Pubblicato in: La mia storia

Adozione: secondo round

Giovedì scorso io e mio marito abbiamo partecipato al secondo incontro del corso per l’adozione.
La psicologa e l’assistente sociale ci hanno annoiato con un sacco di informazioni giuridiche che io conoscevo già a memoria, e di cui le altre coppie non sapevano niente. Una di queste coppie, anche abbastanza giovane (sui trentacinque anni) ha detto che è da dieci anni che pensa all’adozione. Eppure non sanno nulla. Ma io dico, in dieci anni non avete mai aperto Google una sola volta?! Mah…
Durante la seconda parte del corso abbiamo fatto un gioco di ruolo. Evvai. Tre coppie scelte a caso (e meno male che noi non siamo stati tra i “fortunati”, altrimenti mio marito poi chi l’avrebbe sopportato?!) dovevano rappresentare questa situazione: una coppia, mio marito e moglie, che hanno da poco adottato un bambino, invitano a cena altre due coppie. Una di queste coppie desidera adottare a sua volta e quindi chiede informazioni, mentre l’altra è totalmente contraria ed esprime il suo dissenso.
Ovviamente la scenetta, più che farci pensare, ci ha fatto molto ridere, dato che gli “attori” erano piuttosto impacciati… In pratica la psicologa voleva farci riflettere sulle critiche che potremmo subire nel caso in cui procedessimo con l’adozione. Come se non sapessimo già che c’è gente razzista o ignorante a questo mondo! Esistono addirittura persone che, quando annunci di volere un figlio, ti guardano con disgusto! (E anche quelle che, quando confessi un problema di infertilità, ti chiedono: “ma voi fate l’amore?” … Sorvoliamo che è meglio).
Poi, proprio come l’altra volta, siamo stati divisi in due gruppi, “scoppiando” le coppie, e ci è stato dato un compito. Il mio gruppo doveva pensare a quali sono gli stati d’animo di un bambino piccolo che viene tolto alla sua famiglia d’origine, mentre il gruppo di mio marito doveva pensare ai sentimenti di una coppia di tossicodipendenti a cui viene tolto il figlio.
Il portavoce del gruppo di mio marito ha riassunto il loro brain storming così: “Beh, ma se questi hanno il cervello in pappole per la droga, non capiscono mica niente, no? Quindi come possiamo sapere cosa provano?” Grandissimo.
Lavorare con il mio gruppo non mi è piaciuto per niente. Anche se eravamo poche persone, era impossibile parlare. Tutti saltavano sulla voce degli altri, praticamente riusciva a farsi ascoltare soltanto chi urlava più forte… Anarchia totale. E per me, che sono una persona educata che aspetta che gli altri abbiano finito prima di parlare, è stato impossibile aprire bocca.
E giovedì prossimo terzo round… Oh, questo corso è persino peggio delle iniezioni di ormoni!

Autore:

Perennemente alla ricerca della Vita.