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Il bimbo portafortuna

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Quest’anno ho fatto pochissimi regali di Natale. Per fortuna sono riuscita ad evitare tutti i vari aperitivi pre-feste, non mi sono scambiata auguri falsi con persone che non vedo mai e non ho dovuto né fare regali a persone che a malapena conosco, né riceverne da gente che si ricorda di me solo a dicembre. Perciò, tutti i pochi regali che ho fatto/ricevuto, sono doni che vengono veramente dal cuore.

Per la prima volta io e Marito non ci siamo scambiati regali. Abbiamo deciso di risparmiare per la PMA. Un figlio è l’unico vero regalo che desideriamo ricevere.

Quello che vedete nella foto qua sopra è il regalo più bello che ho ricevuto, anche se non era avvolto in una luccicante carta natalizia e chi me l’ha dato non ha speso un euro per comprarlo.

La sera della Vigilia sono andata a trovare i miei nonni paterni insieme a Marito. Ad un tratto, mentre chiacchieravamo tutti insieme davanti ad un bicchiere di spumante, mia nonna mi ha pregato di seguirla. Mi ha portato in bagno e ha chiuso la porta, dicendo che doveva darmi una cosa.
Si è messa a frugare in tutti i cassetti dove tiene le spazzole, bigodini e creme varie. Ero incuriosita, mi chiedevo come mai avesse nascosto il suo regalo proprio in bagno. Ero convinta che volesse darmi dei soldi, e che magari non desiderasse che gli altri vedessero, anche se non ne capivo il motivo.

Ad un certo punto il suo sguardo si è illuminato. “Ah! Eccolo qua!” ha esclamato.
Mi ha preso la mano e mi ha messo sul palmo questo strano e vecchio pupazzetto di plastica. Un bambino senza braccia né gambe.
Il mio primo pensiero è stato: Ma che cavolo è questo coso tanto macabro?! La nonna è impazzita!
Il mio sguardo doveva essere veramente stupito, perché lei si è messa a ridere, forse anche un po’ imbarazzata.
Sussurrando, mi ha detto: “Ho trovato questo pupazzetto tanti anni fa in mezzo ad un bosco, in Svizzera… Poco tempo dopo sono rimasta incinta. Poi l’ho dato ad una mia amica e… Tempo qualche mese, e anche lei ha avuto un bambino! Ora lo regalo a te, magari ti porta fortuna!”

Io non sono superstiziosa. Non credo agli amuleti, non credo alla fortuna né alla sfortuna. Credo solo in Dio, e nel caos in cui ci fa vivere in questo mondo terreno, per quale motivo solo Lui sa. Eppure in quel momento anche il mio cuore si è illuminato, proprio come lo sguardo di mia nonna. Nessuno ha mai avuto un pensiero tanto dolce per me! Come sarebbe stato bello se fosse stata mia madre a fare un gesto del genere!
Non sapevo cosa dire, ero commossa, così ho ripetuto “grazie” mille volte e poi timidamente l’ho abbracciata e le ho dato un bacio. Io faccio molta fatica ad esprimere i sentimenti, soprattutto fisicamente, ma in quel momento non ho avuto alcuna esitazione. Non c’era nient’altro da fare, nient’altro da dire.

La notte della Vigilia l’ho passata insieme a Marito. Solo noi due e le nostre cagnolone. La nostra famiglia. Quanto sarebbe stato bello se ci fosse stato un bimbo insieme a noi, o se almeno io avessi avuto un bel pancione da accarezzare, un bel pancione su cui riversare le nostre speranze…
Nonostante questo, dopo la visita ai miei nonni all’improvviso mi sentivo avvolta dalla magia del Natale, e così abbiamo allestito in fretta e furia un piccolo alberello e un presepe, dentro cui ho messo anche il bimbo portafortuna. Abbiamo cucinato e cenato insieme, ed è stato bello. Verso le 23 siamo andati in centro, ci siamo bevuti un bicchiere (a dire il vero più di uno) nell’unico bar aperto e poi siamo andati alla Messa di mezzanotte. Purtroppo la chiesa dove voleva andare Marito era chiusa, perciò siamo andati in un’altra. Era bellissima. Se davanti a me non avessi avuto una signora di mezza età ricoperta da non so quanti cadaveri di visoni, mi sarei goduta la Messa molto di più. Le parole con cui il prete ha esordito mi hanno lasciata di stucco…
“Questa è una Messa che qualcuno di voi ha aspettato a lungo…”
Sembrava che stesse parlando proprio con me!

Purtroppo la sua omelia non mi è piaciuta molto… Praticamente ha fatto solo una parafrasi del passo del Vangelo che era appena stato letto, sinceramente mi aspettavo qualcosa di più per la Messa di Natale (considerando anche che molte persone vanno in chiesa solo quel giorno, un prete ha il dovere di coinvolgerle, di far capire loro che vale la pena andarci molto più spesso).
Un tempo andavo sempre in chiesa, e ho capito che sono pochi i sacerdoti capaci di parlare alla gente. Non ho sentito quella magia, quel calore che speravo di ritrovare… Perciò, nonostante la bellezza di quel luogo, credo che non sarà quella la chiesa dove potrò riavvicinarmi alla religione, dove io e Marito ci sposeremo e dove il nostro bimbo sarà battezzato. Ma non mi arrendo mica, eh!
Marito era molto entusiasta per il fatto di essere andato a Messa con sua moglie per la prima volta in otto anni che stiamo insieme. Ed è d’accordo con me sul cercare un luogo che coinvolga entrambi per cominciare insieme questo nuovo percorso.

Anche la PMA non è andata bene la prima volta, ma questo non significa che bisogna arrendersi, no?

E per concludere questo post pieno di speranza, vi annuncio con gaudio che il giorno di S. Stefano le Malefiche hanno deciso di farmi finalmente visita. Il giorno stesso ho iniziato la terapia, due compresse di Progynova al mattino e due alla sera. Questo sabato ho appuntamento presso il centro PMA per fare l’ecografia e vedere se sono pronta per il criotransfer. Spero vivamente di sì, non ne posso più di aspettare e inoltre anche questi ormoni stanno avendo un effetto devastante sul mio umore…

Quindi, se tutto va bene… Tra pochi giorni ci siamo!
Il mio corpo è pronto ad accogliere di nuovo quei bellissimi puntini luminosi, e il mio cuore pronto di nuovo a sperare. Saranno giorni duri, lunghi, che forse mi porteranno finalmente alla realizzazione del mio sogno, oppure ad un altro fallimento, o ad un’effimera illusione.
Devo cercare di tenere i piedi per terra, ma non posso che sperare che il 2013 sia l’anno in cui i sogni diventano realtà.

E lo auguro anche a tutti voi.

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La magia del Natale (ehy, mi sa che mi sposo di nuovo!)

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Foto (c) Anne Geddess (presa dal Web)

Quest’anno non sento la magia del Natale.
In realtà è da molto tempo che non riesco più a sentirla. Come vi ho già detto, tutto mi disgusta di queste feste: la gente che non fa altro che parlare di cibo, gli auguri falsi, i supermercati affollati, i centri commerciali pieni di gente agitata, il fatto che tutti si siano dimenticati il vero significato di questa festa…

Ho amici che si professano atei che aspettano con trepidazione questa festa. Preciso che questi amici sono migliori di tanti “cattolici” (o almeno, che si professano tali) che io conosca. Eppure mi indispettisce il fatto che amino tanto il Natale. Dalla religione prendono solamente quello che fa comodo a loro. Ovvero il cibo, i regali, il divertimento. Eh, no, cari miei, questa non è coerenza. A casa mia si chiama opportunismo. E che non mi vengano a dire che ormai il Natale è diventato la festa dell’amore e della famiglia… Perché tanto lo sanno tutti che a Natale nessuno è davvero più buono (dare dieci euro ad un’associazione a caso non significa essere “buoni”), e che quello che interessa davvero è stare a casa dal lavoro e fare baldoria.
Oh, da quando è iniziata l’euforia pre-natalizia attorno a me non ho ancora sentito nessuno pronunciare il nome di Gesù Cristo… Le uniche parole che sento sono “corsa per i regali”, “ricette per la vigilia”, “addobbi”, ecc. ecc. Mah.

Da piccola amavo il Natale, e tutto il periodo che lo precedeva. Mia mamma si travestiva da Santa Lucia (e io non avevo la minima idea che fosse lei!) e riempiva la casa di regalini che io poi dovevo cercare. Non erano tanto i regali ad interessarmi, ma la magia, la sorpresa, quella sensazione di essere speciale. Il 25 dicembre pranzavo con i miei genitori, mia nonna e la mia bisnonna… Era bello. Mia mamma non era ancora così fuori di testa, mia nonna era in salute, la mia bisnonna ancora viva (la sua morte, avvenuta quando avevo quindici anni, mi ha fatto molto male).

Negli ultimi anni il Natale si è fatto sempre più triste, e non soltanto perché mi sono accorta di tutta l’ipocrisia e la falsità che lo circonda, ma anche perché la mia famiglia si è divisa sempre di più. E questo periodo è ancora più malinconico da quando aspetto di poterlo festeggiare con un bimbo che non ne vuole sapere di arrivare, con un bimbo che, forse, mi potrebbe far riscoprire la magia del Natale.

In questi ultimi mesi, nonostante la rabbia e la tristezza, è cresciuto in me il desiderio di riscoprire la fede. Anche se io spesso litigo con Dio, lo accuso di volermi male, io so che Lui c’è e che, forse, soffre insieme a me per il mio dolore, così come soffre insieme a tutti noi.
Tante volte mi sono detta che, magari, riavvicinandomi alla religione, avrei potuto trovare un po’ di pace.
Finora non l’ho fatto. Mi sono sempre detta che non serve andare in chiesa alla domenica o sposarsi davanti ad un prete per essere brave persone, per rendere Dio orgogliosi di noi. Anche se a volte fallisco, io cerco sempre di vivere la vita con amore, aiutando il prossimo, donando un sorriso o una mano a chi ne ha bisogno. Tanti cattolici praticanti non lo fanno…
Inoltre, sono molte le posizioni della Chiesa sulle quali non sono d’accordo. L’aborto, l’eutanasia, il divorzio, l’odio per i diversi (omosessuali, lesbiche, persone di altre religioni) l’indifferenza verso gli animali, la fecondazione assistita (!), tanto per citarne alcune.
Ok, posso capire che la Chiesa si schieri contro l’aborto. Ma non mi piace il modo in cui lo fa. Perché proibire l’uso di contraccettivi, pur sapendo che non tutti possono permettersi di avere cinque o sei figli, che pretendere l’astensione dal sesso è impossibile e che esistono delle malattie sessualmente trasmissibili dalle quali il preservativo può proteggere?

Da quando è morto Zymil penso sempre di più a Dio. Che ci posso fare, sembra una cosa stupida, ma dentro di me penso che forse il mio micio è morto per qualcosa di molto importante… Per farmi riavvicinare a Lui.

E’ da quel giorno che penso assiduamente che, per rendere più significativo questo triste Natale, mi sarebbe piaciuto tornare in Chiesa proprio per il 25 dicembre. Solo che mi vergognavo a dirlo a Marito. E’ da anni che offendo la Chiesa, come potevo dirgli una cosa simile? Ma il fatto è che, anche se mi ritengo in grande disaccordo con le posizioni del Papa e di molti cattolici, io sono una figlia di Dio come tutti gli esseri di questo mondo, e ritengo di avere il diritto di entrare in una chiesa proprio come tutti gli altri. E penso di avere pure il diritto di esprimerlo, il mio disaccordo. Anch’io faccio parte della Chiesa. Non valgo meno delle donne impellicciate e ingioiellate che vanno a Messa per farsi vedere, o dei cattolici che offendono il prossimo e poi vanno a confessarsi, pensando così di essere a posto. Non penso di certo che per riavvicinarmi a Dio mi serva entrare in una Chiesa… Dio è nella persona che sta male che ascoltiamo e aiutiamo, è nell’animale ferito che curiamo, è nel marito che amiamo, è negli amici a cui vogliamo bene.
E’ ovunque. E’ in noi e, soprattutto, nel prossimo. Però… Però non posso fare a meno di pensare che, oltre ad onorare il Suo nome nelle azioni quotidiane, sarebbe bello farlo anche in un luogo sacro.

Ho esitato per giorni e giorni sul da farsi. Cercavo il momento buono per rendere partecipe Marito della mia decisione, senza mai trovarlo.
E poi… Beh, forse il Natale è davvero magico, perché proprio ieri sera, mentre cenavamo, Marito mi ha detto che gli piacerebbe andare a Messa domani a mezzanotte.
“Te lo volevo chiedere proprio io!” ho esclamato, sorpresa e felice.
Non so bene perché Marito me l’abbia chiesto, dato che lui non va a Messa da persino più tempo di me, ed ero talmente euforica che non gliel’ho chiesto.
Lui vorrebbe tornare nella chiesa dove faceva il chierichetto da bambino, mentre io vorrei andare in una chiesa famosa in città perché il prete, don S., è un simpatizzante di sinistra-animalista particolarmente antipatico alla curia (ma molto amato dai suoi fedeli). Fuori da questa chiesa sono sempre esposte bandiere della pace e cartelloni con scritte frasi bellissime… E’ un luogo che mi ha sempre affascinato, ma dove non sono mai entrata. Penso che per questa volta accontenterò Marito, ma gli ho fatto promettere che andremo a sentire anche una Messa di don S.
E poi, presa dall’euforia (e dal vino che avevo bevuto – sì, ultimamente bevo un po’ troppo), gli ho detto che sarebbe bellissimo se ci sposassimo anche in chiesa (noi abbiamo fatto solo il rito civile). Le cose sono andate proprio come durante la prima proposta di matrimonio…
Io esclamavo, tutta esaltata: “Dai, sposiamoci!”, mentre Marito sgranava gli occhi e, pallido in volto (forse al pensiero di altri preparativi), bofonchiava: “Sì, vediamo…”
Marito vorrebbe aspettare di avere un bambino/a (…) per sposarci in chiesa, e magari fargli/le fare pure il paggetto/damina… Ovviamente per programmare il tutto voglio aspettare di vedere come va il prossimo transfer… E anche vedere che effetto mi fa rimettere piede in una chiesa. Questa volta non voglio un abito principesco, né addobbi particolari o una gran festa, abbiamo già avuto tutto questo l’anno scorso, quando ci siamo sposati in Comune. Vorrei fare qualcosa di significativo, di veramente religioso. Un abito semplice, niente regali ma donazioni in beneficenza, un pranzo a casa con le persone più intime. E penso che sarebbe meraviglioso far coincidere il giorno del nostro matrimonio con il battesimo del nostro bimbo/a…

Non abbiamo messo alcun addobbo in casa, non ci faremo regali, ma io non vedo l’ora che sia domani notte… E non per mangiare come un porco o per vedere se ho ricevuto la borsetta da mille euro che avevo adocchiato, ma per ritrovare la MAGIA e la SPERANZA… Forse potrebbe essere davvero un buon Natale, nonostante tutto.

Auguri a tutti voi. E questi non sono auguri pieni di ipocrisia, badate bene, perché le persone che in questi mesi sono passate su questo blog sono tra le poche che hanno saputo donarmi un po’ di conforto. Domani pregherò per tutti i bimbi che ci aspettano da tanto tempo, per le vite che ci hanno lasciato, per i puntini luminosi svaniti nel nulla, per la speranza che non dobbiamo mai perdere.

Buon Natale a tutti.

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L’alchimista, maternità, pma, adozione, destino… E altri pensieri random

Avete mai letto “L’Alchimista” di Paulo Coelho? E’ uno dei miei libri preferiti. E’ strano. Proprio io che sono così cupa, drammatica, complicata, ho amato un romanzo tanto semplice e delicato, come un favola. In questa storia l’autore ci insegna che nulla accade per caso e che, se impariamo ad ascoltare il nostro cuore, riusciremo a compiere la nostra leggenda personale. Ogni volta che mi trovo in difficoltà, io ripenso al pastore Santiago.

Nella mia vita ho dovuto combattere contro tanti momenti bui, forse anche troppi. Non sono mai riuscita a dare una spiegazione ai drammi che ho dovuto affrontare (perché proprio a me? Cos’ho fatto di male? Perché Dio mi odia?), ma ogni volta il dolore mi ha portato verso qualcosa di bello. E così ho cominciato a pensare che tutte le cose brutte che mi sono capitate fossero non delle punizioni, ma dei doni, perché mi hanno permesso di diventare più forte e di ottenere la vita che desideravo.

Quando ho scoperto che io e Marito non potevamo avere figli, per un attimo mi sono sentita precipitare in un baratro. Tutto quello che a fatica ho conquistato – l’amore, la casa, il lavoro, gli amici – non è certamente qualcosa di scontato. Ma un figlio… Per avere un figlio non servono grandi qualità. Bastano un uomo e una donna che fanno sesso. Non serve neppure il sentimento. Tutti riescono ad avere figli. Ma noi no.
Belen (una che è famosa per il suo culo ed è stata con Fabrizio Corona, e solo per questo dalla vita non merita nulla) aspetta un figlio da un uomo (uomo? Ragazzino!) che ha fregato ad un’altra. Probabilmente tra pochi mesi si molleranno e lei farà ancora più soldi vendendo le prime immagini del suo bambino a Novella 2000. Anche se sarà una madre single non faticherà a trovare un altro compagno.
Raffaella Fico (un’altra che è famosa per cosa? Boh, probabilmente anche lei per il suo culo) aspetta un figlio da un uomo che non si sa neppure bene se sia il vero padre o no. Mentre lui si diverte ad ubriacarsi e a farsi delle bionde a Saint Tropez, lei vende il suo pancione ai giornali di gossip.
Ieri una ragazza di ventuno anni ha partorito due gemelli e ne ha lasciato uno nel cassonetto. Nel cassonetto. (Commento di Marito: proprio ieri ero a Bologna, se lo sapevo lo prendevo su io!).
E potrei andare avanti per ore ad elencare esempi di persone che non meriterebbero nulla, eppure sono state miracolate del grande dono di poter avere un figlio, senza neppure rendersi conto della propria fortuna. E questo mi fa incazzare. Ma incazzare da bestia, eh. Perché noi no?

Con il passare del tempo ho cominciato a pensare che forse c’è un motivo per cui io e Marito dobbiamo affrontare quest’ennesima difficoltà. Forse tutto questo ci renderà più forti. Forse il nostro destino è quello di aspettare e patire tanto perché così è scritto.

Dopo il fallimento del nostro primo tentativo di PMA ho scritto che avrei contattato i servizi sociali per iniziare la pratica di adozione. E così ho fatto. Il primo colloquio è fissato per il 30 luglio. Probabilmente molti di voi hanno pensato che il mio fosse un gesto avventato, dettato dalla rabbia e dall’impazienza, ma… Non è così.

Premetto che l’idea di avere un figlio non è un desiderio recente, né un capriccio. Fin da piccola ho sempre mostrato un forte istinto materno e di protezione nei confronti degli altri bambini. Sono sempre stata più matura dei miei coetanei e, almeno durante gli anni delle elementari, sembravo più grande anche da un punto di vista fisico. Ero più alta e più forte persino dei maschietti (la mia crescita si è fermata a undici anni, quando sono diventata signorina, ed ora sono una tappa di un metro e 63…). Mi veniva naturale proteggere le mie amichette dai dispetti dei maschietti, dare loro consigli, coccolarle proprio come farebbe una madre. Verso i sedici anni sono diventata consapevole del mio desiderio di maternità. Da brava adolescente tormentata e cupa credevo che non avrei mai trovato un uomo che mi amasse, perciò immaginavo già che dieci anni dopo o giù di lì mi sarei dovuta rivolgere ad una banca del seme e sarei diventata una mamma single. Ora che ci penso, forse sono dotata di un sesto senso, visto che in effetti, proprio dieci anni dopo, mi sono sottoposta alla fecondazione assistita… O__o Ma non divaghiamo.

Qualche anno fa ho cominciato a pensare che mettere al mondo un figlio fosse un desiderio egoistico. Proprio così.  “Ci sono tanti bambini orfani,” mi dicevo, “che senso ha dare alla luce un altro bambino? Non sarebbe meglio dare prima una famiglia a chi non ce l’ha?”

Crescendo e diventando donna, però, ho cominciato a desiderare di avere un figlio biologico, un figlio tutto mio. Non mi vergogno per questo, è un istinto naturale, è quello che ha permesso al genere umano di continuare ad esistere.

Il sogno di adottare, però, non mi ha mai abbandonata. Negli ultimi tempi, ben prima della PMA fallita, ho cominciato a pensare che, forse, fosse proprio questa la nostra strada. L’adozione. Forse proprio per questa mia grande sensibilità ed empatia il Signore desidera che noi adottiamo un bimbo. Perché noi ne siamo capaci. Forse la nostra sterilità è un segno del destino… E non sarebbe un brutto destino, anzi…!

Questo pensiero mi rende serena. Ho già affrontato tante cose brutte per poi ritrovarmi tra le mani qualcosa di bello, forse questa è l’ennesima prova che dobbiamo superare per raggiungere la felicità.

A volte, però, questa sicurezza mi abbandona. Mi piace pensare che ci sia una spiegazione a tutto, che il dolore non sia una punizione, ma un segno, una prova, però… A volte penso che le nostre vite siano dominate dal caos. Se davvero tutto avesse un senso, se davvero ci fosse un destino, perché esistono bambini che nascono nei Paesi del Terzo Mondo e sono condannati a morire senza neppure avere la possibilità di combattere? Perché ci sono bambini che vengono maltrattati fin da piccoli e condannati a diventare criminali, o rimanere traumatizzati per la vita? Perché ci sono persone tanto buone a cui viene diagnosticato un male incurabile e altre egoiste, stupide, maligne che vivono un’esistenza da favola e ottengono tutto ciò che desiderano?

Tutto questo ha un senso? No. E allora perché le nostre difficoltà dovrebbero averlo?

Talvolta penso che non esista alcun destino, alcun segno divino, che non ci sia nessuna prova da superare, niente da dimostrare.

A volte penso che Dio, o chi per lui, sia un mero spettatore del nostro dolore. Che non intervenga per darci dei segnali. Penso che tutto sia nelle mani del caos.

E il caos mi fa paura.

Io DEVO pensare che prima o poi troverò il mio cammino, che tutto questo dolore significhi qualcosa, che alla fine della sofferenza ci sia la felicità… Perché, se così non fosse, vorrebbe dire che ci sono buone probabilità che io non troverò mai la mia felicità, che non sarò mai madre, anche se me lo merito (perché so di meritarmelo), anche se potrei donare una vita felice ad una piccola creatura, perché il mondo è dominato dal caos, e il caos non guarda in faccia nessuno.

Non ho mai creduto alla fortuna e alla sfortuna, ma soltanto al destino e a Dio. Ora la mia fede comincia a sgretolarsi. E questo è peggio di qualsiasi diagnosi di sterilità.