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La Diana sulla Luna

Possiedo la capacità, che in tante occasioni della vita mi ha salvato dalla follia, di riuscire a chiudere a chiave in un cassetto della memoria i ricordi più dolorosi.

E poi di scordarmi volontariamente del luogo in cui ho riposto la chiave, in modo che non possa riaprire mai più quel cassetto.

E poi ci sono ricordi che, semplicemente, sono così ingombranti da non riuscire a chiuderli da nessuna parte, e forse non vuoi neppure farlo. Perché, in fondo, quel dolore ti ricorda anche la felicità che l’ha preceduto.

Oggi, 8 novembre 2020, è passato un anno esatto da quando Diana se n’è andata… Sì, era “solo” un cane agli occhi del mondo, ma, nella mia vita, rappresentava molto di più.

Anche se non vorrei, ricordo alla perfezione ogni dettaglio di quella giornata terribile.

L’immagine che mi viene subito alla mente quando ripenso a quei momenti è il modo in cui ho spazzolato il pelo della mia cagnolona, dopo che il veterinario aveva eseguito l’eutanasia. Il suo spirito non c’era più, il suo corpo immobile, eppure io mi sono messa a spazzolarla, da sola, nello studio del veterinario avvolto da silenzio.

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Mentre ti aspetto… Scrivo

In questi mesi in cui la vita di molti di noi è rimasta immobile, la mia è trascorsa anche troppo velocemente.

Ho scritto poco in questo periodo, sia pubblicamente che nella mia solitudine; la scrittura è sempre stata il mio modo per analizzare e sfogare la vita, ma a volte si è troppo impegnati a viverla e a capirla per soffermarsi a “pensarla”.

Quando, ormai sei anni fa!, è nato mio figlio, invece, mi sono messa immediatamente all’opera per scrivere la sua storia; desideravo dare un senso al dolore vissuto in anni di lotte contro l’infertilità, metterlo nero su bianco e condividerlo affinché altre donne, madri senza figli come sono stata io, si sentissero meno sole e sperdute. E poi c’è stata la ricerca di un editore, l’impaziente attesa di un riscontro positivo, la partecipazione alle fiere letterarie… L’agognata firma del contratto, l’editing, la realizzazione della copertina…

Nonostante abbia avuto anni per rifletterci, ora che sono davanti al pc mi trovo spiazzata nello scrivere queste parole per presentarvi la mia “creatura”.

Quindi, senza tanti giri di parole, vi annuncio l’uscita del mio libro “Mentre ti aspetto… scrivo (lettera di una madre senza figli)” con Argento Vivo Edizioni

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Non aspetto più.

10802454_1403443943279647_633382706_nFinalmente posso darvi la notizia che non vedevo l’ora di annunciare. 
Roberto è nato sabato 29 novembre 2014 alle h. 15.10 con taglio cesareo dopo due giorni e mezzo di travaglio.
Un parto dolorosissimo ampiamente ricompensato da 3.530 gr per 51 cm di pura bellezza!

Vi lascio con una lettera che ho scritto per il mio piccolo grande miracolo.

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SINDROME POST – PMA (Storia di un’infertilità)

Non mi sento una normale donna “in attesa”.

Non mi piace parlare della mia gravidanza o di tipiche questioni da donna incinta – dolori alla schiena, abiti prémaman, corsi di aquagym (nonostante abbia un gran mal di schiena, adori comprare abiti prémaman e abbia intenzione di iscrivermi in piscina).

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Siamo a metà!

Noi donne PMA siamo abituate a cercare su internet ogni risposta ai nostri dubbi, quando ci vergogniamo di chiedere consiglio al medico (perché, in fondo in fondo, sappiamo che spesso si tratta di domande stupide!) oppure quando certe paranoie ci assalgono in orari strambi, in cui non è possibile telefonare a chi di dovere.

Veniamo investite dal desiderio irrefrenabile di trovare conforto e soluzioni su internet soprattutto durante il periodo post transfer.

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Il suono più bello del mondo

Circa tre settimane fa, da un giorno all’altro, mi è venuta l’irrefrenabile voglia di comprare AngelSounds (“Cuore di bimbo”, così si chiama la versione italiana).

Sapete, quel doppler per uso casalingo che serve per ascoltare il battito fetale. Soprannominato “figata pazzesca”.

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Dall’altra parte

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Sedici settimane e un giorno. Questo è il tempo finora trascorso dall’inizio della mia gravidanza.
Ogni giorno mi sento più… Incinta.
Il tempo passa, tutto sembra andare per il meglio, e la mia ansia si è un pochino placata. O, almeno, è questo che mi ripeto sempre. In realtà, è nella mia natura essere ansiosa, e difficilmente potrò cambiare.

Ogni giorno mi sento più… Normale. Come una qualsiasi altra donna con il pancione. O quasi.

La mia, però, non è una gravidanza normale. Non la può essere, per ovvi motivi.

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Il primo traguardo

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Un bel selfie al pancino!

Tredici + uno.
Oggi termina ufficialmente il primo trimestre, almeno stando a quanto dicono le tabelle trovate su internet che ho consultato per capire la corrispondenza tra settimane e mesi di gravidanza. Tabelle che, con mio grande disappunto, Marito continua a non comprendere!
Insomma, manco io capisco perché in gravidanza un trimestre debba durare più di dodici settimane, ma, se così è, facciamocene una ragione.

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E oggi è un po’ anche la mia festa

Buona festa della Mamma
alle donne che hanno partorito con dolore
a quelle che hanno trovato un figlio in un luogo lontano
alle mamme di pancia e a quelle di cuore.
Auguri a coloro che ancora madri non sono
ma inseguono questo sogno con tutte le loro forze
tra assistenti sociali e aule di tribunale
tra medici e provette
o semplicemente in un caldo letto…
Auguri alle future mamme
soprattutto a quelle che hanno imparato
cosa vuol dire la parola “attesa”
e ne hanno vissuta una ben poco dolce
prima di crescere in grembo
il frutto dell’amore.
Un augurio alle donne
che hanno perso un figlio
affinché la felicità bussi ancora
alla loro porta, questa volta senza ingannarle.
Auguri a tutte le donne
che semplicemente sognano
di diventare un giorno madre…
(Tranne a quella della pubblicità Desigual
e a quelle come lei!).

Avrei tante cose da dire, che non so da dove iniziare. La gioia, la speranza, l’ansia e la paura riempiono il mio cuore tanto che a volte mi sembra di non riuscire a respirare.
A volte ancora tutto questo non mi sembra vero.
Ogni volta che mi trovo uno specchio davanti mi fermo, mi guardo, mi accarezzo la pancia.
Già, la pancia.
La pancia cresce, anche se non al ritmo che vorrei. Che ci posso fare, sono un tipo impaziente!
Sono alla fine del terzo mese e perciò ancora non è un gran pancione, per me si nota palesemente, e non si tratta di allucinazioni perché non mi entra praticamente più nulla del mio guardaroba!
Le persone che mi conoscono, però, tranne quelle che “sanno”, non mi hanno ancora chiesto niente… Sono in quella fase in cui la mia pancia può anche essere confusa per un accumulo di grasso… E, in effetti, pormi la domanda “ma sei incinta?” potrebbe essere ad alto rischio figuradicacca
Considerando anche che dove lavoro le chiacchiere si diffondono in mezza giornata, immagino che siano in molti a sapere delle mie difficoltà a diventare madre, perciò suppongo che sia anche per questo motivo che nessuno si azzarda a pormi LA DOMANDA.
Uffa, per una volta nella vita che vorrei domande a go-go la gente si fa i cavoli suoi…!

E’ maggio ed è la prima volta che non mi preoccupo per la prova costume, anzi, mi auguro che per agosto, mese in cui ho preso ferie, avrò un bel pancione di cui vantarmi e da coccolare al sole.
Negli ultimi anni la Festa della Mamma, insieme al Natale, è stata una delle ricorrenze che mi ha fatto più soffrire.
Quest’anno, per la prima volta, ho ricevuto gli auguri… Beh, a dire il vero nessuno, a parte Marito (su suggerimento di Suocera) mi ha fatto gli auguri, ma va bene così. Non sono gli auguri la cosa importante. Gli unici auguri che contano sono quelli di Sesamino, che per ora, però, non può farmeli.
Ma Sesamino c’è, ed è questo l’importante.
C’è, e io sono una mamma. Una Futura Mamma, se preferite, ma non più una Cercatrice. E questa festa è un po’ anche mia.

Lunedì ho fatto l’ennesima eco, ormai ho perso il conto. La ginecologa mi compatisce, ma penso che si prenda i miei soldi volentieri, e visto che io sono ben felice di investire lo stipendio per calmare la mia ansia, posso dire che siamo tutti soddisfatti.

Sesamino sta bene, cresce alla velocità della luce, le sue dimensioni (quasi 4 cm, ma ormai sarà diventato ancora più grande), sono perfettamente in linea con la settimana in cui mi trovo.

Ogni volta che lo vedo mi meraviglio nel constatare quanto sia cresciuto… Lui è qui, nel mio grembo, si nutre, si sviluppa, vive, cresce! E’ un miracolo, è un bellissimo miracolo.
Lunedì ci ha fatto una bella sorpresa… Mentre la ginecologa faceva l’eco, Sesamino ha iniziato a muoversi… Muoveva le braccia e le gambe come un indemoniato! E’ stato un momento meraviglioso… Era la prima volta che lo vedevamo muoversi! (Secondo me l’abbiamo svegliato e quello era il suo modo per lamentarsi ih ih).

La ginecologa vorrebbe che tornassi da lei a metà giugno, dopo aver fatto altre analisi del sangue (me le fa fare ogni trenta giorni). Io sono scoppiata a ridere. Come potrei stare per un mese e mezzo senza vedere Sesamino?!
Domani chiamerò la segretaria per prendere appuntamento per la fine della tredicesima settimana. Cioè tra due settimane, o poco meno. Io faccio sempre di testa mia. E faccio bene.

Le Tremende Dodici Settimane stanno per finire. Finiranno esattamente venerdì prossimo. Il rischio di aborto si abbasserà notevolmente, finalmente potremo rilassarci (qualcuno ci crede davvero?), e finalmente Marito mi accompagnerà a comprare qualche abito pre-maman (finora non ha voluto per scaramanzia…) e potrò andare in giro vestita decentemente.

La prossima settimana dovrei ricevere i risultati dell’esame prenatale, e pregando Dio non ci saranno brutte notizie, io spero vivamente che l’unica informazione che attirerà la nostra attenzione sarà il sesso.
Perciò rimanete sintonizzate, tra pochi giorni potremo dare un vero nome a Sesamino!

Il mio sesto senso mi dice che è un maschietto ma, sinceramente, non ho alcuna preferenza, e anche se l’avessi dopo tutto quello che abbiamo passato non penso che oserei mai mettermi a fare discorsi idioti come questo.
Qualcuno ogni tanto mi chiede se vorrei un maschietto o una femminuccia, ogni volta che mi sento porre questa domanda guardo il mio interlocutore con compatimento e non rispondo…

C’è chi dice che devo stare calma, che ora sono una donna incinta come tutte le altre… No, non è vero, non è così. Fisicamente, forse, sì, ma non nell’animo. Io sono consapevole del miracolo che sta accadendo dentro di me. Ne sono consapevole perché ho dovuto lottare, e piangere, e sudare per realizzarlo. Ne sono consapevole e ne sono grata.
E non importa se sarà Roberto o Ginevra, l’importante è che sia sano/a e che io riesca ad essere una buona mamma per dargli/le una vita serena e degna di essere vissuta.

Tutto il resto sono chiacchiere che lascio volentieri a chi ha concepito senza manco volerlo, e che infine dice “ma sì, dai… Lo tengo.”

A presto!

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Dieci anni

C’era una volta un bel ragazzotto di venticinque anni, magro, dallo stile sfattone-chic, con la testa piena di sogni, che cercava una ragazza per una storiella poco seria. La cercò nel luogo più adatto per beccare delle grandi sòle: internet. Tra i profili di MSN, per l’esattezza.

Di tutte le ragazze contattate (ovviamente scelte in base alla grandezza delle tette mostrate nelle foto del profilo), solo una rispose.

Lei aveva diciassette anni ma fingeva di essere maggiorenne, era grassoccia, dallo stile cafon-trash, con una chioma indefinibile. Esattamente l’opposto della foto del profilo che aveva attratto l’incauto internauta dagli ormoni impazziti.
La foto non era quella di una modella o di chissà chi; ritraeva la stessa ragazza pochi anni prima, quando era decisamente più magra.
Una bella foto in riva al mare, posa sirena. Lei, sinceramente, non voleva ingannare nessuno, non sentiva di essere tanto diversa dalla ragazza della foto, ma forse le calorie le avevano offuscato la vista.

Dopo qualche convenevole in chat, Lui e Lei si incontrarono, in un pomeriggio di aprile.
Inizialmente il luogo fissato per l’appuntamento al buio era la piazza centrale della città, ma all’ultimo Lui decise di cambiare. Aveva nasato la sòla e non voleva rischiare di farsi vedere in giro con una budrigona.
Così i due si incontrarono davanti ad un campus universitario totalmente deserto, dato che era sabato e, tra l’altro, la Vigilia di Pasqua. Furbo il ragazzotto!

Quando Lei arrivò, Lui sarebbe voluto scappare, ma non lo fece per educazione. Si strinsero la mano e non potevano sapere che quello sarebbe stato il momento che avrebbe cambiato per sempre le loro vite.

Lui la invitò a salire in macchina per andare a fare un giro, e si meravigliò del fatto che Lei accettasse senza alcuna remora; cavolo, poteva essere un serial killer!
Ma Lei non aveva paura del pericolo: sentiva di non avere molto da perdere. La vita le andava stretta e credeva di non doversi aspettare più niente di bello.
Il viaggio in macchina durò poco, perché si infrattarono subito in un parcheggio dell’università. Dopo qualche convenevole di cui nessuno dei due avrebbe in futuro ricordato i dettagli, si baciarono.
Un bacio, sinceramente, non di certo generato dall’amore, quanto dalla noia della conversazione e dagli ormoni su di giri causa astinenza.

Potrei rendere la storia più romantica parlando di un fantomatico colpo di fulmine, ma… Sarebbe una bugia. E poi, in fondo, ‘ste robe così sdolcinate capitano solo nei film o nei romanzi di Rosamunde Pilcher.

Da quel giorno Lui e Lei continuarono a vedersi. Lei, da brava ragazzina romantica qual era, si innamorò molto presto. Lui non osava ammettere il suo amore, però in fondo, dentro di sé, pensava: “Oltre alla ciccia c’è di più!”

Il primo maggio del 2004 Lui le chiese di mettersi insieme, insomma, di fare coppia fissa.

Dieci anni dopo, Lui e Lei sono ancora insieme. Ora sono marito e moglie.
Voi li conoscete come Eva e Marito.

Il grasso corporeo si è magicamente spostato da Lei a Lui (è il karma, gente), anche se, a causa degli ultimi sviluppi, Lei sta tornando ad essere un tortello che manco sua nonna li fa tanto ripieni. Stavolta, però, non è la ciccia a gonfiarla!

Ha trovato un suo stile, che Lui definirebbe old-chic (da vecchia, insomma), mentre la sua chioma è rimasta sempre indefinibile, un misto tra Justin Bieber-Giovanna d’Arco-Noel Gallagher.
Lui si è trasformato in un fighetto in giacca e cravatta, ma l’animo è sempre lo stesso.

La loro storia non è mai stata facile. Neppure all’inizio. Non hanno mai vissuto su una nuvoletta rosa. Quando erano più giovani amavano sognare, e ci riuscivano, nonostante tutte le difficoltà. Quando si è giovani si pensa di poter fare tutto.
Poi hanno scoperto che non è così.
Hanno scoperto che certi sogni, anche quelli più puri, innocenti e legittimi, possono essere duri da raggiungere, possono distruggerti, abbruttirti, intristirti.

Ma hanno resistito.
Hanno litigato, si sono detti brutte parole, Lui ha dormito spesso sul divano, Lei gli ha dato qualche schiaffo, entrambi hanno spaccato qualche porta e suppellettili vari.

Ora, però, sono felici. Anche se non è ancora una felicità totale, completa, priva di ombre.
Chissà. Forse, quella felicità non esiste neppure.

E’ difficile convivere con una futura mamma paranoica in preda agli ormoni che ha paura persino a salire le scale.
Ed è altrettanto difficile convivere con un marito che, se gli chiedi di comprare il latte e lo shampoo al supermercato, torna a casa con i Kinder cereali e il vino.

Lui, Lei e bimbe pelose tra poco diventeranno Lui, Lei, bimbe pelose + bimbo umano.
E scopriranno quella felicità che sognano da quando erano due ragazzi che, seduti al tavolo di un bar, sfogliavano i volantini delle agenzie immobiliari e sceglievano il nome del loro futuro bambino.

Sono passati dieci anni.

Ho abituato bene Marito.
Gli ho sempre fatto dei bei regali, soprattutto per gli anniversari.
Considero questa data forse addirittura più importante di quella del nostro matrimonio. In fondo, è da quel primo maggio che tutto è iniziato.

Quest’anno avrei voluto fargli un regalo grandioso… Dieci anni non si festeggiano tutti i giorni.
Ma ecco un’altra cosa di questo strano 2014 che sarà diversa da come me l’aspettavo, oltre al fatto che oggi non sarò presente all’unica data italiana del mio cantante preferito.
Quest’anno non ho preparato regali. Mi sarebbe stato un po’ difficile andare a comprare qualcosa, dato che attualmente non sono autonoma dal punto di vista del trasporto e Marito mi deve scarrozzare ovunque.
E poi, diciamolo, ho la testa da un’altra parte.
In fondo, il regalo più bello è proprio qui, dentro di me.

Caro Amorino,
Non so se l’hai capito, ma questa lettera, chiamiamola così, è per te.
No, non ti ho copiato. Avevo questa idea già da diversi giorni. Tu stamattina mi hai fatto trovare una bella letterina scritta a mano.
So che sei allergico a questi nuovi metodi di comunicazione, tanto che quando sei arrabbiato minacci di “taggare” e “twittare” a detra e a manca… Perché non hai idea di cosa significhino questi termini. E quindi li usi a casaccio!
Devi sapere, però, che, al giorno d’oggi, se non spiattelli tutto su internet i tuoi sentimenti non sono reali. Ciò che non è sul web non esiste.

Perciò, visto che noi (r)esistiamo, il nostro amore (r)esiste, e presto esisterà anche il suo frutto…
Voglio dirti davanti a tutti (o, almeno, a chi leggerà ‘sta pappardella), che ti amo e che secondo me sarai un bravissimo papo (anche se non ti informi su internet come me).
E che lo sarai ancora di più se farai come ti dico io 🙂

Spero che leggerai presto questa lettera… O qualsiasi cosa sia. Ultimamente hai cominciato a sbirciare spesso sul mio blog, perciò mi auguro che la troverai senza che ti dia alcun indizio…

Ma, ovviamente, oggi sarà l’unica giornata in cui non passerai di qua e mi toccherà indirizzarti e rovinare la sorpresa…

Il delirio è finito, andiamo a festeggiare!