Pubblicato in: La mia storia

Un anno fa

13 gennaio 2012.

La maggior parte di voi ricorderà questa data per il naufragio della Costa Concordia, o per la scomparsa di Roberta Ragusa.

Tra qualche anno, non appena le luci dei mass media si saranno spente, dimenticherete questi fatti di cronaca e questa data diventerà per voi un giorno come un altro.

Ma non per me.

Il 13 gennaio di un anno fa è iniziato il mio calvario, il mio inferno. Quel giorno un misero pezzo di carta pieno di nomi strani e cifre ha decretato il mio futuro. Un pezzo di carta che a quel tempo (ah, beata innocenza!) non ero neppure in grado di interpretare. La ginecologa aveva dovuto farlo per me.

Ricorderò per sempre il sospiro con cui lesse le analisi e infine, con voce neutra e un pizzico di rammarico, sentenziò: “Mi dispiace, voi non potete avere figli.”
Ricorderò per sempre il mio pianto, mentre guidavo verso casa senza neppure vedere la strada davanti a me, ma soltanto un enorme buco nero. Ricorderò per sempre la sensazione di incredulità, di disperazione, di panico che ho provato quel giorno. E che ho continuato a provare nei mesi successivi.

Il 13 gennaio di un anno fa la mia vita si è interrotta. E’ entrata in una specie di pausa, di stand-by. Da allora, ogni singolo istante della mia giornata, il pensiero che mi occupa la mente è soltanto uno: riuscire a realizzare il mio desiderio di avere un figlio. Non ho smesso di vivere, certo. Continuo a lavorare, a uscire, a seguire le mie passioni, ma… Quel pensiero non mi abbandona mai. Non mi abbandona il senso di frustrazione, di impotenza, di rabbia, di speranza.

Tante cose sono cambiate in quest’ultimo anno. Io sono molto cambiata.
Ho imparato ad essere paziente.
Ho imparato ad accettare una sconfitta e a reagire.
Ho imparato chi sono i veri amici (pochi) e quelli che non meritano di essere considerati tali (la maggior parte).
Ho imparato che tutti sono pronti ad andare con te a prendere un aperitivo, ma nessuno vuole stare al tuo fianco quando affronti qualcosa di grande, di troppo grande.
Ho imparato che al mondo ci sono tante persone ignoranti a cui non importa nulla di imparare.
Ho imparato che al mondo c’è troppa gente che ama giudicare senza conoscere, senza sapere.
Ho imparato che la maggior parte delle persone da tutto per scontato.
Ho imparato che non sono soltanto gli adolescenti, ma pure i cinquantenni a non sapere come si concepisce un bambino.
Ho imparato che in Italia c’è molta ignoranza sull’educazione sessuale, sulla PMA e sull’adozione.
Ho imparato che un uomo e una donna, se si amano realmente, possono rimanere uniti davanti ad una diagnosi di infertilità.
Ho imparato che, ogni tanto, ridere delle proprie disgrazie può essere utile per superarle.

E ho capito che, in un modo o nell’altro, io voglio diventare madre.

E’ passato un anno, e io sono ancora al punto di partenza. Quanto ero ingenua, un anno fa! Ero talmente cieca davanti alla realtà e piena di speranza da credere che, in pochi mesi, la PMA avrebbe regalato a me e Marito il dono più grande… Mi dicevo che non era possibile che noi non potessimo avere figli, che la Natura si era sbagliata, che non avremmo dovuto soffrire tanto a lungo… E, invece… Eccomi qui. Ancora qui.
Di nuovo a sperare. Di nuovo a lottare. Senza aver ottenuto nulla, se non tanto, ulteriore dolore.

Ho fatto il transfer giovedì. Mi hanno trasferito due embrioni. Purtroppo ne hanno dovuti scongelare quattro, perché due sono morti subito.
Il transfer non è stato facile. La prima volta non avevo provato alcun dolore, questa volta invece ho sofferto molto. Devo dire che la ginecologa non è stata molto delicata. Mi ha inserito lo speculum con la gentilezza di un elefante. Ho subito urlato per il male, e mi son irrigidita tutta. Cercavo in tutti i modi di rilassarmi, ma non ci riuscivo!
Ha dovuto persino usare le pinze per trovare il collo dell’utero… Io, che da sdraiata non vedevo cosa stesse accadendo, sentivo degli strani rumori e credevo si trattasse di forbici…! Meno male che l’infermiera mi ha rassicurata spiegandomi che si trattava solo di pinze. Ho sentito gli stessi dolori che provo dopo il pick up, che poi sono come dei dolori mestruali fortissimi… Meno male che è durato solo pochi minuti, durante i quali mi sono fatta però compatire per bene, piangendo e praticamente spaccando la mano dell’infermiera…

E’ da giovedì pomeriggio che vivo tra divano e cibo… Non ho voglia di far niente, ho sempre sonno, anche se a volte mi costringo ad alzarmi perché stare troppo ferma non va bene, il sangue non circola! Mi hanno consigliato di fare delle passeggiate e mi hanno detto che potevo andare a lavorare, dato che faccio l’impiegata, ma io ho preferito mettermi in malattia per due settimane.

Mi sento una stupida. Sto attenta ad ogni movimento, quando salgo o scendo le scale lo faccio a passo di lumaca, Marito non mi lascia neppure apparecchiare la tavola per timore che mi stanchi troppo…!
E io non faccio altro che pensare… E se stessi facendo tutto questo per niente? E se andasse male anche stavolta e mi sentissi una deficiente totale per aver vissuto due settimane come una malata?
Ma non è veramente questo a impensierirmi…
Io ho paura.
Ho il terrore che vada male. Ho il terrore di vedere il test di gravidanza negativo. E ho pure il terrore di vederlo positivo, perché potrebbe succedere come l’altra volta…

E poi… Non so se è a causa del Progynova, del Progesterone, della solitudine forzata o dell’astinenza dal fumo e dall’alcool, ma è da due giorni che mi sento perennemente sull’orlo di una crisi di nervi, comincio ad urlare ed inveire senza motivo, mi viene sempre voglia di piangere e urlare.

Forse è solo la paura.

Farò il test il 22 gennaio, in anticipo di due giorni rispetto a quello che mi ha detto il centro, tanto si dovrebbe già vedere un risultato positivo.

Questi giorni sono lunghissimi. Noiosi. E vuoti. Spero che un giorno ricorderò questi giorni come fantastici. Spero che un giorno riderò ripensandomi sul divano a strafogarmi di cibo per alleviare la malinconia, e dirò: “E’ in quei giorni che è iniziata la vita di mio figlio!”

Speriamo.

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Organizzazione post transfer

homer_sleepingImmagine presa dal Web

Sabato ho fatto l’ecografia.
Il mio endometrio era spesso 8,6 mm. Urrà!

Domani la dottoressa vuole visitarmi di nuovo e, se sarà cresciuto oltre ai 10 mm, potrò fare il criotransfer mercoledì o giovedì (speriamo mercoledì, non ne posso più di aspettare!).

Come al solito starò a casa almeno due settimane in malattia. E, dato che io guardo sempre avanti, ho già iniziato a programmare il riposo post transfer.

Questa volta, per stare sul sicuro, Marito non ha intenzione di lasciarmi uscire dal letto almeno per qualche giorno, per evitare che debba fare le scale, e mi ha raccomandato di tenermi lontano dai cani, perché non vuole che mi saltino addosso. In realtà le nostre adorate bimbe pelose non mi saltano mai addosso, tranne quando gioco con il Playstation move (soprattutto quando gioco a tennis, non capiscono perché mi agiti tanto) o quando sono io stessa ad incitarle perché ho voglia di ballare con loro (…).

Credo che Marito sia convinto che le nostre cagnoline abbiano intenzione di boicottare una possibile gravidanza perché vogliono restare le uniche “bambine” di casa…

In tutti i modi, sia che io rimanga sul letto o mi trasferisca sul divano, ho intenzione di rimanere in posizione orizzontale il più a lungo possibile, perciò ho assolutamente bisogno di pensare a qualcosa da fare per distrarmi durante il riposo forzato, per non rischiare di impazzire.

Ecco il mio programma:

– Finire di leggere “Il manoscritto ritrovato ad Accra” di P. Coelho

– Rileggere “L’idiota” di Dostoevskij (l’ho dovuto cercare su Google per scriverlo correttamente…)

– Leggere “Fosse ‘a Madonna!” di De Crescenzo

– Leggere “A tale of two cities” (sì, in inglese) di Dickens

– Guardare tutte le stagioni di “Nip/Tuck”

– Guardare “Eli Stone”

– Guardare la quarta stagione di “Misfits” (un telefilm inglese)

– Guardare qualche bel film in streaming noleggiato sui viaggi nel tempo, che mi piacciono tanto

– Riguardare per l’ennesima volta la trilogia de “Il Signore degli Anelli” senza alcuna pausa tra un film e l’altro (alla fine crederò di essere Arwen e mi metterò a parlare in elfico)

– Giocare a The Sims 3 e fare tanto fiki fiki (oh, almeno quello virtuale posso farlo)

– Terminare la revisione del mio romanzo e trovare degli editori a cui inviarlo

– Scrivere tante belle deprimenti poesie su quanto è deprimente non riuscire a diventare madre (sì, è uno dei miei passatempi preferiti)

– Terminare il collage di foto dei miei bimbi pelosi che avevo iniziato a fare durante il primo post – transfer per il futuro bimbo

Direi che di cose da fare ne ho… Penso che niente potrà distrarmi dall’ansia per il responso del test di gravidanza, né alleviare la mia paura di un altro fallimento, ma cercherò in tutti i modi di vivere questo riposo forzato nel modo più sereno possibile. Ne approfitterò per riprendermi un po’ da questo periodo stressante e fare tutte quelle cose che mi piacciono e che, causa lavoro, non riesco mai a fare.

Suppongo che la prossima volta che scriverò sul blog sarò “in cova”…

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Il transfer e la cova


Ciao a tutte! Dopo due giorni di letto-divano-frigo-divano, finalmente ho ritrovato le energie per scrivere qualcosa.

Come già annunciato, giovedì mattina sono andata al centro PMA per affrontare uno degli ultimi passi di questo percorso: il transfer!

Devo dire che, rispetto al pick up, il transfer è stato una vera e propria passeggiata. Non ho urlato neppure una volta! Ma ammetto che la mia condizione psicologica era diversa… Lunedì ero ormai fuori di melone a causa degli ormoni, avevo una terribile paura che qualcosa potesse andare storto, e la pancia mi faceva male ancora prima di iniziare… Giovedì finalmente mi ero sgonfiata, il mio umore era tornato più o meno normale, ed ero un tripudio di speranza e felicità!

Non mi hanno fatto alcuna anestesia questa volta, e in effetti non sarebbe neanche servita. Il tutto è durato cinque minuti, forse meno. Mi hanno portato nella sala operatoria e come al solito mi sono messa a gambe all’aria (e pensare che fino a qualche anno fa mi vergognavo ad andare dalla ginecologa!), mi hanno inserito quel magnifico aggeggio che si chiama speculum, e una volta che la ginecologa era pronta si è fatta passare il catetere con dentro i miei futuri bimbi dalla biologa… In pochi secondi l’ha inserito, l’ha sfilato e tutto era finito. Non mi sono accorta di nulla!

Ho riposato per un’oretta, poi mi hanno lasciata andare a casa (non senza prima aver pagato la parcella – ecco, quello è stato il momento più brutto della giornata!!) con la raccomandazione di non fare sforzi, di non fare ginnastica, di non avere rapporti sessuali, di non salire/scendere le scale di corsa, di non fumare né bere alcolici e di bere molto Gatorade. Per il resto, mi hanno assicurato che posso fare una vita assolutamente normale, compreso andare a lavorare (perché il mio è un lavoro sedentario, se fosse un impiego faticoso ovviamente dovrei stare a casa).

Lo sottolineo perché, leggendo su internet o ascoltando altre donne, ho capito che è molto diffuso il mito che il riposo assoluto dovrebbe aiutare l’attecchimento dell’embrione. Non è così! Anzi, è importante muoversi un pochino in modo che il sangue circoli (cosa importantissima per l’attecchimento).

Molte donne hanno persino paura a ridere, starnutire o fare la pipì temendo che gli embrioni possano uscire (?!). Per favore, non credete a queste fandonie!

Io ho deciso ugualmente di stare per 15 giorni a casa dal lavoro, prima di tutto perché lavoro in un ambiente molto stressante da un punto di vista psicologico e in questo periodo ho bisogno di “covare” tranquillamente, e in secondo luogo perché penso di meritarmi un po’ di riposo!

Negli ultimi due giorni non mi sono mossa molto (anzi…), ho praticamente dormito perennemente, ma probabilmente avevo tanta stanchezza mentale e fisica arretrata… Oggi sicuramente uscirò per fare una bella passeggiata. Il sabato sarebbe il giorno delle pulizie di casa, ma visto che non posso fare sforzi ho già avvertito Marito che oggi sarà il mio schiavo!

Le due settimane di riposo dopo la fecondazione assistita sono previste dall’INPS, quindi il medico di famiglia non può opporsi ed è obbligato a fare il certificato (riporto il paragrafo nel caso in cui serva a qualcuno):

PROCREAZIONE ASSISTITA

 

la procreazione assistita se certificata, per le giornate di ricovero e quelle successive alla dimissione (massimo 2 settimane), in fattispecie particolari, per le giornate antecedenti la fecondazione (massimo 1 settimana) e in caso di prelievo di spermatozoi, al lavoratore, un congruo periodo (circa 10 giorni). (msg. 7412 del 3.3.05)

In tutti i modi, da giovedì pomeriggio sono in malattia, e rimarrò a casa fino al 29 giugno.

Il 28 giugno, ovvero 14 giorni esatti dopo il transfer, dovrò fare le analisi delle beta per scoprire se sono incinta… Oppure no. Anche se il risultato dovesse essere positivo, non potremo ancora festeggiare, perché dovrò continuare a fare le analisi a giorni alterni per vedere se le beta crescono in maniera normale… Insomma, secondo me per festeggiare dovremo aspettare che sia nato, anche perché neppure il traguardo del terzo mese può essere considerato sicuro, l’imprevisto è sempre in agguato!

Insomma, ogni traguardo rappresenta un punto di partenza, ogni successo è un un nuovo inizio. Non si può mai stare in pace, non si può mai smettere di combattere!

Devo ammettere che né io né Marito credevamo realmente che saremmo riusciti ad arrivare fin qui, perciò… Siamo già stati molto fortunati.

Ora non ci resta che covare… E sperare.

Immagine da http://ww2.raccontidifata.com/