Pubblicato in: La mia storia

Sparami

Sono passati otto giorni da quando ho scritto quel triste e laconico post per annunciarvi che, sì, ho fallito di nuovo.
Mi sembra passato un secolo.

Quanto tempo pensavate che mi sarebbe servito per rimettermi in piedi, per ricominciare a combattere?
Ormai l’avrete capito. Non perdo tanto tempo a piangere. Anzi, in realtà sì, ma nel frattempo faccio dell’altro.
Pensare, pianificare, chiamare a destra e a manca, sperare, immaginare, sognare. Questo è ciò che mi fa stare meglio. Fare qualcosa.

Non importa quante volte dovrò passare dal via, quante volte dovrò pescare quella cazzo di carta degli imprevisti o quante volte mi dovrò fermare in prigione, prima o poi arriverò a quel cavolo di Parco della Vittoria!

Lunedì sono tornata a lavorare. Mi sembra quasi di non essere mai stata assente dall’ufficio. Non ho faticato a riabituarmi al ritmo lavorativo, né all’ambiente. I colleghi sono quelli di sempre, il lavoro è quello di sempre, le colleghe di ogni età mostrano fiere i loro pancioni, come sempre, io sono vuota, come sempre.

Niente è cambiato. E non ne sono sorpresa.

Martedì scorso avrei voluto scrivere un posto molto più lungo ma, giuro, mi mancavano le forze. Ho scritto quelle poche righe soltanto perché ho pensato che, forse, da qualche parte, c’era qualcuno che voleva sapere come fosse andata. Il mio silenzio poteva far pensare che fossi talmente impegnata a gioire da dimenticarmi del blog. Ah ah. Magari.

In questi giorni sono successe tante cose. Talmente tante, che ho bisogno di mettere tutto per iscritto per riuscire a fare un po’ di ordine nella mia testa.

Avevo programmato di fare il test di gravidanza e le analisi delle beta hcg al dodicesimo giorno post-transfer, martedì scorso, in anticipo di due giorni rispetto a quello che mi aveva detto il centro PMA (ma io faccio di testa mia, e ormai sono abbastanza esperta per sapere che al 12 p.t. il risultato è già sicuro).

Non amo ripercorrere quei momenti, ma parlarne mi fa bene, mi aiuta a confrontarmi con la realtà, perciò vi voglio raccontare per filo e per segno cos’è accaduto.

Dopo giorni in cui ero rimasta a letto fino alle undici del mattino, martedì ho programmato la sveglia per le sette in punto. Mi sono svegliata un’ora prima, sudata e con il cuore che batteva a mille.

Non volevo alzarmi, però. Avevo paura di fare quel maledetto test. Sapevo cosa sarebbe successo, così volevo crogiolarmi ancora un po’ nella speranza. Mentre Marito russava beatamente accanto a me, io, nel buio e sottovoce, ho mormorato una decina di Ave Maria. A chi altro dovevo rivolgermi, se non alla Madre per eccellenza?
Poi ho pregato il Signore di aiutarmi ad accettare il risultato, qualsiasi esso fosse. Ma, dopo aver riflettuto un attimo, gli ho anche chiesto perdono in anticipo, perché sicuramente mi sarei arrabbiata con Lui, se fosse andata male. Io metto sempre le mani avanti, anche nelle faccende divine… Ma ormai Dio mi conosce, sa come sono fatta.
Quando Marito si è alzato ed è sceso in cucina a preparare la colazione, io sono andata in bagno a fare il test. Non voglio che stia vicino a me in questi momenti. E’ qualcosa che devo affrontare da sola.
Ho continuato a pregare nella mia mente mentre facevo la pipì sopra lo stick (brutta immagine, lo so), poi ho appoggiato il test sul bordo del lavandino e per diversi minuti ho continuato a guardarlo, muovendomi nervosamente, come se stessi facendo una specie di danza tribale (sembrava più una tarantella, in realtà).

Sudo freddo mentre aspetto il loro verdetto…

Dubito che Baby K si riferisse all’attesa per l’esito del test di gravidanza mentre scriveva questi versi, ma il bello della musica, e dell’arte in generale, è che può essere interpretata in mille modi diversi a seconda delle persone e delle loro emozioni.

Ma torniamo al test. Siete curiose di sapere cos’è successo, eh…? Mi piace creare suspense. Chissà, magari con quelle due tristi righe che ho pubblicato otto giorni fa ho preso per il culo tutti quanti… Magari sono incintissima… Ma anche no.

Una linea è apparsa e una linea è rimasta. Una fredda, orribile, crudele linea. L’altra finestra è rimasta vuota. Tristemente vuota, bianca, pallida, come il mio volto.
Io lo sapevo, me lo sentivo. Non mi sono neanche messa a piangere. Anzi, ho iniziato a ridere, e mentre ridevo continuavo a ripetere: “Grazie, Dio… Lo sapevo che non mi avresti deluso neanche stavolta, non ti smentisci mai… Te l’ho detto che ti avrei odiato, non dire che non ti avevo avvertito!”
Queste parole suonano peggio di una semplice bestemmia esclamata come intercalare, lo so.
Chissà cosa mi aspettavo. Forse che Dio, o chi per Lui, si sentisse in colpa, che improvvisamente su quel maledetto test comparisse una seconda linea, che ad un tratto nascesse la vita dentro di me… Ma i miracoli non esistono e, anche se esistessero, di sicuro non capiterebbero a me.

Sono scesa in cucina da Marito. Aveva già capito tutto dal mio passo pesante.
“Non ho mai visto un test più negativo, cazzo.”
Lui mi ha guardata con occhi sgranati.
“Quindi è negativo?”
Cosa ti ho appena detto?

Mi sono vestita con le prime cose che ho trovato in camera. Jeans sporchi di zampate fangose di cane e un maglione spelacchiato. Marito mi ha accompagnato al laboratorio per fare le analisi del sangue. Il viaggio in auto è stato surreale. Siamo rimasti in silenzio a lungo. Cosa c’era da dire?
Poi ad un tratto Marito ha parlato.
“Forse il test era scaduto…”
“Ho controllato la data di scadenza.”
“Forse l’hai fatto male…”
“Devo fare la pipì su un cazzo di stick. Credo di esserne in grado.”
“Forse faceva parte di una partita avariata…”
“Forse, semplicemente, è andata di nuovo male.”
Silenzio.
“Riproveremo, dai. In un qualche modo ce la faremo.”
“Dici?”

Quando siamo arrivati al laboratorio ero talmente incazzata che avrei mangiato tutti: receptionist, infermiera, pazienti in attesa.

sono troppo aggressiva
sono solo questa
mi vorrebbero più figa
sono solo questa
dovrei fare la signorina
sono solo questa
il prossimo che arriva
giuro gli stacco la testa

Mi sono avvicinata al bancone dell’accettazione.
“Devo fare le analisi delle beta hcg.”
“Certo, signora. Ha già fatto un test di gravidanza?”
“Sì. Era negativo.”
“Ah. Ha un ritardo, quindi?”
“NO. Ho fatto la fecondazione assistita. Devo controllare se è successo qualcosa…”
“Capisco…”
No, non puoi capire, avrei voluto rispondere. E gridare qualche parolaccia random.

Dopo aver fatto un piacevolissimo prelievo di sangue io e Marito siamo tornati a casa. Lui poi è uscito per andare al lavoro, mentre io ho speso il resto della mattinata a vegetare sul divano e, porca puttana, durante quell’ennesima attesa ho continuato ad illudermi, a sperare, come una scema. Magari il test era veramente difettoso…

A mezzogiorno, come da accordi, ho chiamato il laboratorio. Sudavo, le mani mi tremavano, sembravo una tossica in crisi d’astinenza.
“Vorrei sapere il risultato delle analisi delle beta hcg che ho fatto stamattina…”
“Subito, signora… Aspetti che guardo…”
Muoviti, cazzo. Ora sto proprio a rota.
“Eccomi. Dunque, vediamo… Il valore è inferiore a 2. Va bene?”
No, non va bene, stronza.
“Grazie. Arrivederci.”
Ho riattaccato il telefono. E finalmente ho pianto. Imprecato. Urlato. Poi pianto di nuovo.

Sparami
sparami adesso
spara tutto quello che hai ora
sparami addosso
che dopo non mi fermi mai
spara sparami ma non sbagliare
che se tocca a me ti faccio male
spara ora o mai più
sparami adesso

Mi sono rimessa a vegetare sul divano. I miei cani hanno capito che c’era qualcosa che non andava. Magari gli amici fossero intelligenti come loro!
Si sono accucciate vicino a me, una ai miei piedi e l’altra sul divano. Ha appoggiato il muso sul mio ventre. Io l’ho lasciata salire, anche se non è propriamente linda e Marito si arrabbia sempre… Ma sapevo che quel giorno non avrebbe osato sgridarmi.

Dopo poco Marito è tornato dal lavoro per la pausa pranzo. Laconicamente gli ho comunicato l’esito delle analisi. Non so perché, ma ho trattenuto le lacrime davanti a lui.
Vergogna? Desiderio di mostrarmi forte? Non lo so.
Mentre parlavo non mi sono nemmeno alzata dal divano. Non ne avevo le forze.
Lui si è steso vicino a me, mi ha abbracciato e si è messo a piangere. E’ raro vederlo piangere. Gli uomini in genere non lo fanno spesso, e lui non fa eccezione. Pensava che fossi arrabbiata con lui, che lo odiassi. Ma non era così.
Sono io a non essere riuscita a dare la vita a quei piccoli puntini luminosi…
Forse è colpa mia. O forse di Dio. Forse è una punizione divina. Non lo so, non so più niente. Non so neanche con chi prendermela.

Nel pomeriggio ho chiamato il centro PMA per comunicare l’esito delle beta. La segretaria mi ha detto di ripetere il test dopo due giorni, al 14 pt.
“Oggi è il 12 pt,” ho detto io, “si sarebbe dovuto già vedere un risultato positivo, se fossi incinta. Non posso sospendere le terapie?”
“No, no, continui le terapie, signora… E ripeta il test tra due giorni. Non so, magari sarà ancora negativo, ma lei lo ripeta, poi ci sentiamo!”
Ma vaffanculo.

Quella sera Marito è partito per una riunione di lavoro, ed è tornato il giorno successivo. Mi ha chiesto se volevo che restasse, ma gli ho detto di no. Avevo bisogno di stare da sola. Ho passato la sera a bere e fumare. Dopo tanti giorni di astinenza le sigarette avevano un sapore strano, e due bicchieri di vino sono bastati a farmi venire la nausea e il mal di testa. Nei giorni precedenti né l’alcool né il fumo mi erano mancati, ma quando sto male, male dentro intendo, sono solita cercare di fare de male anche al mio corpo. Sono autodistruttiva.

Giovedì ho ripetuto il test. Un altro negativo. Negativissimo. E che mi aspettavo?

Ho chiamato il centro PMA per confermare il fallimento. La segretaria mi ha parlato con voce allegra, sembrava avere fretta e che non gliene fregasse niente. Ma vaffanculo (e due). La ginecologa ha detto che dovevo interrompere le terapie, che ormai non servivano più.
Intanto le ho chiesto se potevamo procedere subito con il transfer degli ultimi due embrioni rimasti. Mi ha risposto che sì, si può riprovare subito se me la sento, e che non appena mi fossero arrivate le Malefiche avrei potuto ricominciare la terapia con il Progynova per preparare l’endometrio.

Questa volta, stranamente, il ciclo non si è fatto attendere più di tanto. Domenica mattina mi sono svegliata con dei terribili dolori alla pancia, che mi sono durati per ben due giorni. Nonostante il dolore ho gioito, e ricominciato subito la terapia.

Giovedì prossimo dovrò fare la prima ecografia e, secondo i miei calcoli, tra un paio di settimane, o forse anche meno, potrò fare il transfer.

Ma questa volta né io né Marito siamo speranzosi. Abbiamo deciso di affrontare il prossimo tentativo con più calma. Non starò a casa in malattia, ma andrò a lavorare. A che serve vegetare sul divano? A masturbarmi mentalmente, a riempirmi di paranoie, le stesse che consiglio agli altri di dimenticare? A sperare invano?

E poi, può anche essere che non si possa neppure fare il transfer. Gli embrioni congelati sono più deboli di quelli freschi, ne sono rimasti soltanto due, ed è possibile che, una volta scongelati, muoiano entrambi prima di essere trasferiti dentro di me. Anche la ginecologa mi ha detto che c’è la possibilità che non sopravviva nessuno dei due. Certo, dovremmo essere proprio sfigati. Ma in questo periodo non è che ci sentiamo molto fortunati, eh.

Quello stesso giorno io e Marito abbiamo parlato a lungo, cercando di capire cosa avremmo fatto nel caso in cui fosse andata ancora male, futuro che ormai diamo già per scontato. Abbiamo deciso di provare di nuovo, nel caso di un altro insuccesso, ma di rivolgerci ad un altro centro PMA.
Il capo di Marito ci ha consigliato una clinica privata che si trova a Bologna. Non voglio fare pubblicità perciò non dirò il nome, ma se a qualcuno dovesse interessare potete contattarmi in privato.

Giovedì, subito dopo aver riferito il risultato negativo al centro PMA di RE, ho chiamato la clinica di Bologna.
Pensavate forse che avrei aspettato? Dai, ormai mi conoscete.

Mi hanno dato appuntamento per il giorno successivo. Io ho accettato al volo, approfittando del fatto che ero ancora in malattia e almeno non avrei dovuto chiedere l’ennesimo permesso (dopo sedici giorni di malattia non è il massimo).

Durante il viaggio per Bologna mi sentivo euforica. In autostrada non ho fatto altro che guardare e riguardare la carpetta contenente tutte le nostre analisi e cartelle cliniche, controllando di averle sistemate correttamente in ordine cronologico.
La mia vita mi sta sfuggendo di mano da troppo tempo, le poche cose che posso comandare voglio che siano perfette.

Il centro PMA di Bologna è facilmente raggiungibile. Non è dotato di un parcheggio privato, ma davanti ci sono dei posti a pagamento. Tanto, dovremo spendere altre migliaia di euro, qualche monetina in più non fa la differenza.
La clinica è grande e pulita. Le segretarie sono gentili. Visto che era la prima consulenza, ci hanno fatto compilare un modulo con mille domande (dati anagrafici, peso, durata del ciclo, precedenti tentativi di PMA).
Nella sala d’aspetto c’erano diverse persone, e temevo che il medico fosse in ritardo. Noi eravamo abbastanza in anticipo, perciò ci siamo messi pazientemente ad aspettare. Ci hanno chiamati (per numero, non per nome, per motivi di privacy) in perfetto orario… Almeno credo, mi ero distratta leggendo Vanity Fair – e in particolare un articolo che parlava delle coppie gay/lesbiche e dei loro figli.
Cazzo, pure i gay hanno i figli e noi no! Io sono una paladina dei diritti dei gay, però questo proprio mi fa incazzare! Se Ricky Martin ha tre figli li voglio pure io, ecchecavolo!

Il medico, un tipetto biondo, magrolino, ci ha accolto nel suo studio e, anche se la consulenza è durata un’ora, non ha mai mostrato impazienza né fastidio. Mi ha dato l’idea di essere un uomo di poche parole, ma serio e capace di fornire spiegazioni chiare ed esaurienti.
“Signora, mi ha portato qualche analisi?”
A quelle parole mi sono illuminata. Gli ho messo sulla scrivania il mio faldone del peso di due chili circa.
“E’ tutto in ordine cronologico, dottore!” gli dico, orgogliosa di me stessa (avevo passato un’ora il giorno prima a mettere a posto tutto!)
Il dottore ha letto tutte le analisi in silenzio e, infine, ha detto: “Quindi voi avete un problema maschile…”
Ma va?
Quando ha finito di guardare le analisi, io ho tirato fuori il foglio su cui avevo annotato tutte le domande da porgli. Marito ha alzato gli occhi al cielo. A me non importava. Ora non mi faccio più fregare. Stavamo decidendo la nostra felicità, la nostra vita. Volevo sapere tutto quello che si poteva sapere. In realtà non ho dovuto guardare il foglio neppure una volta perché, incredibilmente, il dottore ha risposto a tutte le mie domande senza neppure bisogno che fossi io a rivolgergliele. E questo mi è piaciuto assai.

In breve, vi espongo le ragioni che mi fanno ben sperare in questo centro e, ovviamente, anche i punti negativi.

I PRO:

1. Prima che fossi io a chiederlo (era una domanda della mia lista), il medico mi ha domandato se avessi mai fatto degli esami specifici all’utero. Io gli ho risposto di no, e lui mi ha detto che sarebbe il caso di farli, per vedere se c’è qualcosa che non va. Mi ha proposto di fare, al posto dell’isteroscopia che è piuttosto invasiva, un’ecografia in 3d, che non mostra proprio tutto quello che mostrerebbe un’isteroscopia, ma che può far capire se c’è qualcosa che non va. Se così fosse, dovrei poi procedere con l’isteroscopia, in caso contrario, no.
Non penso che me l’abbia proposto per guadagnare, visto che mi ha detto che sicuramente nella mia città posso trovare uno studio che effettua le ecografie in 3d, senza bisogno di andare da loro a Bologna.

2. Il medico ha consigliato a Marito di effettuare un test di frammentazione del DNA degli spermatozoi. I risultati di questo test non vengono mostrati da un normale spermiogramma. Questo test è costoso (circa 250 euro) ma necessario nei casi di grave infertilità maschile. Peccato che nessuno ce l’abbia consigliato prima (e io non sapevo neppure che esistesse)!

Per saperne di più

3. A causa del nostro problema di infertilità, il medico ci ha proposto di integrare la tecnica ICSI con un’eventuale IMSI.

Il centro PMA di RE che ci ha seguito finora non utilizza questa tecnica, che aiuta il biologo a scegliere gli spermatozoi migliori. In una ICSI normale gli spermatozoi vengono scelti osservandoli tramite un microscopio che li ingrandisce di 400 volte, mentre quello utilizzato nell’IMSI li ingrandisce fino a 6600 volte! Quindi è molto più facile individuare eventuali problemi.

Il mancato utilizzo di questa tecnica POTREBBE essere la causa dei nostri insuccessi. Un embrione creato utilizzando spermatozoi che presentano frammentazioni (non visibili con il microscopio utilizzato per l’ICSI, ma visibili con l’IMSI), apparentemente sano, potrebbe non essere in grado di svilupparsi e dare così origine ad un mancato attecchimento o ad una gravidanza biochimica (proprio quello che è successo a me).

4. Per quanto riguarda la stimolazione, il centro PMA di Bologna prevede terapie specifiche per i problemi della paziente (il centro di RE segue un protocollo standard per tutte). Inoltre, come farmaco soppressore non prescrivono mai l’Enantone (quello che è sempre stato dato a me), perché è molto potente e, di conseguenza, per poi ottenere l’ovulazione servono dosi maggiori di Gonal F.
Loro utilizzano un protocollo diverso, più leggero, che quindi da meno effetti collaterali.

5. Durante la stimolazione effettuano il primo controllo ecografico al quinto giorno di iniezioni di Gonal F (e non al nono come a RE) ed effettuano anche analisi del sangue per controllare i livelli ormonali (cosa che a RE non mi hanno mai fatto, con mio grande stupore, dato che, da quanto leggo su internet, è ovunque prassi comune). In questo modo, effettuando un doppio controllo, si riduce il rischio di iperstimolazione, cosa da me già provata e per niente piacevole.

6. Per quanto riguarda il transfer di embrioni congelati, non prescrivono pastiglie per bocca per l’endometrio, ma dei cerotti, sempre per il fatto che è una terapia più leggera.

7. L’equipe è composta da diversi medici. Nel caso in cui il giorno del pick up o del transfer il medico che ti ha seguito fino a quel momento fosse assente per qualsiasi motivo, c’è sempre qualcuno che può sostituirlo. A RE il medico che esegue ecografie, pick up e transfer è sempre lo stesso. Se per pura sfiga si dovesse ammalare, essere in ferie o fare un incidente proprio il giorno in cui tu devi fare il pick up o il transfer (interventi che NON possono essere rimandati) va tutto a puttane.

I CONTRO:

1. I costi sono alti. Parecchio. Una ICSI costa sui 4.000 euro, e in questo importo è compreso il transfer in seconda o terza giornata. Per il transfer in quinta giornata, quindi quando gli embrioni raggiungono lo stadio di blastocisti, c’è da pagare un sovrapprezzo.
La tecnica IMSI costa qualche centinaio di euro in più. Hanno però centri in altre città convenzionati con il S.S.N. (non a Bologna).

2. Le analisi pre-PMA (analisi del sangue, spermiogramma, elettrocardiogramma, eco mammaria, ecc.) hanno una validità di soli tre mesi, e non sei come a RE. Perciò, visto che tra una stimolazione e quella successiva devono passare almeno tre mesi, questi esami vanno sicuramente ripetuti ad ogni tentativo.
‘Na palla mostruosa.

Il medico ci ha detto che potremmo portare gli embrioni congelati a Bologna per fare il transfer da loro, ma io ho deciso di provare per l’ultima volta a fidarmi del centro PMA di RE, per un semplice motivo. Temo che non sia tanto il transfer il problema, quanto il MODO in cui questi embrioni sono stati prodotti.

Sinceramente, non mi va di abbandonare questi embrioni (cosa legalmente possibile, ma triste), né di doverli portare fino a Bologna per fare il transfer, con tutti i rischi del caso (ovviamente dovremmo essere noi ad occuparci del trasporto, mica lo fa un medico…).
Sono sicura che anche questi puntini luminosi mi abbandoneranno subito. E io e Marito già mentalmente pronti ad un nuovo fallimento e ad un nuovo tentativo. Questa volta a Bologna, è già deciso. In fondo abitiamo a meno di un’ora di strada, non è una grande fatica.

Sono stanca, stanchissima, ma ci voglio arrivare in fondo. Voglio farcela.

Se Ricky Martin ha tre figli, io ne voglio almeno cinque.
Con rispetto per Ricky, che ha tutto il diritto di avere dei figli. E io no?

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Meno uno

Meno uno.
No, non sono i gradi che ci sono in questo momento. A dire il vero non ho neppure idea di che temperatura ci sia fuori ora. So che è inverno soltanto perché ogni tanto mi casca l’occhio sulla finestra e vedo i fiocchi di neve cadere.
E anche perché Studio Aperto non fa che ricordarci con tono melodrammatico che fa freddo e nevica, così come, con la medesima angoscia, ogni benedetto agosto ci annuncia che fa caldo (ma va?). Non che io guardi regolarmente Studio Aperto, s’intende, ma ogni tanto, tra uno zapping e l’altro, finisco involontariamente su Italia Uno proprio mentre è in onda lo pseudo-tg Mediaset (ci tenevo a precisarlo).

Dicevo?
Ah, sì. Meno uno.
Tra ventiquattro ore, anzi, molte meno a dire il vero, scoprirò se sono incinta oppure no.
E scoprirò anche quanto sono incinta.
Ormai non mi faccio più fregare. Ho capito come funziona. L’esperienza insegna.
Non basta che su quel maledetto test compaiano due linee. Non si può festeggiare, non ancora. Bisogna fare le analisi del sangue per le beta hcg. Aspettare i risultati. E sperare che restituiscano non soltanto un numero superiore allo zero, ma anche un BEL numero. E, in realtà, neppure in questo caso potrei stare totalmente tranquilla, perché si deve sperare che quel bel numero cresca regolarmente ogni due giorni, si deve aspettare di riuscire a vedere l’embrione tramite l’eco, e in molti, prima di festeggiare, aspettano addirittura di aver passato il primo trimestre…
In tutti i modi, un passo alla volta. Per ora mi accontento di avere un bel numero domani. Al resto ci penseremo poi.
Insomma, non è che possa preoccuparmi ora per la scuola a cui iscriverò il mio bambino, giusto?
Anche se, ansiosa come sono, potrei anche farlo…

Non ho idea di cosa mi aspetti. Non so come sentirmi. Speranzosa? Sfiduciata?
So solo che sono tanto stanca. E’ da quando sono a casa che dormo tantissimo e, più dormo, più ho sonno. E io non sono mai stata una dormigliona, eh… Anzi, di solito anche nel week end mi piace alzarmi presto perché il mattino ha l’oro in bocca. Adesso non riesco a fare niente, aspetto solamente che le giornate passino, e ho scoperto che il modo migliore per farle trascorrere più velocemente è perdersi nel mondo dei sogni… Sono come lobotomizzata.

Ieri notte ho sognato che facevo il test di gravidanza. La cosa buffa è che ero nel cortile del condominio dove abitavo prima, e facevo la pipì accucciata per terra, davanti a quello che era il nostro garage. Avevo paura che qualcuno mi vedesse dalla finestra, ma speravo che non sarebbe successo perché era molto presto e probabilmente stavano tutti dormendo.
Sul test sono comparse subito due linee, di cui la seconda molto scura, bella, viva… Ero così felice… Mi sono rivestita, alzata in piedi e…
A questo punto penserete che sia corsa da Marito a dargli la bella notizia. E invece no. Lui nel sogno non c’era proprio. C’erano, invece, i miei genitori.
Incredibile, vero? Nel mondo reale sono le ultime persone a cui penserei di comunicare il risultato del mio test di gravidanza! Ho detto loro che il test era positivo. E devo dire che non ricordo bene cosa sia accaduto a questo punto… Non so se ci siamo abbracciati (cosa che non accade più o meno dall’inizio degli anni Novanta) oppure no, comunque rammento che eravamo felici.

Da qui in poi il sogno ha preso una piega stranissima… Sono salita in macchina con i miei genitori. Alla guida c’era mia madre. Il cortile, prima vuoto, era ora trafficatissimo. C’era una lunga fila di macchine davanti al cancello che aspettavano di uscire. Mia madre, che in effetti non è molto brava a guidare, stava per investire una signora in procinto di salire sulla propria auto, ma io l’ho avvertita e fermata in tempo.
Siamo andati in centro, abbiamo parcheggiato la macchina e poi ho seguito i miei genitori per mille vicoletti; mio padre voleva mostrarmi qualcosa.
Lui correva e io correvo dietro di lui, facendo dei salti giganteschi, come se stessi correndo sulla luna. Io avevo paura a correre, perché temevo che facesse male al mio bambino, ma non volevo restare indietro… Ad un certo punto mio padre si è fermato, e orgogliosamente mi ha indicato quello che voleva mostrarmi: era la vetrina di un negozio, abbandonato. Al suo interno non c’era più niente, il pavimento era pieno di calcinacci, sembrava un cantiere.
Non ricordo che negozio fosse, ma forse era una bottega che si trova nel centro della nostra città, e che da piccola mi incuriosiva molto (non ricordo bene il perché). Ci passavo sempre davanti insieme a mio padre quando andavamo a trovare i miei nonni paterni, che a quel tempo abitavano in centro.

Comunque, tornando al sogno… Ricordo d’aver pensato che mio padre era proprio strano. Tutta quella strada per vedere un negozio vuoto? Quando mi sono girata, dietro di me ho visto una mia vecchia amica d’infanzia, che non vedo più da almeno dieci anni, infatti il suo aspetto nel sogno era lo stesso di quando era bambina. Mi sono avvicinata a lei, ero imbarazzata perché non ci parlavamo da tanto tempo, e mi sentivo anche un po’ in colpa per non averla mai chiamata. Ci siamo messe a chiacchierare e poi… Mi sono risvegliata.

Nel dormiveglia, prima di tornare definitivamente alla realtà, ero ancora sicura che quel test di gravidanza fosse vero… Ero sicura di essere incinta… E quando ho aperto gli occhi e capito che era stato solo un sogno, ho provato una grande delusione.

Per quanto riguarda gli altri elementi del sogno, non ho la più pallida idea di che cosa rappresentino, e mi sa che neanche la mia psicologa potrebbe riuscire ad interpretarli!

E’ da due giorni che il cuore mi batte fortissimo, pensando a quello che mi aspetta domani. Che poi, lo ripeto, anche se domani andasse bene non è detto proprio un bel niente… Però, sarebbe già una piccola vittoria. Una vittoria piccola ma indispensabile per continuare a sperare.

Devo dire la verità. Ho riposto tutte le mie speranze in questo tentativo. Ma non riesco a sentirmi ottimista come prima del transfer. Lo so, sono stata io stessa a consigliarvi di ignorare qualsiasi sintomo o fantasintomo, ma… Io mi sento normale, mi sento bene, mi sento… Vuota. So che è troppo presto per avvertire qualcosa, ma… Non so, forse è il mio istinto, forse il mio pessimismo, ma credo che non andrà bene.

Non voglio perdermi nelle mie paranoie. In fondo, ancora non posso essere certa di nulla. L’unica cosa di cui sono certa è che stanotte dormirò malissimo, farò sogni ancora più strani del solito e all’alba mi sveglierò eccitata come una bimba la mattina di Natale e correrò a fare il test di gravidanza (no, non nel cortile, ma in bagno, direi che è più decoroso).

E poi… Solo Dio lo sa.

Pubblicato in: Fecondazione assistita, La mia storia

Relaaax! (Paranoie da fivettara)

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Il post-transfer è il periodo peggiore per qualsiasi fivettara, che viene improvvisamente assalita da mille paranoie. Non sa come comportarsi. Stare a letto? Andare a lavorare come se nulla fosse? Riposare, ma non troppo? Camminare fa bene? E quanto? Oppure no? Cosa mangiare? E fare la pipì? E’ pericoloso?

Per non parlare dell’impazienza per il fatale giorno del test di gravidanza che molte, sbagliando, anticipano di troppi giorni, e di tutti i timori possibili ed immaginabili che ci tormentano giorno e notte…

Queste paure sono, il più delle volte, irrazionali e totalmente campate in aria.

La sottoscritta, già paranoica nella vita di tutti i giorni, non fa eccezione, e durante il post-transfer si trasforma in una fivettara ossessionata dalla famigerata fuoriuscita degli embrioni (dove cappero devono andare, ‘sti benedetti embrioni, io non lo so).

Ho paura a chinarmi, perciò se devo uscire chiedo a marito di allacciarmi le scarpe. Passo le giornate seduta o sdraiata (sempre supina, perché ho paura che cambiando posizione gli embrioni ne risentano!), e ogni tanto mi alzo per camminare in casa (…), per far circolare un po’ il sangue. Se durante il giorno mi cade qualcosa, qualsiasi cosa, per terra, non mi chino per raccoglierlo (giammai!), ma mi limito a calciare l’oggetto incriminato sotto un mobile per evitare che i cani lo mangino, e alla sera, quando torna Marito, gli consegno una specie di mappa del tesoro con indicate tutte le cose finite sotto i mobili durante il giorno (non vi ho mai detto che ho le mani di merda pastafrolla?). Eh, sì, devo ammettere che pure io, almeno per i primi giorni dopo il transfer, ho una fottuta paura di starnutire e tossire (anche di fare la pipì, ma, ehy, quello non si può proprio evitare!).

E non ho nominato i fantasintomi… Durante i giorni post transfer qualsiasi fivettara degna di questo nome diventa moooolto più sensibile rispetto a qualsiasi dolorino, sensazione strana o mutamento del proprio corpo, cercando di capire se sta iniziando una gravidanza oppure no.

In rete ne ho lette di ogni…

In questi giorni sto facendo in media 100ml di pipì in più al giorno!
Le tette mi sono aumentate di 1/6 di taglia!
Ho sentito dei dolorini al basso ventre… Sì, sono sicura che fosse l’embrione che si stava impiantando!
Mi è venuta una voglia incredibile di cavoletti di Bruxelles!
La cacca ha una consistenza diversa!

La rete è una fonte inesauribile di paranoie. Basta andare su qualsiasi forum dedicato alla PMA o alla gravidanza in generale (CUB, MadreProvetta, se poi andate su AlFemminile è l’apoteosi delle stronzate paranoie) e leggere qualche post dedicato al periodo post-transfer…

Da quello che ho capito le paure più comuni sono quelle di andare in bagno, tossire e starnutire, temendo che in questo modo gli embrioni possano fuoriuscire. Io stessa ho sofferto di queste paranoie, ma quando le leggo su un forum, nero su bianco, mi rendo conto di quanto siano ridicole.

E non è tutto. Ho letto di una donna assolutamente certa di aver “perso” i propri embrioni quando ha fatto la pipì subito dopo il transfer, perché ha visto sugli slip due specie di granelli di sabbia… E un’altra sicura di averli “persi” perché ha visto nel wc, sempre dopo essere stata in bagno (donne, a questo punto facciamoci togliere la vescica, pisciare è troppo pericoloso) due punti rossi ricoperti di gelatina… Per non parlare di quelle che hanno paura di RIDERE per timore di fare del male ai propri piccoli…

Il modo migliore per tranquillizzarsi è semplicemente quello di informarsi. Parlare con altre donne, leggere articoli ATTENDIBILI in rete e, soprattutto, chiedere ai propri medici. Sono lì apposta!

Ma visto che io sono molto magnanima (?), dall’alto della mia FIVET-saggezza (??) ho deciso di condividere con voi alcuni piccoli segreti per vivere bene questo periodo. Scherzi a parte, da quando ho iniziato questo percorso ne ho sentite e lette di tutti i colori, ma visto che io sono molto curiosa e mi piace imparare, ho sempre cercato informarmi il più possibile, anche a costo di porre domande apparentemente idiote ai medici.

La mia ultima perla risale al giorno del transfer, quando ho chiesto alla biologa: Senta, ma cosa fanno gli embrioni quando li mettete dentro? Marito ancora mi prende per il culo. Lui non sa che sono centinaia le donne che in rete se lo chiedono! E io ho avuto il coraggio di chiederlo, mi sono sacrificata per il nostro bene, eh!

Dunque, ecco quello che ho imparato sul post-transfer:

1. EMBRIONI: Al momento del transfer gli embrioni sono visibili soltanto al microscopio. Non si possono perciò vedere ad occhio nudo. Non li potrete mai vedere sugli slip o galleggiare nel wc. Gli embrioni non possono fuoriuscire. Una volta trasferiti nell’utero si annidano nella mucosa, dove rimangono fermi, e gradualmente, o attecchiscono, dando così inizio ad una gravidanza, o vengono riassorbiti.

2. COSA FARE E COSA NON FARE: Nei giorni post transfer potete ridere, starnutire, tossire, andare in bagno quando e quanto volete. Non dovete fare esercizio fisico, sollevare pesi o fare grandi sforzi (esempio: non mettetevi a pulire tutte le finestre di casa proprio nei giorni post transfer…). Non dovete avere rapporti sessuali e quando salite o scendete le scale magari non fatelo correndo, ecco… I medici mi hanno rassicurato sull’uso dell’auto, anche se io in questi giorni evito di usarla per paura delle vibrazioni (paura irrazionale, ma così è).

Passeggiare ogni tanto fa bene per la circolazione del sangue!

3. CIBO: Comportatevi come se foste già in gravidanza. Niente fumo, niente alcool, niente carne o pesce crudo e verdure crude solo se lavate accuratamente con l’Amuchina. Se non lo state già prendendo, cominciate ad assumere un integratore di acido folico (sempre dopo aver chiesto al medico). Anche il cavolfiore è un alimento ricco di acido folico.

4. SINTOMI: Ignorante qualsiasi sintomo o fantasintomo. Il seno gonfio, i dolorini, possono essere sia un segnale che stanno arrivando le Malefiche, sia il segnale di una gravidanza che è iniziata. Possono anche essere effetti collaterali delle terapie di supporto. Insomma, possono essere tutto e il contrario di tutto. Si fa prima ad ignorarli, direi.

Ma se avete dei dolori veramente “anomali”, non esitate a dirlo al medico, a costo di ricevere risposte scocciate!

5. RELAAAX! Sia che stiate a casa o decidiate di tornare subito al lavoro, rimanete rilassate. Fate quello che più vi fa sentire a vostro agio. Se non fate lavori pesanti i vostri medici vi consiglieranno di tornare a lavorare, ma se preferite restare a casa (e fatelo, se vi trovate un ambiente lavorativo non proprio idilliaco!), sappiate che la legge è dalla vostra parte. Fatelo notare anche al medico di famiglia, se si rifiutasse di farvi il certificato di malattia.  (Cercate il paragrafo “Procreazione assistita”).

Non abbiate fretta e aspettate il giorno comunicato dal centro PMA (solitamente il 14° p.t.) per effettuare il test di gravidanza! E, in tutti i modi, sia in caso di risultato positivo sia in caso di risultato negativo andate a fare le analisi delle beta hcg. Se proprio non ce la fate ad aspettare, anticipate al massimo di un paio di giorni… Ma, in caso di negativo, ripetete il test il giorno giusto!

 

Se per caso i vostri medici vi hanno consigliato diversamente o se volete aggiungere qualcosa di importante che mi sono scordata, ditemelo pure!

La sottoscritta, ovviamente, non è che rispetti molto queste regole. Tra il dire e il fare… Ci sono di mezzo gli ormoni che mi fanno essere razionale solo a tratti!

Oggi è il 7° p.t. e stavo seriamente pensando di fare un test di gravidanza, per dire… No, non l’ho fatto. Voglio crogiolarmi ancora un po’ nella speranza prima di risvegliarmi bruscamente. Ho una pessima sensazione. Che a volte si trasforma in un ottimismo insensato. Ah, gli ormoni…

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Un anno fa

13 gennaio 2012.

La maggior parte di voi ricorderà questa data per il naufragio della Costa Concordia, o per la scomparsa di Roberta Ragusa.

Tra qualche anno, non appena le luci dei mass media si saranno spente, dimenticherete questi fatti di cronaca e questa data diventerà per voi un giorno come un altro.

Ma non per me.

Il 13 gennaio di un anno fa è iniziato il mio calvario, il mio inferno. Quel giorno un misero pezzo di carta pieno di nomi strani e cifre ha decretato il mio futuro. Un pezzo di carta che a quel tempo (ah, beata innocenza!) non ero neppure in grado di interpretare. La ginecologa aveva dovuto farlo per me.

Ricorderò per sempre il sospiro con cui lesse le analisi e infine, con voce neutra e un pizzico di rammarico, sentenziò: “Mi dispiace, voi non potete avere figli.”
Ricorderò per sempre il mio pianto, mentre guidavo verso casa senza neppure vedere la strada davanti a me, ma soltanto un enorme buco nero. Ricorderò per sempre la sensazione di incredulità, di disperazione, di panico che ho provato quel giorno. E che ho continuato a provare nei mesi successivi.

Il 13 gennaio di un anno fa la mia vita si è interrotta. E’ entrata in una specie di pausa, di stand-by. Da allora, ogni singolo istante della mia giornata, il pensiero che mi occupa la mente è soltanto uno: riuscire a realizzare il mio desiderio di avere un figlio. Non ho smesso di vivere, certo. Continuo a lavorare, a uscire, a seguire le mie passioni, ma… Quel pensiero non mi abbandona mai. Non mi abbandona il senso di frustrazione, di impotenza, di rabbia, di speranza.

Tante cose sono cambiate in quest’ultimo anno. Io sono molto cambiata.
Ho imparato ad essere paziente.
Ho imparato ad accettare una sconfitta e a reagire.
Ho imparato chi sono i veri amici (pochi) e quelli che non meritano di essere considerati tali (la maggior parte).
Ho imparato che tutti sono pronti ad andare con te a prendere un aperitivo, ma nessuno vuole stare al tuo fianco quando affronti qualcosa di grande, di troppo grande.
Ho imparato che al mondo ci sono tante persone ignoranti a cui non importa nulla di imparare.
Ho imparato che al mondo c’è troppa gente che ama giudicare senza conoscere, senza sapere.
Ho imparato che la maggior parte delle persone da tutto per scontato.
Ho imparato che non sono soltanto gli adolescenti, ma pure i cinquantenni a non sapere come si concepisce un bambino.
Ho imparato che in Italia c’è molta ignoranza sull’educazione sessuale, sulla PMA e sull’adozione.
Ho imparato che un uomo e una donna, se si amano realmente, possono rimanere uniti davanti ad una diagnosi di infertilità.
Ho imparato che, ogni tanto, ridere delle proprie disgrazie può essere utile per superarle.

E ho capito che, in un modo o nell’altro, io voglio diventare madre.

E’ passato un anno, e io sono ancora al punto di partenza. Quanto ero ingenua, un anno fa! Ero talmente cieca davanti alla realtà e piena di speranza da credere che, in pochi mesi, la PMA avrebbe regalato a me e Marito il dono più grande… Mi dicevo che non era possibile che noi non potessimo avere figli, che la Natura si era sbagliata, che non avremmo dovuto soffrire tanto a lungo… E, invece… Eccomi qui. Ancora qui.
Di nuovo a sperare. Di nuovo a lottare. Senza aver ottenuto nulla, se non tanto, ulteriore dolore.

Ho fatto il transfer giovedì. Mi hanno trasferito due embrioni. Purtroppo ne hanno dovuti scongelare quattro, perché due sono morti subito.
Il transfer non è stato facile. La prima volta non avevo provato alcun dolore, questa volta invece ho sofferto molto. Devo dire che la ginecologa non è stata molto delicata. Mi ha inserito lo speculum con la gentilezza di un elefante. Ho subito urlato per il male, e mi son irrigidita tutta. Cercavo in tutti i modi di rilassarmi, ma non ci riuscivo!
Ha dovuto persino usare le pinze per trovare il collo dell’utero… Io, che da sdraiata non vedevo cosa stesse accadendo, sentivo degli strani rumori e credevo si trattasse di forbici…! Meno male che l’infermiera mi ha rassicurata spiegandomi che si trattava solo di pinze. Ho sentito gli stessi dolori che provo dopo il pick up, che poi sono come dei dolori mestruali fortissimi… Meno male che è durato solo pochi minuti, durante i quali mi sono fatta però compatire per bene, piangendo e praticamente spaccando la mano dell’infermiera…

E’ da giovedì pomeriggio che vivo tra divano e cibo… Non ho voglia di far niente, ho sempre sonno, anche se a volte mi costringo ad alzarmi perché stare troppo ferma non va bene, il sangue non circola! Mi hanno consigliato di fare delle passeggiate e mi hanno detto che potevo andare a lavorare, dato che faccio l’impiegata, ma io ho preferito mettermi in malattia per due settimane.

Mi sento una stupida. Sto attenta ad ogni movimento, quando salgo o scendo le scale lo faccio a passo di lumaca, Marito non mi lascia neppure apparecchiare la tavola per timore che mi stanchi troppo…!
E io non faccio altro che pensare… E se stessi facendo tutto questo per niente? E se andasse male anche stavolta e mi sentissi una deficiente totale per aver vissuto due settimane come una malata?
Ma non è veramente questo a impensierirmi…
Io ho paura.
Ho il terrore che vada male. Ho il terrore di vedere il test di gravidanza negativo. E ho pure il terrore di vederlo positivo, perché potrebbe succedere come l’altra volta…

E poi… Non so se è a causa del Progynova, del Progesterone, della solitudine forzata o dell’astinenza dal fumo e dall’alcool, ma è da due giorni che mi sento perennemente sull’orlo di una crisi di nervi, comincio ad urlare ed inveire senza motivo, mi viene sempre voglia di piangere e urlare.

Forse è solo la paura.

Farò il test il 22 gennaio, in anticipo di due giorni rispetto a quello che mi ha detto il centro, tanto si dovrebbe già vedere un risultato positivo.

Questi giorni sono lunghissimi. Noiosi. E vuoti. Spero che un giorno ricorderò questi giorni come fantastici. Spero che un giorno riderò ripensandomi sul divano a strafogarmi di cibo per alleviare la malinconia, e dirò: “E’ in quei giorni che è iniziata la vita di mio figlio!”

Speriamo.

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Organizzazione post transfer

homer_sleepingImmagine presa dal Web

Sabato ho fatto l’ecografia.
Il mio endometrio era spesso 8,6 mm. Urrà!

Domani la dottoressa vuole visitarmi di nuovo e, se sarà cresciuto oltre ai 10 mm, potrò fare il criotransfer mercoledì o giovedì (speriamo mercoledì, non ne posso più di aspettare!).

Come al solito starò a casa almeno due settimane in malattia. E, dato che io guardo sempre avanti, ho già iniziato a programmare il riposo post transfer.

Questa volta, per stare sul sicuro, Marito non ha intenzione di lasciarmi uscire dal letto almeno per qualche giorno, per evitare che debba fare le scale, e mi ha raccomandato di tenermi lontano dai cani, perché non vuole che mi saltino addosso. In realtà le nostre adorate bimbe pelose non mi saltano mai addosso, tranne quando gioco con il Playstation move (soprattutto quando gioco a tennis, non capiscono perché mi agiti tanto) o quando sono io stessa ad incitarle perché ho voglia di ballare con loro (…).

Credo che Marito sia convinto che le nostre cagnoline abbiano intenzione di boicottare una possibile gravidanza perché vogliono restare le uniche “bambine” di casa…

In tutti i modi, sia che io rimanga sul letto o mi trasferisca sul divano, ho intenzione di rimanere in posizione orizzontale il più a lungo possibile, perciò ho assolutamente bisogno di pensare a qualcosa da fare per distrarmi durante il riposo forzato, per non rischiare di impazzire.

Ecco il mio programma:

– Finire di leggere “Il manoscritto ritrovato ad Accra” di P. Coelho

– Rileggere “L’idiota” di Dostoevskij (l’ho dovuto cercare su Google per scriverlo correttamente…)

– Leggere “Fosse ‘a Madonna!” di De Crescenzo

– Leggere “A tale of two cities” (sì, in inglese) di Dickens

– Guardare tutte le stagioni di “Nip/Tuck”

– Guardare “Eli Stone”

– Guardare la quarta stagione di “Misfits” (un telefilm inglese)

– Guardare qualche bel film in streaming noleggiato sui viaggi nel tempo, che mi piacciono tanto

– Riguardare per l’ennesima volta la trilogia de “Il Signore degli Anelli” senza alcuna pausa tra un film e l’altro (alla fine crederò di essere Arwen e mi metterò a parlare in elfico)

– Giocare a The Sims 3 e fare tanto fiki fiki (oh, almeno quello virtuale posso farlo)

– Terminare la revisione del mio romanzo e trovare degli editori a cui inviarlo

– Scrivere tante belle deprimenti poesie su quanto è deprimente non riuscire a diventare madre (sì, è uno dei miei passatempi preferiti)

– Terminare il collage di foto dei miei bimbi pelosi che avevo iniziato a fare durante il primo post – transfer per il futuro bimbo

Direi che di cose da fare ne ho… Penso che niente potrà distrarmi dall’ansia per il responso del test di gravidanza, né alleviare la mia paura di un altro fallimento, ma cercherò in tutti i modi di vivere questo riposo forzato nel modo più sereno possibile. Ne approfitterò per riprendermi un po’ da questo periodo stressante e fare tutte quelle cose che mi piacciono e che, causa lavoro, non riesco mai a fare.

Suppongo che la prossima volta che scriverò sul blog sarò “in cova”…

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Conversazioni assurde

punto-interrogativo-4Immagine presa dal Web

Ho paura. Domani è il Gran Giorno. Anzi, non è proprio paura. E’ voglia di qualcosa di buono.
Domani è il giorno che deciderà quando sarà il Gran Giorno. Insomma, per farla breve, domani ho appuntamento presso il centro PMA per capire come sta reagendo il mio endometrio alla terapia con il Progynova e quando potremo programmare il criotransfer.

Sono agitata. E ho voglia di ridere. Perciò ho deciso di condividere con voi alcune delle conversazioni più assurde che io e Marito abbiamo dovuto sostenere da quando abbiamo iniziato il cammino PMA.

Ho scritto questo post qualche tempo fa, in attesa del momento giusto per pubblicarlo. E credo che quel momento sia arrivato. Dopo un 2012 bisesto e decisamente funesto, ho voglia di ridere. Voi no?

LA COSA (io e il mio capo)

Io e il mio capo non andiamo mai in pausa insieme. Le poche volte che questo accade è perché uno dei due ha bisogno di parlare con l’altro lontano da occhi indiscreti. Perciò, quando qualche settimana fa, alle cinque passate (orario in cui la sala caffè è vuota) mi ha proposto di uscire qualche minuto con lui, ho capito che doveva chiedermi qualcosa di importante.
Dopo avermi offerto il caffè, mi guarda e fa: “Allora? Non per essere indiscreto, ma… Hai idea di quando dovrai stare in malattia per la tua cosa?”

Vi ricordo che il mio capo sa tutto della PMA. Cioè, in realtà non sa nulla di come avviene la cosa in pratica, ha soltanto indovinato (senza che io gli dicessi nulla) a che tipo di fantomatica “operazione” (questo è quello che ho detto in ufficio) mi sto sottoponendo. Devo dire che io non alcuna vergogna a parlare della PMA con chi si mostra disponibile ad ascoltarmi. Mi sento sempre un po’ in imbarazzo per i miei interlocutori, però. Io ormai sono abituata a parlare di ovaie, spermatozoi e mestruazioni, ma dubito che questi siano gli argomenti preferiti dalla gente “normale”.

“Purtroppo non lo so ancora,” gli ho risposto. “Sai, quello che devo fare è condizionato dal ciclo, e… Non mi sono ancora arrivate, perciò non so dirti bene quando sarà programmata LA COSA.”
“Ah, capisco… E quando ti dovevano venire??”
“Tra il sei e il dieci dicembre… Ho un gran ritardo… Però ho tanta voglia di cioccolata, perciò penso che tra poco mi verranno!”
“Speriamo che ti arrivino presto, allora!”
“Eh, sì… Comunque ti avverto non appena mi vengono!”
“Ok! Dimmi quando ti arrivano! Aspetto fiducioso!”

Poi siamo tornati in ufficio. Io ero allucinata. Avevo appena speso dieci minuti a parlare di mestruazioni (delle MIE mestruazioni) con il mio capo davanti alla macchinetta del caffè.

MADRE DI MIO FRATELLO (io e mia mamma)

Qualche anno fa, mentre cercavo di riallacciare i rapporti con la mia incasinata famiglia, ho invitato a casa mia e di Marito (a quel tempo fidanzato) i miei genitori e mia nonna materna per il pranzo di Natale. Mio padre ha preferito andare dai suoi genitori, mia nonna non stava bene e alla fine l’unica che si è presentata è stata mia madre. Per tutta la durata del pranzo (che io avevo faticosamente preparato) mia madre non ha fatto altro che parlare di sesso. Con sua figlia. Davanti al suo futuro genero.

Ad un certo punto, mia mamma ci guarda intensamente e, con tono melodrammatico, fa: “Ragazzi, ma sapete che ieri sera mentre io e PapàdiEva facevamo l’amore si è rotto il preservativo? Ma secondo voi sono incinta? Se sono incinta il bambino lo potrei dare a voi!”
Io e Marito ci siamo guardati, stralunati. Il gamberetto in salsa rosa che stavo mangiando mi è andato di traverso.
Poi, come al rallentatore, ci siamo voltati nuovamente a guardare mia mamma.
“No, dai, MammadiEva, vedrai che non è successo niente…” ha bofonchiato Marito, cercando con lo sguardo una via di fuga (che non ha trovato).
Meno male che a quel tempo non sapevo ancora dei nostri problemi d’infertilità. Avrei persino potuto accettare l’offerta. E la conversazione si sarebbe fatta ancora più assurda.

LA CACCA NELLA VAGINA (io e la Gine1)

La Gine1 (la mia ginecologa abituale, per differenziarla da quella del centro PMA, che chiamerò GinePMA – wow che fantasia) non ha peli sulla lingua. In quest’ultimo anno, oltre ai problemi di Marito, anch’io ho avuto diversi disturbi, per fortuna risolvibili (e che apparentemente non causano infertilità). In sei mesi ho fatto tre pap test.
Ogni volta mi trovavano qualcosa: un’infiammazione, dei batteri, cervicite cronica… La dottoressa, oltre alle terapie, mi ha dato delle regole ferree da seguire per guarire: non mi devo lavare più di due volte al giorno, non devo fare lavande di mia iniziativa, non devo portare il salvaslip e di notte devo dormire senza mutande.
Ecco, quest’ultima regola per un po’ di tempo non l’ho seguita perché mi sembrava poco igienica. Insomma, le mutande ovviamente le cambio tutti i giorni, mentre i pantaloni del pigiama no. Io il pigiama lo cambio una volta a settimana, e credo sia normale (ma ho letto su internet di una che cambia gli asciugamani e l’accappatoio ogni giorno quindi, chi sa, magari sono io ad essere strana?!).
Quando l’ho confessato alla Gine1, lei è andata su tutte le furie, manco le avessi fatto un torto personale.
“Ma insomma,” mi ha detto, “vuoi guarire o no?”
“Certo, dottoressa… Ma ecco, vede, non mi sembra molto igienico dormire senza mutande… Insomma, entrerei in contatto con i pantaloni che di certo non sono puliti come le mutande…”
“Tu hai dei batteri! E per farli andare via devi fare come dico io!”
“Ma è sicura che sia igienico dormire senza mutande?”
“Durante la notte le mutande sfregano avanti e indietro e trasportano i batteri! Vedi i nomi di questi batteri?” ha esclamato, indicando le analisi del laboratorio. “Sono batteri che si trovano nel l’ano! Hai la cacca nella vagina! Tu vuoi avere la cacca nella vagina?
No, non voglio avere la cacca nella vagina, grazie. Mi è capitato di avere della cacca sul pavimento della sala quando le mie cagnolone erano cucciole, e mi è bastato.
Da quel giorno sono rimasta talmente traumatizzata che ogni sera, prima di andare a dormire, mi tolgo le mutande e le scaglio via, lontano, manco fossero il demonio.

La cacca nella vagina. Insomma, c’è modo e modo di dire le cose, ecchecavolo…

L’ALIENO (io e la ginePMA)

Questa ve l’ho già raccontata, ma merita di essere riportata alla memoria. Durante il primo colloquio con la GinePMA, quando la carpetta contenente le analisi mie e di Marito non pesava ancora diversi chili, la dottoressa non si è mostrata molto disponibile. Dopo aver accertato insieme a lei che una gravidanza naturale era impossibile, le abbiamo chiesto se con la PMA ce l’avremmo potuta fare.
“Beh, prima dovete fare diverse analisi,” ha detto, consegnandoci un elenco con la prescrizione di millemila esami, “e poi vediamo… Sa, signora, non so se potrete fare la PMA… Insomma, non sappiamo cosa potreste concepire, voi due!”
Un mostro a due teste? Un cane? Una fotocopia di mia madre? Oh, dottoressa, a noi va bene tutto, non siamo mica choosy!

LA MATEMATICA E’ UN’OPINIONE (io e Marito)

Era il 13 gennaio 2012. Quel giorno, oltre ad aver tamponato una macchinata di vecchie davanti ai miei genitori che, per pura BDS (botta di sfiga) passavano da lì, ho scoperto che io e Marito non possiamo concepire. La mia ginecologa aveva visionato lo spermiogramma di Marito e mi aveva dato la terribile notizia. Ho guidato verso casa in lacrime. Non appena ho varcato la soglia ho gettato le analisi sul tavolo. Marito è corso a chiedermi com’era andata.
“Lo sapevo, lo sapevo che c’era qualcosa che non andava!” ho urlato, piangendo, rossa di rabbia. “Avevo ragione! E tu non volevi credermi!”
“Ma che è successo?”
“E’ colpa tua! E’ tutta colpa tua!”
“Ma cosa?”
“Leggi le analisi! Leggi quei cazzo di numeri!”
Marito ha preso il foglio in mano. “Qui dice che ci sono centomila spermatozoi… Non capisco… E quindi?”
“Leggi i valori di riferimento, scemo!”
“Eh, c’è scritto che i valori normali sono tra 20 e 40 milioni… Beh, non va mica male allora, no?”
“Ma che cazzo dici, scemo? Ma non sai contare?”
Marito continuava a guardarmi, perplesso. Non sapevo se essere più preoccupata per la sterilità o per il Q.I. di Marito.
“Non hai neanche l’1% degli spermatozoi che dovresti avere!”
Marito mi continua a guardare… Poi d’un tratto diventa rosso… E comincia a ridacchiare.
“Oh, è vero sai?”
Cazzo te ridi??

P.S. Lo so, sono stata un po’ stronza. Ma ero fuori di me. In realtà non ce l’avevo con Marito, ma con il destino.

SPERIAMO CHE PORTI BENE (la vecchina e Marito)

Era il 23 dicembre. Marito, mentre tornava a casa dopo aver fatto la spesa (oh sì, questa incombenza di solito spetta a lui – si diverte un mondo ad andare al supermercato – e torna sempre a casa con un mucchio di stronzate tipo ovetti kinder o Mars – e ovviamente dimentica le cose principali tipo il detersivo per i piatti o la carta igienica…)… Dicevo? Ah, sì, mentre Marito tornava a casa, si è dovuto fermare a soccorrere una vecchina che era finita con la sua Jaguar nel fosso, fortunatamente senza farsi nulla.
Noi abitiamo in campagna, qua le strade sono molto strette e se uno non è abituato a percorrerle c’è il rischio di finire nel fosso, soprattutto quando arriva un’auto dall’altra parte. Ora, già immaginarmi una vecchina alla guida di una Jaguar mi fa sorridere, ma la conversazione che mi ha riportato Marito è ancora più divertente.

Oltre a Marito si è fermato un ragazzo con due bimbe piccole al seguito.
Ah, l’innocenza dei bambini… Una delle due piccole ha esclamato, candidamente: “Ma noi ora dovevamo fare la spesa… Adesso per colpa di questa signora dobbiamo stare qui per chissà quanto tempo!” Meravigliose. Chissà com’era imbarazzato il loro papà…

Mentre aspettavano che arrivasse un conoscente della signora per portarla a casa, la vecchina ha chiesto a Marito di poter salire sulla sua macchina perché aveva freddo. Marito ovviamente le ha risposto di sì, e si è seduto in auto di fianco a lei.
“Ma lei è sposato?” ha domandato la vecchina ad un tratto.
“Eh, sì,” ha risposto Marito.
“E avete dei piccini?” ha domandato la signora, innocentemente.
Non oso pensare all’espressione di Marito…
“Certo… Abbiamo due cani!”
“Beh, ma non è la stessa cosa!”
Dai, cazzo! Mo’ pure la vecchia ci si mette!

Quando finalmente è arrivato il conoscente della signora, quest’ultima ha salutato Marito facendogli gli auguri di Natale e chiedendogli il nome e l’indirizzo (oh, magari ci manda un bell’assegno come ricompensa per l’aiuto! – Alla faccia dello spirito natalizio).
E poi gli ha detto, così, tutto d’un tratto: “Vedrà, signore, che il 2013 sarà un bell’anno… Spero che le porti quello che cerca!”

Quando Marito mi ha riferito queste parole sono rimasta di stucco. Secondo lui quella vecchina era l’ “angelo dei bambini”… Tra i due quella più sognatrice e romantica sono sempre stata io, anche perché, in quanto scrittrice, amo far volare la fantasia. Ultimamente, però, i ruoli si sono invertiti. Io sto diventando sempre più razionale e pure un po’ cinica, mentre Marito sta svelando un lato “spirituale” che non conoscevo.

Non so se un’anziana signora finita nel fosso con la sua Jaguar possa portarci bene, ma è bello pensarlo.

 

Vecchinadeibambini (ah, era angelo dei bambini, forse), ti prego, fa che domani la GinePma dica che il mio endometrio è spassosissimo spessissimo, e che la settimana prossima possiamo fare il criotransfer!!

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Il bimbo portafortuna

bimboportafortuna

Quest’anno ho fatto pochissimi regali di Natale. Per fortuna sono riuscita ad evitare tutti i vari aperitivi pre-feste, non mi sono scambiata auguri falsi con persone che non vedo mai e non ho dovuto né fare regali a persone che a malapena conosco, né riceverne da gente che si ricorda di me solo a dicembre. Perciò, tutti i pochi regali che ho fatto/ricevuto, sono doni che vengono veramente dal cuore.

Per la prima volta io e Marito non ci siamo scambiati regali. Abbiamo deciso di risparmiare per la PMA. Un figlio è l’unico vero regalo che desideriamo ricevere.

Quello che vedete nella foto qua sopra è il regalo più bello che ho ricevuto, anche se non era avvolto in una luccicante carta natalizia e chi me l’ha dato non ha speso un euro per comprarlo.

La sera della Vigilia sono andata a trovare i miei nonni paterni insieme a Marito. Ad un tratto, mentre chiacchieravamo tutti insieme davanti ad un bicchiere di spumante, mia nonna mi ha pregato di seguirla. Mi ha portato in bagno e ha chiuso la porta, dicendo che doveva darmi una cosa.
Si è messa a frugare in tutti i cassetti dove tiene le spazzole, bigodini e creme varie. Ero incuriosita, mi chiedevo come mai avesse nascosto il suo regalo proprio in bagno. Ero convinta che volesse darmi dei soldi, e che magari non desiderasse che gli altri vedessero, anche se non ne capivo il motivo.

Ad un certo punto il suo sguardo si è illuminato. “Ah! Eccolo qua!” ha esclamato.
Mi ha preso la mano e mi ha messo sul palmo questo strano e vecchio pupazzetto di plastica. Un bambino senza braccia né gambe.
Il mio primo pensiero è stato: Ma che cavolo è questo coso tanto macabro?! La nonna è impazzita!
Il mio sguardo doveva essere veramente stupito, perché lei si è messa a ridere, forse anche un po’ imbarazzata.
Sussurrando, mi ha detto: “Ho trovato questo pupazzetto tanti anni fa in mezzo ad un bosco, in Svizzera… Poco tempo dopo sono rimasta incinta. Poi l’ho dato ad una mia amica e… Tempo qualche mese, e anche lei ha avuto un bambino! Ora lo regalo a te, magari ti porta fortuna!”

Io non sono superstiziosa. Non credo agli amuleti, non credo alla fortuna né alla sfortuna. Credo solo in Dio, e nel caos in cui ci fa vivere in questo mondo terreno, per quale motivo solo Lui sa. Eppure in quel momento anche il mio cuore si è illuminato, proprio come lo sguardo di mia nonna. Nessuno ha mai avuto un pensiero tanto dolce per me! Come sarebbe stato bello se fosse stata mia madre a fare un gesto del genere!
Non sapevo cosa dire, ero commossa, così ho ripetuto “grazie” mille volte e poi timidamente l’ho abbracciata e le ho dato un bacio. Io faccio molta fatica ad esprimere i sentimenti, soprattutto fisicamente, ma in quel momento non ho avuto alcuna esitazione. Non c’era nient’altro da fare, nient’altro da dire.

La notte della Vigilia l’ho passata insieme a Marito. Solo noi due e le nostre cagnolone. La nostra famiglia. Quanto sarebbe stato bello se ci fosse stato un bimbo insieme a noi, o se almeno io avessi avuto un bel pancione da accarezzare, un bel pancione su cui riversare le nostre speranze…
Nonostante questo, dopo la visita ai miei nonni all’improvviso mi sentivo avvolta dalla magia del Natale, e così abbiamo allestito in fretta e furia un piccolo alberello e un presepe, dentro cui ho messo anche il bimbo portafortuna. Abbiamo cucinato e cenato insieme, ed è stato bello. Verso le 23 siamo andati in centro, ci siamo bevuti un bicchiere (a dire il vero più di uno) nell’unico bar aperto e poi siamo andati alla Messa di mezzanotte. Purtroppo la chiesa dove voleva andare Marito era chiusa, perciò siamo andati in un’altra. Era bellissima. Se davanti a me non avessi avuto una signora di mezza età ricoperta da non so quanti cadaveri di visoni, mi sarei goduta la Messa molto di più. Le parole con cui il prete ha esordito mi hanno lasciata di stucco…
“Questa è una Messa che qualcuno di voi ha aspettato a lungo…”
Sembrava che stesse parlando proprio con me!

Purtroppo la sua omelia non mi è piaciuta molto… Praticamente ha fatto solo una parafrasi del passo del Vangelo che era appena stato letto, sinceramente mi aspettavo qualcosa di più per la Messa di Natale (considerando anche che molte persone vanno in chiesa solo quel giorno, un prete ha il dovere di coinvolgerle, di far capire loro che vale la pena andarci molto più spesso).
Un tempo andavo sempre in chiesa, e ho capito che sono pochi i sacerdoti capaci di parlare alla gente. Non ho sentito quella magia, quel calore che speravo di ritrovare… Perciò, nonostante la bellezza di quel luogo, credo che non sarà quella la chiesa dove potrò riavvicinarmi alla religione, dove io e Marito ci sposeremo e dove il nostro bimbo sarà battezzato. Ma non mi arrendo mica, eh!
Marito era molto entusiasta per il fatto di essere andato a Messa con sua moglie per la prima volta in otto anni che stiamo insieme. Ed è d’accordo con me sul cercare un luogo che coinvolga entrambi per cominciare insieme questo nuovo percorso.

Anche la PMA non è andata bene la prima volta, ma questo non significa che bisogna arrendersi, no?

E per concludere questo post pieno di speranza, vi annuncio con gaudio che il giorno di S. Stefano le Malefiche hanno deciso di farmi finalmente visita. Il giorno stesso ho iniziato la terapia, due compresse di Progynova al mattino e due alla sera. Questo sabato ho appuntamento presso il centro PMA per fare l’ecografia e vedere se sono pronta per il criotransfer. Spero vivamente di sì, non ne posso più di aspettare e inoltre anche questi ormoni stanno avendo un effetto devastante sul mio umore…

Quindi, se tutto va bene… Tra pochi giorni ci siamo!
Il mio corpo è pronto ad accogliere di nuovo quei bellissimi puntini luminosi, e il mio cuore pronto di nuovo a sperare. Saranno giorni duri, lunghi, che forse mi porteranno finalmente alla realizzazione del mio sogno, oppure ad un altro fallimento, o ad un’effimera illusione.
Devo cercare di tenere i piedi per terra, ma non posso che sperare che il 2013 sia l’anno in cui i sogni diventano realtà.

E lo auguro anche a tutti voi.