamente tre giorni fa) la situazione sia cambiata tanto, visto che Marito non ha seguito alcuna terapia. Ho letto su internet che spesso i risultati possono variare da laboratorio a laboratorio (e in effetti, dietro mio consiglio, Marito ha fatto lo spermiogramma in tre laboratori diversi). In tutti i modi, meglio così!

Comunque la situazione è sì migliorata, ma non è sicuramente “normale” (quando detesto questa parola…). Le analisi, però, non hanno evidenziato quale possa essere la causa di questa carenza di spermini e della loro lentezza. Le analisi genetiche di Marito sono perfette, non ha infezioni tipo clamidia o altro, la situazione ormonale è ok. Boh. Chi ci capisce è bravo.

Anche le mie analisi vanno bene. Ricordate la biopsia che ho fatto tempo fa? Alla fine, fortunatamente, non ho nulla di grave, soltanto un’infezione cronica che mi trascinavo da chissà quanto tempo e che dovrò curare con una terapia locale della durata di un anno (ma questo non interferisce con la PMA).

Naturalmente non appena abbiamo finito le analisi ho preso appuntamento con il centro PMA per mostrare le analisi alla dottoressa. L’appuntamento era oggi a mezzogiorno. Proprio un mezzogiorno di fuoco, come ha esclamato la mia amica incintissima quando gliel’ho detto.

In questi ultimi giorni sono stata perennemente in preda all’ansia. L’appuntamento di oggi poteva cambiare le nostre vite (o almeno darci la speranza di poterle cambiare) oppure allungare questa atroce attesa e trascinarci in un altro vortice di analisi e farmaci… Sapevo benissimo che i casi erano due: o la dotteressa ci avrebbe permesso di iniziare subito l’iter per l’ICSI, oppure, con la scusa che siamo gggiovani, ci avrebbe consigliato di consultare un bravo andrologo e tentare una cura per gli spermini di Marito (cure che la maggior parte delle volte non portano a grandi successi). Naturalmente ero convinta che la seconda ipotesi fosse la più realistica. Sfigati come siamo, perché i nostri tormenti sarebbero dovuti finire così facilmente?

E quando la dottoressa ha guardato le analisi, ha sorriso e ha detto: “Allora, siete pronti a partire?” io e Marito ci siamo guardati, increduli… Non avevamo capito cosa volesse dire, e solo quando ha ripetuto la domanda abbiamo capito… PARTIAMO CON LA FECONDAZIONE ASSISTITA! Abbiamo risposto di sì all’unisono… Mi sono sentita felice come se avessi appena scoperto di essere incinta!

La dottoressa mi ha fatto un’ecografia per controllare le ovaie, poi mi ha illustrato i farmaci che dovrò prendere. Sabato prossimo, 12 maggio (ovvero il ventunesimo giorno del ciclo), dovrò fare una puntura di Enantone da 3,75 mg per sopprimere l’ovulazione (perciò avrò l’umore isterico di una appena andata in menopausa…). Poi dovrò aspettare che mi vengano le mestruazioni, e dal terzo al decimo giorno del ciclo dovrò fare, giornalmente, una puntura di Gonal per stimolare la produzione di follicoli. L’undicesimo giorno dovrò fare un’ecografia per verificare che tutto stia procedendo bene… Poi… Poi non ho ben capito, dovrò prendere un altro ormone, ma la dottoressa ha detto che mi spiegherà quando verrà il momento… In seguito, quando saranno ben maturi, mi preleveranno gli ovociti dai follicoli per poi fecondarli in vitro con gli spermini gentilmente donati da Marito (io mi devo imbottire gli ormoni e far inserire tutti gli aggeggi del mondo , mentre lui deve solo farsi una pippa… Mah…). Una volta formati degli embrioni belli belli, me li trasferiranno nell’utero… E circa quattordici giorni dopo farò il test di gravidanza e… Speriamo che Dio abbia ascoltato le nostre preghiere.
Ovviamente questo processo potrebbe non filare liscio come l’olio come l’ho descritto io, ma confido che il mio corpo resista e che non si metta a fare i capricci proprio ora!

Capisco che la mia spiegazione è alquanto scadente, perciò se volete informazioni più dettagliate vi consiglio di visitare questa pagina.

Da quando siamo tornati a casa sento il cuore battere fortissimo… Sono felice perché finalmente il destino ci ha concesso una possibilità… Ho paura perché non ho mai preso ormoni in vita mia, e da quello che ho letto su internet ci possono essere sgradevoli effetti collaterali… E ho paura anche perché purtroppo nessuno ci può garantire che avremo il nostro bambino… E non so come potremmo fare a trovare altri 3000 euro per fare un secondo tentativo (già trovare i soldini ora sarà dura…).

Marito si è messo a dormire sul divano (tutte queste emozioni l’hanno messo k.o.!) mentre io non riesco a calmarmi, non vedo l’ora che arrivi sabato per farmi fare la prima puntura dal Suocero (l’unico in famiglia che ne è capace!).

Comunque… Sono felice! Forse una felicità effimera, illusoria, ma… Sono felice!

Avrei voglia di fare una festa in stile Party Mamas!

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Ma non starai piangendo davvero!

Dall’ultimo pap test che ho fatto, circa tre settimane fa, è emerso che ho qualcosa che non va. Un ascus. Non ho capito perfettamente di cosa si tratti, comunque ci sono delle cellule che non stanno tanto bene. Perfetto. Ci mancava solo questa!
Mercoledì la ginecologa mi ha effettuato una colposcopia e una biopsia al collo dell’utero, per indagare meglio su queste cellule anomale (ma, tra me e Marito, non abbiamo proprio niente di normale?!). Essendo io molto fifona, soprattutto quando si tratta di esami così invasivi, sono stata male per tutti i giorni precedenti alla visita. Quando sono entrata nello studio medico stavo letteralmente tremando.
Come faccio sempre quando ho paura, ho fatto alla dottoressa mille domande: che strumento sta usando? Cosa vede? Adesso cosa vuole fare? Ma di solito fa male? Ora che cosa sta prendendo?

Sì, sono una piaga, lo ammetto.

Ma in cosa consiste la colposcopia, questo strano esame di cui non avevo mai sentito parlare prima? Per una spiegazione medica, vi rimando a questa pagina (attenzione che le immagini fanno un po’ senso…).
La mia spiegazione: la ginecologa inserisce lo stesso strumento che si usa per il pap test, che si chiama speculum (grazie, Google) lì dentro e poi da una bella occhiata tramite una specie di binocolo, chiamato colposcopio… Figo, eh?
Il tutto non sarebbe neppure doloroso, se ad un certo punto non ti inserisse un tampone bagnato di un acido che “colora” le cellule “malate” per poterle osservare meglio… E, come se questo non bastasse, dopo ti bagna lì dentro con un altro acido ancora… Ho specificato che questo acido BRUCIA?
A questo punto io stavo già imprecando in lingue fino a quel momento a me sconosciute (tipo la bambina posseduta de L’Esorcista), quando la ginecologa mi ha annunciato che mi avrebbe dovuto fare una biopsia… Il mio incubo!
Mi ha infilato una specie di forbice gigante, poi mi ha detto che avrebbe contato fino a tre e a quel punto io avrei dovuto tossire forte, mentre lei avrebbe “strappato” un pezzettino di quelle cellule maledette… Io l’ho fatto, con le lacrime agli occhi, per ben TRE volte…
Non appena mi ha liberato dei forbicioni ho sentito dei dolori forti, simili a quelli mestruali. E sono scoppiata a piangere, come una bambina… La ginecologa non poteva credere ai suoi occhi! Mi ha chiesto: “Ma non starai davvero piangendo, vero?”
Era preoccupata che io stessi male, ma in realtà non è che il dolore fosse poi così forte (non vorrei scatenare il panico tra le donzelle che stanno leggendo questo racconto), ma mi mette un’ansia incredibile sapere di avere degli strumenti dentro al mio corpo… È una sensazione stranissima. E poi, credo che abbia aumentato la mia ansia anche la preoccupazione per quello che potrei avere, e il fatto che, mentre la dottoressa rovistava lì sotto, sentivo in sottofondo le urla disumane di una donna che in una stanza vicino stava partorendo… La ginecologa dice che, se sono così fifona, non riuscirò a sopportare i dolori del parto, ma lei non mi conosce e non sa che non vedo l’ora di provare quella sofferenza, se serve a mettere al mondo il mio bambino.
Questa colposcopia/biopsia, però… Preferirei non ripeterla mai più nella vita, grazie.

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Scusi, infermiere, ma la sua vita sessuale non mi interessa (soprattutto quando ho le tette di fuori)

Nell’ultimo mese e mezzo io e Marito ci siamo sottoposti a tutti gli esami che ci permetteranno di accedere (forse) alla fecondazione assistita (per generare un mostro a due teste, un cane, o quello che sarà).
Dato che le analisi sono tante, e alcune anche costose, abbiamo deciso di farle tutte attraverso il S.S.N. Fortunatamente per questo tipo di analisi non ci sono lunghe liste d’attesa. In due settimane ho fatto tre prelievi del sangue, un tampone vaginale, un pap test e un elettrocardiogramma. Mi manca solamente l’ecografia mammaria, e poi ho finito. Marito deve ancora fare un terzo spermiogramma, poi dovremo pazientemente attendere di raccogliere tutti i risultati (per quelli delle analisi genetiche dovremo aspettare fino a metà aprile!). Il passo successivo sarà quello di andare da un buon andrologo e, a seconda di quello che dirà, Marito proverà una cura per i suoi spermini oppure torneremo al centro per la fecondazione assistita (sperando che la gentil dottoressa sia un po’ più gentile questa volta).

Incredibilmente, l’esame più difficile da sopportare per me è stato l’elettrocardiogramma, che sulla carta sembrava quello più banale. L’infermiere che mi ha effettuato l’elettrocardiogramma era un uomo sulla cinquantina, un napoletano alquanto (troppo) loquace. Mi ha detto di togliermi la maglia e il reggiseno e mi ha fatto stendere sul lettino. Io non provo alcun imbarazzo a spogliarmi davanti ad un medico o ad un infermiere, dato che li considero professionisti che ogni giorno vedono decine di persone nude. Mi ha sistemato gli elettrodi (si chiamano così?) sul petto. Uno, che aveva posizionato vicino al seno, si è subito staccato.

“Eh, non ha attaccato bene,” ha detto l’infermiere, sistemandolo nuovamente. “Dev’essere perché sei magra.”
“Veramente,” ho replicato, ridendo, “non sono poi tanto magra.”
Di certo non sono grassa, ma è vero che negli ultimi mesi ho messo su un paio di chili di troppo.
“Eh, ma la donna deve avere un po’ di carne, altrimenti cosa tocca l’uomo?” ha detto l’infermiere, mimando con le mani il gesto di palpare una donna.
Io non sapevo cosa dire, così ho riso di nuovo.
“Avevo una fidanzata, una volta,” ha proseguito lui, con sguardo sognante, e parlando con molto pathos, “che era secca, secca, non c’era niente da toccare! Io avevo sempre voglia di fare l’amore, ma lei non mi faceva eccitare… Quando la vedevo nuda, mi sembrava un uomo! Sì, la donna deve avere un po’ di carne da toccare!”
Ha continuato a parlarmi delle sue preferenze in fatto di donne per diversi minuti. Io continuavo a ridacchiare, imbarazzata, e visto che non mi aveva detto che dovevo stare ferma, ha dovuto rifarmi l’elettrocardiogramma per ben tre volte, allungando così il tempo di quell’esame decisamente imbarazzante.
Ero allucinata. Non vedevo l’ora di andarmene da lì. In realtà non sentivo se sentirmi più imbarazzata o divertita. Visto che mi sembrava che l’infermiere ogni tanto mi guardasse le tette, forse ero più imbarazzata.
Quando finalmente mi ha fatto rivestire, ecco che arriva la ciliegina sulla torta.
“Ma da quanto sei sposata?” mi ha chiesto.
“Da qualche mese.”
“Non avere fretta di avere figli, eh! Goditi il tuo matrimonio, prima.”
Inutile dire che l’ho fulminato con lo sguardo. Posso sopportare i racconti della vita sessuale di chiunque, ma queste frasi… No.
“Forse non ha guardato bene la prescrizione del medico,” ho ribattuto, un po’ acidamente. “C’è scritto esame per preliminari fecondazione assistita. Vede, io e mio marito abbiamo qualche problemino ad avere figli…”
“Ah. Beh, vabbuò…” (alla Schettino).
L’ho salutato gentilmente e me ne sono andata, ancora allucinata per quell’assurda esperienza, ma in parte soddisfatta per aver restituito all’infermiere un po’ dell’imbarazzo che mi aveva fatto provare.