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L’alchimista, maternità, pma, adozione, destino… E altri pensieri random

Avete mai letto “L’Alchimista” di Paulo Coelho? E’ uno dei miei libri preferiti. E’ strano. Proprio io che sono così cupa, drammatica, complicata, ho amato un romanzo tanto semplice e delicato, come un favola. In questa storia l’autore ci insegna che nulla accade per caso e che, se impariamo ad ascoltare il nostro cuore, riusciremo a compiere la nostra leggenda personale. Ogni volta che mi trovo in difficoltà, io ripenso al pastore Santiago.

Nella mia vita ho dovuto combattere contro tanti momenti bui, forse anche troppi. Non sono mai riuscita a dare una spiegazione ai drammi che ho dovuto affrontare (perché proprio a me? Cos’ho fatto di male? Perché Dio mi odia?), ma ogni volta il dolore mi ha portato verso qualcosa di bello. E così ho cominciato a pensare che tutte le cose brutte che mi sono capitate fossero non delle punizioni, ma dei doni, perché mi hanno permesso di diventare più forte e di ottenere la vita che desideravo.

Quando ho scoperto che io e Marito non potevamo avere figli, per un attimo mi sono sentita precipitare in un baratro. Tutto quello che a fatica ho conquistato – l’amore, la casa, il lavoro, gli amici – non è certamente qualcosa di scontato. Ma un figlio… Per avere un figlio non servono grandi qualità. Bastano un uomo e una donna che fanno sesso. Non serve neppure il sentimento. Tutti riescono ad avere figli. Ma noi no.
Belen (una che è famosa per il suo culo ed è stata con Fabrizio Corona, e solo per questo dalla vita non merita nulla) aspetta un figlio da un uomo (uomo? Ragazzino!) che ha fregato ad un’altra. Probabilmente tra pochi mesi si molleranno e lei farà ancora più soldi vendendo le prime immagini del suo bambino a Novella 2000. Anche se sarà una madre single non faticherà a trovare un altro compagno.
Raffaella Fico (un’altra che è famosa per cosa? Boh, probabilmente anche lei per il suo culo) aspetta un figlio da un uomo che non si sa neppure bene se sia il vero padre o no. Mentre lui si diverte ad ubriacarsi e a farsi delle bionde a Saint Tropez, lei vende il suo pancione ai giornali di gossip.
Ieri una ragazza di ventuno anni ha partorito due gemelli e ne ha lasciato uno nel cassonetto. Nel cassonetto. (Commento di Marito: proprio ieri ero a Bologna, se lo sapevo lo prendevo su io!).
E potrei andare avanti per ore ad elencare esempi di persone che non meriterebbero nulla, eppure sono state miracolate del grande dono di poter avere un figlio, senza neppure rendersi conto della propria fortuna. E questo mi fa incazzare. Ma incazzare da bestia, eh. Perché noi no?

Con il passare del tempo ho cominciato a pensare che forse c’è un motivo per cui io e Marito dobbiamo affrontare quest’ennesima difficoltà. Forse tutto questo ci renderà più forti. Forse il nostro destino è quello di aspettare e patire tanto perché così è scritto.

Dopo il fallimento del nostro primo tentativo di PMA ho scritto che avrei contattato i servizi sociali per iniziare la pratica di adozione. E così ho fatto. Il primo colloquio è fissato per il 30 luglio. Probabilmente molti di voi hanno pensato che il mio fosse un gesto avventato, dettato dalla rabbia e dall’impazienza, ma… Non è così.

Premetto che l’idea di avere un figlio non è un desiderio recente, né un capriccio. Fin da piccola ho sempre mostrato un forte istinto materno e di protezione nei confronti degli altri bambini. Sono sempre stata più matura dei miei coetanei e, almeno durante gli anni delle elementari, sembravo più grande anche da un punto di vista fisico. Ero più alta e più forte persino dei maschietti (la mia crescita si è fermata a undici anni, quando sono diventata signorina, ed ora sono una tappa di un metro e 63…). Mi veniva naturale proteggere le mie amichette dai dispetti dei maschietti, dare loro consigli, coccolarle proprio come farebbe una madre. Verso i sedici anni sono diventata consapevole del mio desiderio di maternità. Da brava adolescente tormentata e cupa credevo che non avrei mai trovato un uomo che mi amasse, perciò immaginavo già che dieci anni dopo o giù di lì mi sarei dovuta rivolgere ad una banca del seme e sarei diventata una mamma single. Ora che ci penso, forse sono dotata di un sesto senso, visto che in effetti, proprio dieci anni dopo, mi sono sottoposta alla fecondazione assistita… O__o Ma non divaghiamo.

Qualche anno fa ho cominciato a pensare che mettere al mondo un figlio fosse un desiderio egoistico. Proprio così.  “Ci sono tanti bambini orfani,” mi dicevo, “che senso ha dare alla luce un altro bambino? Non sarebbe meglio dare prima una famiglia a chi non ce l’ha?”

Crescendo e diventando donna, però, ho cominciato a desiderare di avere un figlio biologico, un figlio tutto mio. Non mi vergogno per questo, è un istinto naturale, è quello che ha permesso al genere umano di continuare ad esistere.

Il sogno di adottare, però, non mi ha mai abbandonata. Negli ultimi tempi, ben prima della PMA fallita, ho cominciato a pensare che, forse, fosse proprio questa la nostra strada. L’adozione. Forse proprio per questa mia grande sensibilità ed empatia il Signore desidera che noi adottiamo un bimbo. Perché noi ne siamo capaci. Forse la nostra sterilità è un segno del destino… E non sarebbe un brutto destino, anzi…!

Questo pensiero mi rende serena. Ho già affrontato tante cose brutte per poi ritrovarmi tra le mani qualcosa di bello, forse questa è l’ennesima prova che dobbiamo superare per raggiungere la felicità.

A volte, però, questa sicurezza mi abbandona. Mi piace pensare che ci sia una spiegazione a tutto, che il dolore non sia una punizione, ma un segno, una prova, però… A volte penso che le nostre vite siano dominate dal caos. Se davvero tutto avesse un senso, se davvero ci fosse un destino, perché esistono bambini che nascono nei Paesi del Terzo Mondo e sono condannati a morire senza neppure avere la possibilità di combattere? Perché ci sono bambini che vengono maltrattati fin da piccoli e condannati a diventare criminali, o rimanere traumatizzati per la vita? Perché ci sono persone tanto buone a cui viene diagnosticato un male incurabile e altre egoiste, stupide, maligne che vivono un’esistenza da favola e ottengono tutto ciò che desiderano?

Tutto questo ha un senso? No. E allora perché le nostre difficoltà dovrebbero averlo?

Talvolta penso che non esista alcun destino, alcun segno divino, che non ci sia nessuna prova da superare, niente da dimostrare.

A volte penso che Dio, o chi per lui, sia un mero spettatore del nostro dolore. Che non intervenga per darci dei segnali. Penso che tutto sia nelle mani del caos.

E il caos mi fa paura.

Io DEVO pensare che prima o poi troverò il mio cammino, che tutto questo dolore significhi qualcosa, che alla fine della sofferenza ci sia la felicità… Perché, se così non fosse, vorrebbe dire che ci sono buone probabilità che io non troverò mai la mia felicità, che non sarò mai madre, anche se me lo merito (perché so di meritarmelo), anche se potrei donare una vita felice ad una piccola creatura, perché il mondo è dominato dal caos, e il caos non guarda in faccia nessuno.

Non ho mai creduto alla fortuna e alla sfortuna, ma soltanto al destino e a Dio. Ora la mia fede comincia a sgretolarsi. E questo è peggio di qualsiasi diagnosi di sterilità.

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Pessime idee

No, amore, non parlavo di QUEL muco… 

 

Parcheggiare la macchina vicino ad un parco, uscire dal lavoro stanca morta dopo un’ora di straordinario e vedere tutti i bimbi e le loro mamme giocare felici…

Cazzeggiare su internet e fare test idioti tipo questo e ottenere risposte tipo questa:

Non pensi che a questo ! Parli bambino, sogni bambino, vivi bambino. Tutto attorno a te ruota intorno al tuo desiderio di un figlio. tutti lo sanno e tu lo ripeti a chi vuole intenderlo. Sei totalmente pronta ad avere un figlio, non dubitarne ! Hai portato a termine i tuoi sogni, e niente ormai potrebbe appagarti più dell\’arrivo di un bambino. Sogni di dare la vita e prenderti cura di un piccolo esserino. Ti senti matura e pronta ad amare e ad assicurare l\’avvenire di un bambino. Ma forse sei già incinta?

Chiamare l’amica incintissima e chiederle di uscire insieme, vedere il suo bel pancione e trattenere le lacrime per tutto il tempo dell’aperitivo…

Parlare con i colleghi della tua infertilità per poi sentirsi rispondere “Sarà solo l’ansia!”….

Fare il test di gravidanza DURANTE LE ROSSE perché sei CERTA di essere incinta per poi scoppiare a piangere come un’idiota davanti al risultato negativo…

Spiegare a tuo marito di come il muco cervicale riveli i giorni fertili, facendogli così passare la voglia di fare l’amore con te per un mese…

Annunciare al mondo la tua gravidanza non appena vedi il test lievemente positivo e due giorni dopo dover dire a tutti che si è già interrotta…

Annoiare le amiche parlando in continuazione di ormoni, di iniezioni, di ovociti e spermatozoi, per poi chiedersi perché ti guardano in maniera strana…

Infilare un cuscino sotto la maglietta per vedere come starai con il pancione e poi mettersi a piangere per la tristezza…

Mangiare schifezze a più non posso per cercare di ingrassare e poter fingere di essere incinta…

PESSIME IDEE!

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Orgoglio sterile

Ragazze, sappiatelo: chi ha un marito/compagno che, come il mio, ha spermini brutti e cattivi, oppure chi tra di voi ha le tube chiuse, o impervie, o gli ovociti scadenti o le ovaie malfunzionanti… Sappitelo, siete anormali. Sì, non potete avere figli, non potete continuare la specie, quindi siete anormali.

E se per caso decidete di ricorrere alla PMA, apriti Cielo! Invece di vergognarvi per la vostra anormalità e vivere ai margini della società a capo chino, cercate addirittura di porre rimedio al vostro problema, andando contro la Sacra Madre Natura (quella che fa concepire figli ai tossicodipendenti e a sedicenni strafatti nei luridi bagni di una discoteca ma non ad adulti capaci e desiderosi di amare).

Siete – siamo – doppiamente anormali!

Oggi, aprendo come ogni mattina il sito del Corriere della Sera, dopo aver letto la bellissima notizia della probabile ricandidatura di Berlusconi, mi sono imbattuta in questo affascinante articolo.

Se non avete voglia di leggerlo, ve lo riassumo in due parole: il manuale dei carabinieri inserisce l’omosessualità tra le degenerazioni sessuali, al pari dell’incesto, della zoofilia, della necrofilia. Insomma, un uomo che ama un altro uomo, o una donna che ama un’altra donna, nel nostro brillante Paese è visto/a al pari di un pervertito che va con uno della sua famiglia, che si accoppia con un animale, che stupra un cadavere.

Già la mia stima per le forze dell’ordine di questo Paese non era particolarmente alta (vedi casi di Giuseppe Uva, di Federico Aldrovandi, ecce cc), ma ora… Non ho parole.

Ho sempre rispettato e difeso i gay con tutte le mie forze dall’ignoranza e cattiveria della gente . Cosa cavolo me ne importa delle preferenze sessuali e affettive di un’altra persona? Fa forse del male a me o ai miei cari?

Detesto la gente sempre pronta a giudicare. Sei gay? Allora sei un pervertito e probabilmente anche pedofilo.

Sei lesbica? Meglio tacere. Le lesbiche vanno bene solo nei film porno. Nel mondo reale non si possono nemmeno permettere di fare coming out.

Solitamente le critiche, il disgusto, provengono da uomini che si professano “normali”, sposati in chiesa e – apparentemente- devoti cattolici, salvo poi andare con le prostitute…

Voi direte: ma cosa c’entra questo con noi? C’entra, c’entra. Eccome se c’entra.

Quello che più mi ha sconvolto di questo articolo sono alcuni commenti dei lettori. Vi riporto i più shoccanti:

Il nostro Paese non fa figli e va verso l’ estinzione

11.07|08:59 -indomito-

è evidente la follia nel non voler sostenere la natalità e la famiglia, l’ unica che può perpetuare la società. Ci si preoccupa invece di surrogati di famiglia o aberrazioni. Alla fine quando la nostra società sarà ormai estinta avremo un paese islamico. Il quale probabilmente tratterà gli omosessuali in maniera ben diversa…

Quello che per i nostri padri era anormale perché dovrebbe essere normale oggi?

11.07|08:49 Lettore_2603298

Quello che per i nostri padri era anormale perché dovrebbe essere normale oggi? La società dei nostri padri era ordinata e ci ha portato al progresso economico. Questa società del disordine ci sta portando alla crisi. Il fatto stesso che si faccia tutto questo polverone per una definizione di un manuale testimonia il livello di degenerazione dell’intera società, che si preoccupa più degli omosessuali che di una incombente povertà di massa.

Gay? meglio omosessuali

11.07|08:28 nonnopaolo

concordo con Carlo. chiamiamo le cose con il loro nome. ognuno è libero di fare ciò che vuole o la sua indole lo porta a compiere nel campo sessuale ma la normalità è ciò che la natura ci fa compiere per la continuazione della specie

A ME SEMBRA CHE SI STIA ESAGERANDO

11.07|08:03 carlol

Che si sia messo al bando il pregiudizio sulla omosessualità e che si possa tranquillamente vivere la propria omosessualità è una grande conquista, ma da questo all’orgoglio gay o che si tenti di far passare l’omosessualità come una cosa da ostentare e di cui andare fieri ed indicarla come “normale” mi sembra eccessivo:la normalità credo sia quella secondo natura,quella che porta alla continuazione della specie.Credo che sarebbe come dire, per esempio, che uno senza gambe sia normale.Insomma ho l’impressione che sia una ipocrita forzatura.

Come ha detto il gentilissimo sig. Carlol, un gay è anormale, così come un uomo senza gambe.

Quindi, aggiungo io, di conseguenza anche una donna priva di ovociti o tube o un uomo senza spermatozoi è anormale.

Forse qualcuno potrebbe obiettare che essere sterili o gay sono due cose ben diverse. Beh, secondo me non è così. Loro non hanno deciso di essere gay, così come noi non abbiamo deciso di non poter avere figli. E’ la nostra natura. E noto sempre di più che la gente ha la stessa reazione davanti ad un gay, ad un uomo o una donna sterile o ad una persona con qualche handicap: compatimento, un po’ di fastidio, ribrezzo e vergogna.

Come se fossimo dei mostri.

E sapete che vi dico?

Piuttosto che essere normale come i loschi figuri di cui sopra, preferisco di gran lunga essere considerata anormale. Cazzo, se lo preferisco!

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Dai, cazzo!

 La mia faccia quando la gente mi chiede: “E bambini? Ancora niente?”

Eccomi qui. Sono ancora viva. Ho smesso di piangere. Già da un po’ di giorni, a dire il vero.

Mercoledì sono rientrata in ufficio. Mi tremavano le gambe, come se fosse il mio primo giorno di lavoro, anzi, ancora peggio, come una ragazzina al primo giorno di superiori.

Naturalmente tutti i colleghi non hanno fatto altro che esclamare “bentornata!” e chiedermi “come stai?”

Sono consapevole che non sanno quello che sto passando, ma avrei voluto bruciarli tutti con lo sguardo. Credo che il mio responsabile abbia intuito più o meno a che tipo di “operazione” mi sono sottoposta, perché tempo fa aveva indovinato che ero sotto ormoni (io avevo parlato genericamente di “farmaci”) e quando gli ho fatto presente che in autunno dovrò ripetere questo fantomatico “intervento” lui non ha fatto domande ma mi ha solamente consigliato di stare calma e distrarmi un po’.

Il rientro al lavoro non è stato particolarmente traumatico. Ho ritrovato subito la concentrazione e ho sparato le mie cazzate con i colleghi come al solito. Tenere il muso non sarebbe servito a niente, se non a far aumentare la curiosità della gente.

Oggi io e Marito siamo tornati al centro PMA per parlare con la ginecologa di un eventuale futuro tentativo, che potremo fare a ottobre. Ho chiesto lumi su quanto accaduto, ma la dottoressa ha detto che non è possibile sapere come mai la gravidanza non è andata avanti. Mi ha rassicurata dicendo che gli sforzi che ho fatto mentre ero a casa non c’entrano niente. Almeno posso smetterla di sentirmi in colpa.

Non so ancora se faremo sempre a Reggio Emilia il prossimo tentativo, oppure al Demetra di Firenze. Ho sentito parlare bene anche del Tecnobios di Bologna. Probabilmente userò i giorni di ferie che ho ad agosto per andare a sentire un po’ in giro (sperando che ad agosto tutti i dottori non siano in vacanza!) perché se chiedo altri giorni a luglio il mio capo potrebbe uccidermi.

Come programmato ho anche preso appuntamento con l’assistente sociale per iniziare la pratica per un’adozione, ma questo argomento merita un post a parte.

Io e Marito non avevamo previsto di andare in vacanza quest’anno, ma dato che le cose sono andate male e abbiamo entrambi due settimane di ferie in agosto vorremmo trovare un posticino economico e isolato dal mondo dove recuperare un po’ di forze per qualche giorno.

In questo momento vorrei soltanto stare lontana da tutti. Non sopporto più nessuno.

Non sopporto i colleghi che mi prendono in giro perché sono pallida come un morto (dopo sedici giorni di malattia pensavano forse che sarei tornata abbronzata??).

Non sopporto la tabaccaia che l’altro giorno, quando io e Marito siamo andati a comprare le sigarette, con tono allegro ci ha chiesto: “E bambini? Ancora niente?”

Non sopporto le donne incinta che incontro OVUNQUE e che si accarezzano il pancione manco stessero per dare alla luce il futuro salvatore del mondo… Si vede che siete in attesa, sembrate delle balene, non c’è bisogno di ostentare, stronze!

Non sopporto le donne che cercano il secondo figlio e poi sono sconvolte perché arriva subito, quando il primogenito è ancora in fasce… Ma andate un po’ a fanculo, va! Se non vuoi rimanere incinta  usa un cazzo di preservativo!

Non sopporto le “amiche” che alla notizia del mio tentativo fallito mi hanno mandato un sms dicendo “Quanto mi dispiace!”… Né una chiamata, né una visita, né un’e-mail…

Non sopporto l’amica neo-mamma che mi chiede in continuazione di andarla a trovare per vedere il suo pupo… Io tuo figlio non lo voglio vedere, non lo posso vedere! Posso permettermi di essere egoista, una volta ogni tanto?

E non sopporto me stessa perché le ho detto di sì, e so che l’andrò a trovare, farò mille complimenti al bambino, lo riempirò di regali spendendo un patrimonio e poi quando sarò da sola scoppierò a piangere…

DAI, CAZZO!

Ecco, ora mi sento un pochino meglio.

Dopo questo sfogo vorrei aggiungere dell’altro.

La vita mi ha insegnato che bisogna affrontare tutto con decisione, a testa alta, che si deve combattere per ciò in cui si crede e che ogni dramma, ogni dolore, può rappresentare una possibilità. E’ difficile capirlo mentre si sta vivendo un momento buio, ma sono sicura che sia così.

Le persone che hanno figli per caso o senza alcuna difficoltà non si rendono conto della loro fortuna. Non sapete quanta gente di mezza età conosco che si lamenta dei propri figli e afferma che se tornasse indietro non li metterebbe al mondo. Forse c’è un motivo per cui noi dobbiamo soffrire e aspettare tanto. Ora non riesco a capire questo motivo, ma un giorno ci riuscirò. O forse il nostro destino è quello di dare amore ad un bambino che è stato abbandonato. Forse Dio sta cercando di dirci che da qualche parte c’è una creatura che non ha avuto l’amore che merita e sa che noi, invece, possiamo donarglielo.

O forse non esiste alcuna spiegazione, alcun destino, e se tutti noi dobbiamo patire tanto è solo perché la Natura è stronza. Ma preferisco la prima ipotesi.

Ed è vero che la maggior parte delle mie amiche non si sono dimostrate tali, ma grazie a questo blog ho potuto conoscere tante persone che sanno starmi vicino come le persone “reali” non sanno fare. Può sembrare triste, ma in realtà sono fortunata. C’è chi non ha nessuno, io ho voi!

E sono fortunata ad avere un marito che sa farmi ridere e combatte con me, per me, per noi.

Mi piacerebbe avere anche dei genitori con cui parlare e da cui ricevere conforto, e delle amiche con cui sfogarmi, ma devo accontentarmi di quello che ho. E, in fondo, mica è poco, eh!

Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo di mesi, quando io e Marito stavamo ancora facendo tutte le analisi, ed io ero elettrizzata all’idea della PMA, ingenuamente convinta che saremmo stati fortunati al primo tentativo. Ora inizia un’altra atroce attesa, c’è sempre la determinazione a combattere ma manca l’entusiasmo, perché è forte la paura di un’altra delusione.

Ma la vita è questa, e non si può far altro che andare avanti.

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Me, myself and I

Domani rientrerò al lavoro dopo sedici giorni di malattia.

Mi toccherà subire tutte le domande di colleghi morbosamente curiosi che non hanno la più pallida idea di quello che sto affrontando da sette mesi a questa parte e a cui ho raccontato un sacco di palle.

Sono sola a casa. Marito è andato via per lavoro e tornerà domani sera.

Ho passato l’ultima ora a sorseggiare vino e fumare come un turco (dopo la gravidanza-lampo ho ripreso tutti i miei vizi) parlando da sola. Anzi, non proprio da sola. Ho parlato per un’ora immaginado il primo colloquio con l’assistente sociale. Sì, sono pazza.

Come da programma, ieri ho fissato l’appuntamento per pianificare il prossimo ciclo di PMA e ho contattato il Comune per avere un incontro con l’assistente sociale per iniziare la pratica per l’adozione.

E ho smesso di piangere.

In realtà vorrei piangere, ma non ci riesco più.

Sono soltanto arrabbiata e agguerrita. Io voglio avere un figlio, cazzo. Biologico, adottato o comprato al mercato nero non importa. Io voglio un figlio e l’avrò.

Sono tanto stanca.

Mia madre, ignara di tutto quello che sto passando, mi ha chiamato per parlarmi ancora del supposto tradimento di mio padre, parlando come una quindicenne gelosa, mia nonna è in un ricovero sui monti e non ho idea di come stia, mia suocera sta malissimo e forse ha un tumore, io sono da sola a casa a parlare con immaginari assistenti sociali e a rabbrividire per le prossime iniezioni, non ho nessuno con cui parlare, le persone che mi danno più conforto sono quelle che commentano questo blog, non ho amici che capiscano davvero cosa stia passando… Vorrei dire che non ce la faccio più, ma non posso dirlo, perché io devo farcela!

Domani la vita ricomincia… La solita routine, le solite incazzature, le solite pause caffé, i solito colleghi… La solita attesa per una vita migliore.

Aspetto… E mentre aspetto, faccio un po’ fatica a ridere.

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72 ore

72 ore. O poco più.

Ecco quanto è durato il mio sogno.

Da quando martedì mattina ho fatto il test di gravidanza che è risultato positivo a quando venerdì ho cominciato ad avere dei dolori atroci e mi sono venute le mestruazioni. Quando ho chiamato la ginecologa l’unica cosa che ha saputo dirmi è stata: “Mi dispiace, signora.”

Gravidanza biochimica. Difficile, anzi, impossibile scoprirne le cause.

So che nel 40% dei casi la causa è genetica. Ovvero l’embrione non si sviluppa nel modo corretto, presenta dei difetti genetici e, semplicemente, muore.

Ma io non faccio altro che torturarmi pensando che forse ho fatto troppi sforzi. Sono rimasta per giorni a letto, ma dopo un po’ non ce l’ho più fatta, ho fatto qualche pulizia in casa, e una mattina, quando ha suonato il postino, io ancora assonnata sono scesa dal letto in fretta e furia e ho fatto le scale di corsa…

E’ colpa mia? E’ colpa del destino? E’ soltanto…. Sfortuna?

Non lo saprò mai.

So soltanto che ora vorrei prendere tutte le persone che non hanno fatto altro che ripetermi “Sei così giovane! Sfornerai quattro gemelli!” oppure “Sei giovane! Anche se non va bene, puoi riprovare!” oppure “Ma dai, perché vuoi avere figli a questa età?”… Vorrei prendere tutte queste persone e far provare loro un decimo del dolore che sto provando io ora. Poi vorrei vedere se oserebbero ancora dire stronzate del genere.

Domani dovrei tornare al lavoro, ma non me la sento. Penso che mi farò dare almeno un altro paio di giorni di malattia per riuscire a riprendermi, a ricostruire la maschera che ogni santo giorno mi costringo ad indossare per non far vedere al mondo l’inferno che brucia dentro di me.

Domattina la prima cosa che farò sarà chiamare un altro centro PMA per fissare un appuntamento per un consulto. A settembre possiamo riprovare, vogliamo riprovare, e quindi è meglio mettersi in pista da subito. Voglio fare ulteriori accertamenti, capire se c’è qualcos’altro che non va.

Dopo contatterò i servizi sociali della mia città per cominciare subito anche le pratiche per l’adozione. Tanto i tempi sono così lunghi che faccio in tempo a fallire altre dieci fecondazioni assistite prima che ci diano l’idoneità. Meglio mettersi in pista subito.

Poi, quando avrò messo giù il telefono, mi butterò sul divano e piangerò, come ho fatto negli ultimi due giorni, aspettando di esaurire le lacrime, che sembrano non finire mai…

Questo è tutto.

In Cielo ora ci sono due angioletti in più.