E’ da tempo che non scrivo sul blog, e non perché non avessi niente da dire. Quest’ultimo periodo è stato particolarmente intenso, pieno di riflessioni, di decisioni, e ci si è messa pure una brutta influenza che mi ha costretta a letto per diversi giorni.
Oggi mi sono ricollegata ad internet e sono rientrata nel magico mondo della sterilità…
Sapevo che dopo il mio ultimo post avrei ricevuto diversi commenti ed e-mail, alcuni piacevoli, altri un po’ meno, alcuni comprensivi, altri insensati.
L’ultima volta ho parlato delle donne che annunciano la propria gravidanza senza curarsi minimamente di farlo con un po’ di tatto… Donne che, oltre che di ormoni, si sentono colme di saggezza, e amano elargire perle del tipo: “Devi crederci… Se ce l’ho fatta io, ce la farai anche tu!”
… Eh no, bella mia… Non funziona così. Tu ce l’hai fatta, ok, brava, clap clap. Ma io, e tutte le altre donne come me, forse non ce la faremo mai.
Ho notato che non sono l’unica a provare una particolare antipatia verso questa categoria di donne. Madness nel suo blog le ha definite – ironicamente – delle Madonne…
Questa definizione mi è piaciuta, perciò ho deciso di rubargliela 😉
Nel mio mio ultimo post, dove ho annunciato la mia decisione di salutare la provetta, ho trovato il commento di una donna che mi chiede come mai non abbia voluto provare con l’eterologa. Non si spiega perché abbia deciso di rinunciare a questa strada.
Le sue testuali parole:
“Da egoista non riesco a capire come si possa privarsi di una gioia tanto grande senza neanche tentare…”
Uff. Da dove iniziare? Sono ancora mezza influenzata, non ho voglia di scaldarmi.
Dunque. Come sapete (non c’è bisogno che vi linki i vecchi post, lo ripeto talmente spesso…) io ho un grande rispetto e una grande stima per le donne. Tutte. Anche quelle che la pensano diversamente da me. E mai mi sono sentita di avere il diritto di giudicare le loro scelte.
Noi donne siamo belle nella nostra diversità, nel modo differente in cui vediamo la vita, in cui agiamo. E ho capito che non esiste un modo giusto o sbagliato di fare le cose, di seguire la propria strada. Lo stesso obiettivo si può raggiungere affrontando percorsi diversi, perché siamo persone diverse.
Conosco donne che odiano i bambini e non hanno mai voluto figli.
Donne che a trent’anni hanno cambiato idea e deciso di sfornare un bimbo.
Donne che non hanno mai cambiato idea e a sessant’anni si vantano della loro indipendenza e del loro stile di vita da ventenni.
Donne che, dopo la scoperta della sterilità, hanno scelto di non provare con la PMA – per paura, per motivi etici o altro – e ricorrere subito all’adozione.
Donne che non se la sentono di provare né con la PMA né con l’adozione.
Donne che adottano e POI ricorrono alla provetta.
Donne che diventano madri a 20 anni, altre che preferiscono prima fare carriera e godersi la vita e fare un figlio a 50 anni.
Donne che provano con la PMA due, tre, otto volte se non di più, e non si arrendono.
Altre che al primo tentativo fallito decidono di lasciare perdere.
Chi sono io, chi siamo noi per giudicarle, per giudicarci a vicenda?
E’ il solito problema di noi donne. Non riusciamo ad essere solidali tra di noi.
Ognuno ha una sua storia, un suo passato, i suoi sogni, dei valori morali e religiosi.
La commentatrice che mi ha chiesto perché non abbiamo provato con l’eterologa, evidentemente non prova questo rispetto per le altre donne.
Nella sua domanda è implicito un giudizio, una critica.
Da quando mi sono allontanata, materialmente e, soprattutto, spiritualmente, dal mondo della PMA, riesco a vedere tutto con occhio più obiettivo e, forse, anche più cinico.
Leggo e ascolto donne che – proprio come me fino a poco tempo fa – sono completamente prese dalla provetta, dagli ormoni, dalle punture, dai puntini luminosi, dalle statistiche, dalle paranoie post-transfer… Come delle drogate, delle assatanate. In senso buono, ovviamente.
Io, sinceramente, non posso che essere felice di essermi liberata da quel peso che non mi ha mai fatto sentire serena.
Certo, quel “peso” avrebbe potuto regalarmi un figlio “di pancia”… E ho sempre affermato, e ne sono ancora certa, che valga la pena patire tutto il dolore fisico e psicologico per quell’enorme felicità, ma… Siamo sicuri che fosse il NOSTRO destino? Mio e di Marito, intendo?
Ho sempre chiesto un segno dal Cielo, da Dio, e non mi sono resa conto (o forse non volevo rendermene conto) che il Signore mi stava già indicando la strada. Una strada più complicata della provetta, una strada sicuramente non facile, né PRIMA né DOPO…
Ma una strada che solo due persone pronte, due persone scelte, possono compiere. L’adozione.
Il Signore ci ha scelto per diventare genitori in un modo un po’ più difficoltoso, in virtù della nostra storia, delle nostre cicatrici…
Un percorso che il Signore non può di certo affidare a tutti. Le donne che rimangono incinta con la stessa facilità con cui le mie cagnolone si addormentano si possono pure tenere la loro facile felicità…
Perché noi siamo stati scelti, e quando potremo finalmente stringere il frutto del nostro amore, il nostro figlio di cuore, la nostra felicità non sarà nulla in confronto a quella degli altri, di quelli normali. Perché noi non siamo normali. Altrimenti non saremmo stati scelti per questo.
La sterilità non è una malattia, non è un impedimento, è una POSSIBILITA’, e anche una missione. Non per tutti. Ma per noi sì.
Dio me l’ha fatto capire, ci ho messo un po’ a capirlo, ma solo per colpa della mia testa dura… Lui ha cercato di dirmelo in tutti i modi possibili. Più di così poteva soltanto apparire di notte davanti ai miei occhi e urlarmelo nelle orecchie, ma se l’avesse fatto io sarei morta d’infarto e… Niente adozione, niente bimbo.
L’amore per un figlio, per me almeno, va oltre l’egoismo di voler crescere un bimbo che abbia i tuoi stessi occhi, il tuo stesso sorriso, il tuo stesso sangue…
Perché un figlio, anche se nasce dal tuo grembo, non è tuo. Un figlio non è una proprietà.
Non è una persona su cui riversare i tuoi sogni abbandonati in gioventù, attraverso cui poterti riscattare.
Un figlio è una persona da amare.
E se un uomo e una donna sanno amare davvero, possono amare e crescere anche qualcuno che non nasce dai propri spermatozoi ed ovociti.
Non è che adesso, tutto d’un tratto, io sia contraria alla PMA, eh… Continuerò sempre a sostenere le coppie che decidono di affrontare questo percorso. Perché so cosa vuol dire.
Ma quella non era la nostra strada.
Per questo ho deciso di abbandonarla. Non ho deciso di abbandonarla perché con me non ha funzionato. Se mi fossi svegliata prima, se mi fossi liberata prima dall’egoismo di avere a tutti i costi un figlio di pancia, io non avrei MAI provato con la PMA.
Chissà, forse se provassi altre due, tre, quattro volte, infine funzionerebbe.
Ma non è questo ciò che vogliamo. Ed ora l’abbiamo capito.
Questo non vuol dire che chi continua a provare sia un disgraziato, o chissà cos’altro. Ognuno deve seguire la strada che sente più adatta a sé. E questa, per noi, non è più la strada giusta.
L’eterologa, sinceramente, l’abbiamo scartata fin dall’inizio. Noi speravamo di avere un bambino “nostro”, un bambino che ci assomigliasse, e non solo che crescesse dentro di me. Se dovevo tenere in grembo un bimbo nato dagli spermatozoi di un altro uomo, sinceramente non aveva senso. PER NOI, ripeto.
Ci sono tanti bambini nel mondo che hanno bisogno di una famiglia, bambini che GIA’ esistono e soffrono, che senso ha, tanto per appagare il desiderio di avere il pancione, andare a creare un altro bambino andando a prendere un ovocita di qua e uno spermatozoo di là? Questo è il NOSTRO pensiero. Non è implicito alcun giudizio verso chi prende questa strada. Anzi, ammiro le coppie che vanno all’estero per sottoporsi alla fecondazione eterologa, e spero che in futuro diventi legale anche in Italia, e mi batterò per questo se necessario.
Non è che ora mi senta piena di saggezza da diffondere al mondo, eh… Non mi ritengo una Madonna, io.
Sono solo una donna che ha preso una strada ed ora ne sta imboccando un’altra. E vorrei comprensione, non giudizio, ascolto, non critiche.
Perché alla fine, tutte noi rivolgiamo le nostre energie, le nostre speranze, ad un unico obiettivo: crescere un figlio.
Non importa come decidiamo di farlo, come decidiamo di arrivare a lui.
Ma dobbiamo sostenerci l’una con l’altra, senza giudicarci a vicenda, accettando le nostre diversità, accettando che esistono percorsi diversi, idee diverse, valori diversi. E dolori diversi.
Andate in pace. Amen.
La prossima volta voglio scrivere qualcosa di divertente. Altrimenti devo cambiare il titolo del blog in “Mentre ti aspetto… Dico la Messa”.