Quante cose da raccontare. Quante emozioni, quanta paura, quanta confusione, quanta speranza.
Speranza è la parola chiave nella mia vita, ora.
Ed è di color verde speranza che, pian piano, stiamo dipingendo la camera del nostro bimbo (sì, mi piace mettere le mani avanti – Marito teme che voglia iniziare a sfogliare i cataloghi delle università…).
La settimana scorsa mi sono concessa, in occasione del mio compleanno, una vacanza da sola di qualche giorno. Sono andata a trovare una mia amica e insieme siamo andate al concerto del nostro cantante preferito. Dieci ore in coda sotto al sole… Ma ne è valsa la pena. Mi sono sentita ringiovanita. La stessa pazzia l’abbiamo compiuta esattamente dieci anni fa, per lo stesso cantante. Quell’evento aveva rappresentato una specie di spartiacque nella mia vita. Io, che sono tanto cinica ma anche tanto romantica, non posso che sperare che anche stavolta avvenga lo stesso…
E poi… Squilli di tromba, please…
Ieri io e Marito abbiamo affrontato l’ultimo colloquio con i servizi sociali! Manca soltanto la visita domiciliare, che abbiamo fissato per la settimana prossima, e poi finalmente avremo terminato la fase dell’istruttoria.
Non amo particolarmente parlare di burocrazia, preferirei concentrarmi sulle emozioni. Visto, però, che su internet sono poche le coppie che parlano approfonditamente del percorso adozione e vorrei che questo blog fosse utile per chi è alla ricerca di informazioni… Farò uno strappo alla regola.
Le regole cambiano un po’ da regione a regione, perciò ovviamente io spiegherò come funzionano le cose da noi, in Emilia Romagna.
Una volta terminata la fase dell’istruttoria (composta ad un certo numero di colloqui, a discrezione dei servizi sociali, e della visita domiciliare) i servizi scrivono una relazione, che viene in seguito letta e sottoscritta dalla coppia. A noi verrà letta a fine agosto, quindi circa un mesetto dopo la fine dei colloqui, ma la tempistica può variare in base al periodo e agli impegni degli assistenti sociali.
Una volta firmata la relazione, essa viene inviata dai servizi sociali al Tribunale dei Minorenni di competenza, nel nostro caso quello di Bologna.
Dovremo aspettare di ricevere dal Comune un attestato in cui è dichiarato che abbiamo terminato la fase dell’istruttoria, e solo allora potremo presentare domanda di adozione presso il nostro Tribunale di competenza ed eventualmente, se lo vogliamo, anche presso altri tribunali (io penso che lo invieremo a tutti i tribunali d’Italia…).
La domanda può essere inviata online, ma deve essere spedita anche in via cartacea (strano, lo so) e non ci sono bolli da pagare. Dev’essere corredata da una serie di documenti, tra cui uno dove la coppia riassume i propri dati (tra i quali anche la “composizione” dell’abitazione) e la propria disponibilità (età del bambino, preferenze di etnia, malattie accettate, ecc.) Questo documento può essere scaricato dai siti dei vari tribunali, ma i servizi sociali ce ne hanno già data una copia.
Se la coppia è sposata da meno di tre anni, come noi, può presentare domanda a patto che conviva da almeno tre anni. Bisogna avere pronti due testimoni (uno può essere il marito o la moglie, l’altro un parente o un estraneo) perché in certi casi il tribunale chiede che vadano a depositare una dichiarazione giurata in cui affermano che la coppia ha effettivamente convissuto a partire dalla tal data…
Inoltre alla richiesta di adozione bisogna allegare un documento (anche questo scaricabile da internet) in cui i genitori di entrambi i coniugi dichiarano il loro consenso all’adozione. Bisogna anche allegare la copia di un documento di identità dei genitori. Per me questa, come ho già detto in passato, è una cosa assurda, ma è la legge italiana… E dobbiamo accettarla (sopportarla).
In seguito, il giudice del tribunale di competenza chiama la coppia per un colloquio conoscitivo (a Bologna i tempi medi sono di tre mesi dalla deposizione della richiesta).
Poi l’iter cambia se si intende proseguire con l’adozione nazionale, l’internazionale o entrambe.
Nel caso di adozione nazionale la domanda resta valida per tre anni, e il giudice contatta la coppia quando riceve la pratica di un bambino adottabile per il quale ritiene la coppia adatta. Attenzione, però, perché il bambino non viene proposto solo ad una coppia, ma a diverse… Sarà poi il giudice a decidere, dopo un colloquio, quale è la più adatta (il colloquio è una specie di “provino”, insomma).
L’assistente sociale ci ha detto che per la nazionale è facile essere chiamati dal giudice entro il primo anno dalla deposizione della domanda (quando il colloquio fatto con il giudice è “fresco” e si ricorda della coppia) oppure verso la fine dei tre anni, quando le domande in scadenza vengono riviste.
Nel caso di adozione internazionale il tribunale emette un decreto di idoneità, che la coppia deve presentare all’ente autorizzato attraverso il quale ha intenzione di procedere con il percorso adottivo.
La lista degli enti autorizzati si trova qui.
Si può anche procedere con entrambi i percorsi contemporaneamente, ma bisogna stare attenti perché alcuni enti chiedono la rinuncia alla nazionale quando si da loro l’incarico, mentre invece altri, ma sono pochi, permettono di continuare con l’adozione nazionale fino al momento dell’abbinamento con un bambino straniero.
E ora che abbiamo parlato di burocrazia… Parliamo di altro.
La fase dell’istruttoria, i colloqui con i servizi sociali per intenderci, è quella che di solito fa più paura agli aspiranti genitori adottivi. Anche io ero molto timorosa, ma devo dire che è andata bene. Non è stata sicuramente una passeggiata, e di certo dipende dall’assistente sociale e dallo psicologo che ti capita, ma… E’ andata bene.
Finora credo di aver parlato soltanto dei primissimi colloqui che abbiamo sostenuto con i servizi. Abbiamo iniziato facendo una chiacchierata generale, poi sia io che Marito abbiamo parlato della nostra vita, dall’infanzia all’età adulta (rapporto con i genitori, amici, scuola, lavoro, ambizioni…).
In seguito ci è stato chiesto di raccontare il nostro incontro, come ci siamo innamorati e cosa ci piace l’uno dell’altra. E qui abbiamo fatto ridere sia l’assistente sociale che la psicologa, perché il nostro incontro è stato decisamente divertente!
Nei colloqui successivi abbiamo parlato della decisione di avere un bambino, della scoperta della sterilità, del “lutto biologico” e della scelta adottiva. E’ stata la fase più difficile, ma anche la più liberatoria.
L’assistente sociale la settimana scorsa ci ha addirittura assegnato un “compito”… Voleva che io e Marito preparassimo qualcosa, una specie di regalo, fatto con le nostre mani, per il futuro bimbo, dove dovevamo descrivere il nostro passato, il presente e il futuro.
Marito ha realizzato un video, molto commovente, ispirandosi al film “La ricerca della felicità”, il famoso e bellissimo film con Will Smith.
Io, invece, ho fatto un collage di foto, su un cartellone a forma di cuore, che è piaciuto molto!
Infine, negli ultimi due colloqui, ci siamo concentrati sulle nostre aspettative di genitori adottivi, sul bimbo “immaginario”, sulle paure e la disponibilità.
Già, la disponibilità… Ci sarebbe da parlare ore ed ore solo su questo.
Io sono entrata nel mondo dell’adozione già abbastanza preparata e informata (quante giornate passate su internet ad imparare le leggi a memoria!) ma mi sono resa conto che sono tante, tantissime, le cose che ignoravo.
La coppia non deve soltanto scegliere tra adozione nazionale o internazionale e l’età del bambino, o accettare l’eventuale presenza di malattie gravi oppure reversibili; i servizi sociali ci hanno messo di fronte a tutta una serie di decisioni alle quali sinceramente non avevo mai pensato.
L’assistente sociale ci ha spinto a proporci, almeno inizialmente, solo per l’adozione nazionale, visto che è quella su cui “puntiamo” maggiormente. Ci ha consigliato di aspettare un anno, e poi, eventualmente, chiedere al Tribunale il decreto di idoneità per quella internazionale.
Per quanto riguarda l’età noi volevamo dare la disponibilità per la fascia 0-5 ma, visto che non è possibile (si può dare la disponibilità per bambini fino a tre anni, oppure fino ai sei anni) e visto che siamo abbastanza giovani, è stata proprio l’assistente sociale a consigliarci di proporci per bambini fino a tre anni. Ci ha anche detto che abbiamo buone possibilità di essere abbinati ad un neonato, ma sinceramente questo per me non ha più tanta importanza.
Poi c’è il discorso “etnia”… Anche se si tratta di adozione nazionale non significa, come in molti credono, che sicuramente verrai abbinato ad un bambino italiano, anzi! Molto spesso possono capitare bambini di colore, oppure rom, o di altre etnie. L’assistente ci ha chiesto se avremmo dei problemi ad accogliere un bambino di un’etnia diversa dalla nostra, che magari in futuro deciderà di seguire una religione a noi estranea (ma noi non siamo di certo cattolici invasati, quindi… Chi se ne frega!).
Per noi l’aspetto “etnia” è assolutamente irrilevante, e comunque sono sicura che questa fosse una domanda abbastanza “retorica”… Di certo una coppia che afferma di volere solo e soltanto un bimbo bianco, ariano e magari pure dal sangue blu non può ricevere una relazione molto positiva!
Abbiamo anche parlato del discorso malattie, che io, ingenuamente, pensavo fosse il più semplice da affrontare. Credevo che la scelta fosse soltanto tra malattie gravi (come sindrome di Down, ad esempio, oppure cecità o sordità), o malattie reversibili (miopia, strabismo, difficoltà nel linguaggio). Invece le cose non stanno proprio così.
Inizialmente la scelta che ci hanno chiesto di fare verteva proprio su questo; io e Marito, che ne avevamo già parlato tra di noi, ci siamo detti disponibili ad accogliere un bambino con una malattia curabile, perché non ci sentiamo in grado di gestire malattie gravi, anche per mancanza di tempo, visto che per sopravvivere dobbiamo lavorare entrambi.
Pensavo che il discorso fosse chiuso qui… E invece l’assistente ci ha messo di fronte a tutta un’altra serie di scelte, alle quali non siamo riusciti a rispondere subito, con mio grande disappunto (pensavo di essermi preparata bene – ho l’animo da prima della classe!)
Purtroppo esistono alcune malattie che non possono essere diagnosticate alla nascita, ma che si manifestano più avanti con l’età, magari addirittura da adulti.
Classico esempio: le malattie psichiatriche.
“Accettereste un bambino che è nato da una madre malata, che so, di schizofrenia?”
E che cavolo, proprio una della malattie più gravi doveva prendere come esempio?
Sfortunatamente i medici non sono ancora riusciti a capire quanto queste malattie siano influenzate dalla genetica e quanto dall’ambiente in cui una persona vive e cresce.
Dopo essermi confrontata con la mia psicologa, però, ho scoperto che ci sono alcune malattie, e la schizofrenia è tra queste, che sono ad alta trasmissione genetica, e per le quali l’ambiente riveste un’importanza minima.
Durante il colloquio successivo abbiamo parlato a lungo della nostra paura di correre questo rischio… E l’assistente sociale per fortuna l’ha capito, e non credo che ci abbia considerato male per questo. Anzi. La sincerità paga (quasi sempre). Se adottassimo un bambino figlio di una donna schizofrenica, ansiosa come sono, passerei tutto il tempo ad osservare e analizzare ogni suo comportamento, per capire se anche lui manifesta dei sintomi di questa malattia… Questo non è auspicabile né per me, né per lui. E sarei costantemente ossessionata dal pensiero che, indipendentemente dall’amore che posso dargli, un giorno mio figlio potrebbe “impazzire”… Non riuscirei a sopportarlo.
Ci è stato anche chiesto se siamo disponibili ad adottare il figlio di una donna sieropositiva. Solitamente questi bambini risultano positivi al test per diverso tempo, magari anche un anno, ma di solito in seguito si negativizzano (non è alta la percentuale di trasmissione dell’HIV da madre a figlio). Di solito. Potrebbe anche essere che il bambino sia davvero malato.
Ho esitato molto davanti a questa scelta. Stavo quasi per dire che ero disponibile ad accettare il rischio, ma… Non sono solo io a decidere. E Marito non ne voleva sapere. Così abbiamo detto di no.
L’assistente sociale ci ha parlato anche dei bambini nati prematuramente, e dei rischi che ne conseguono. I bambini nati prima del tempo rischiano di avere delle malformazioni o delle malattie.
In questo caso ci siamo detti disponibili ad accettare il rischio, anche perché i parti prematuri si verificano spesso (nella maggior parte dei casi si tratta di donne che non si sono curate durante la gravidanza).
A parte le malattie, abbiamo anche parlato della disponibilità riguardo il “passato” del bambino. Sinceramente non credevo che ci fosse un’opzione a riguardo. Insomma, quando si adotta si da per scontato che il bambino venga da un passato difficile, no?
L’assistente ci ha chiesto se siamo disponibili ad adottare un bimbo che ha subito abusi sessuali (purtroppo a volte avvengono anche su bambini molto piccoli), con tutti i traumi che ne conseguono. Questo è considerato il caso più grave. Poi ci sono anche bambini che hanno patito la fame, che sono stati picchiati, che sono vissuti in un ambiente malsano sotto tutti i punti di vista…
Non avevo mai pensato di mettere dei “paletti” su questo, perciò ovviamente abbiamo detto che non c’è problema. Affronteremo tutte le difficoltà, tutti i traumi, tutti i ricordi dolorosi, insieme a lui.
A dire il vero tutte queste domande mi hanno lasciata spiazzata. Da un certo punto di vista ero grata di poter esprimere una “scelta”, per evitare di trovarmi in futuro a gestire una situazione che non sono in grado di affrontare, da un altro non mi piaceva l’idea di dover mettere tutti questi “paletti”. Insomma, stiamo adottando un bambino, non siamo mica dal macellaio a scegliere il pezzo di carne migliore…
L’assistente sociale ha compreso appieno le mie perplessità, ma ci ha anche fatto capire che è necessario riflettere su questi aspetti, in modo da essere abbinati al bambino per il quale siamo più adatti.
Io ho capito che è meglio essere sinceri subito… E’ da stupidi rispondere “sì” a tutto, per poi ritrovarsi a dover dire di no al giudice quando ti chiama per proporti un bambino sieropositivo, capendo di non avere la forza per crescerlo!
C’è anche un’altra cosa importante da capire, però…
Chi adotta deve comprendere che adozione significa accoglienza. Se un bambino viene tolto dalla sua famiglia d’origine significa che c’è un grave motivo. Maltrattamenti, abusi sessuali, povertà, sono all’ordine del giorno. Molte donne che rimangono incinta senza desiderarlo, ma decidono di non abortire (per motivi religiosi, pressioni dei genitori, ignoranza), si trascurano durante la gravidanza… Bevono, fumano, assumono droghe… E magari vengono picchiate!
Non si può pretendere di adottare un bambino bello, felice e sano. Non è così. Non può essere così. Ed è anche questo il “bello” dell’adozione. Restituire (o provare a restituire) la dignità, la felicità, ad un bambino che già quando si trovava nell’utero materno (il luogo più sicuro del mondo, in teoria) ha conosciuto solo dolore.
Ammetto che l’assistente sociale ci ha messo un po’ di paura, ma questa è una cosa buona, perché la paura ti spinge a riflettere, a prepararti, a capire. Ovviamente non possiamo essere pronti a tutte le situazioni, non possiamo sapere come sarà il bimbo che arriverà e cosa avrà patito, ma sappiamo che, qualsiasi sia il suo dolore, dovremo affrontarlo. E ci sentiamo pronti a guarirlo.
Oltre a metterci paura, però, devo dire che ci ha anche dato un po’ di speranza. Dalle parole dell’assistente sociale e della psicologa ho capito che scriveranno una bella relazione su di noi, è questo è fondamentale per fare sì che il giudice ci tenga in debita considerazione.
Secondo loro dovremmo farcela entro tre anni, quindi prima della scadenza della domanda. Come ho già detto, è facile essere chiamati per un abbinamento entro il primo anno dalla presentazione della richiesta, ovvero quando il colloquio con il giudice è ancora “fresco”, oppure verso la fine dei tre anni, quando le domande in scadenza vengono revisionate… Le solite cose all’italiana.
Io ho già deciso che ogni tanto farò un salto in tribunale a salutare il giudice per fare in modo che si ricordi di noi 🙂
E magari gli manderò anche qualche regalino a casa… Che so, una Ferrari, un buono per una vacanza alle Maldive, un collier di diamanti per la moglie… Un pensierino così, diciamo =P
A parte gli scherzi… Non ho idea di quanto dovremo aspettare, so solo che quello che arriverà sarà LUI… NOSTRO FIGLIO. Lui e soltanto lui. La felicità che aspettiamo da anni.
In bocca al lupo, seguo da poco il tuo blog…grazie per condividere dolore, speranza, amore…un abbraccio Mammachepazienza
Vi auguro che arrivi prestissimo! Sia a voi due che al bimbo fortunato che vi avrà come genitori 🙂
Grazie per aver raccontato tutto così nei dettagli!!! Per me sono utilissimi!!! Vorrei chiederti una cosa, a proposito dei colloqui per avere l’idoneità: secondo te, se uno dei due genitori (nel nostro caso mio marito) ha avuto problemi di depressione e ha anche assunto farmaci, pensi che sia opportuno parlarne con loro oppure ci escluderebbero a priori e sarebbe meglio non parlarne proprio? E’ un dubbio che mi assilla sempre, ancora non abbiamo iniziato nè il percorso della pma nè quello dell’adozione, ma quando ne parliamo ho sempre questa paura che per via di questa cosa non considererebbero mai idonei all’adozione….
Ciao, scusami per il ritardo nella risposta… Ultimamente sono poco su internet! Dunque, la questione è abbastanza difficile e non voglio dare consigli sbagliati. Prima di tutto bisogna capire una cosa: tuo marito ora è guarito? O prende ancora farmaci? Secondo la mia psicologa (quella che mi segue, non quella dei servizi sociali) è meglio dire tutta la verità, anche perché può servire per mostrare di essere in grado di affrontare e uscire dalla difficoltà. Io però non ho seguito il suo consiglio. Anch’io ho avuto problemi di depressione, e di autolesionismo, e inoltre mia madre è malata di psicosi… Ma io ho non ho detto nulla. L’assistente sociale e la psicologa ci hanno preso bene, ci hanno preso in simpatia e non hanno indagato più di tanto (forse anche perché non ho lasciato trasparire questi problemi), quindi non me la sono sentita di parlare. Credo che tutto dipenda dalla situazione, da chi ti trovi davanti e dalle domande che ti fa… E dal rischio che venga a scoprire successivamente la verità. Comunque scriverò un post a riguardo. In bocca al lupo, qualunque sia la tua strada!
Dimenticavo….anche io ti auguro che l’attesa sia breve!!! Un abbraccio!!!
La tua serenità è evidente, e proprio per questo mi aspetto che l’idoneità arrivi quest’estate…e che vostro figlio sia con voi, la sua famiglia, già nella prossima…ve lo auguro con tutto il cuore
una curiosità: come reagiresti se il tuo futuro figlio volesse un giorno conoscere la sua famiglia di origine o il suo paese, se si tratta di un’adozione internazionale, ne soffriresti?
Questo è un argomento importante, ho già in mente un post a riguardo. Naturalmente noi diremo a nostro figlio che è stato adottato, anche se dovesse arrivare che è neonato (tra l’altro è obbligatorio per legge dirglielo!), l’adozione non sarà mai un argomento proibito, ne parleremo serenamente e cercheremo di capire le sue emozioni a riguardo, anzi lo esorteremo a mostrarle. Se vorrà conoscere il suo Paese io sarei felicissima di accompagnarlo/a, e lo aiuterò a rintracciare la sua famiglia, se lo vorrà (un figlio adottato può accedere ai documenti che lo riguardano presso il tribunale quando ha 25 anni, non prima). Se vorrà ritrovare la sua famiglia biologica, sempre che ci sia ancora, io lo aiuterò, se lo vorrà. In molti casi i genitori che abbandonano i figli o a cui i figli vengono sottratti da un giudice sono persone assolutamente incapaci di prendersi cura di un figlio, sono tossicodipendenti, malati di mente, criminali, ecc. Perciò dubito che si potrà instaurare un bel rapporto, anzi. Ma se questo dovesse accadere, io lo accetterò. Avrà due mamme… Una di pancia, una di cuore 🙂
ciao! ho letto due dei tuoi post con molta allegria! anche io ho una storia molto simile alla tua e anche noi siamo approdati alla scelta dell’adozione! (e anche noi siamo dell’Emilia Romagna!!!). Abbiamo già parlato con gli assistenti sociali e dobbiamo iniziare l’iter (“purtroppo” conviviamo da 11 anni ma non siamo sposati…. che sembra quasi di essere malati infetti… quindi passate le vancanze stabiliremo una mattina per “metterci in regola” e poi partiremo!).
Anche a noi l’assistente sociale ci ha messo un pò sull’allerta, ma francamente i nostri ultimi due anni sono stati molto difficili, fecondazioni assistite, gravidanza, parto prematuro a 6 mesi, morte del piccolo, infezioni e gravi complicazioni per me… insomma un disastro….
Ora però potremmo affrontare tutto e siamo molto forti.
Devo dire che il tutto mi sembra pò un paradosso. Anche a me è sembrato di dover scegliere il “pezzo di carne migliore” e mi sembra assurdo che facciano fare mille colloqui psicologici per prepararti all’adozione, mentre poi se ti muore un figlio per un parto prematuro ti mandano via dall’ospedale il giorno dopo con solo la frase “succede a molti, riprovedere in futuro”!.
Bè vedremo!
Partiremo con le trafile per settembre (tempo di sposarci).
Magari ci aggiorniamo!! Un saluto!
Spesso parli delle donne che decidono di dare in adozione un figlio come incompetenti, criminali, malate, tossicodipendenti…non è sempre così. Mia cugina è rimasta incinta a 15 anni, e ha deciso di dare il bambino in adozione. Durante la gravidanza è stata seguita da un ginecologo, ha fatto tutti gli esami necessari, ha preso l’acido folico e non ha bevuto nemmeno il caffè. E’ stata una madre, in quei nove mesi, pur sapendo che poi non lo sarebbe più stata. Quando il bambino è nato continuava a ripetere “non fatemelo tenere, anche se lo chiedo non permettetemi di prenderlo in braccio”, è stato terribile, e c’è voluta molta forza per fare quello che lei riteneva assolutamente la scelta migliore. Per questo quando sento generalizzare sulle madri biologiche dei bambini in adozione mi ribolle il sangue.
Io ho solo riferito quanto mi è stato detto dalle assistenti sociali, che forse ne sanno più di te, che hai visto e conosciuto UN SOLO caso. Mi sembra di aver specificato che “in MOLTI casi” è così, che non significa che in TUTTI i casi è così. Ovviamente esistono anche i casi come quelli di tua cugina. Comunque ora rileggerò quello che ho scritto, e se necessario correggerò.