La prima cosa che Robertino fa, ogni sera, quando torna dall’asilo – dopo aver chiesto un pezzo di cioccolato – è salutare le sue cagnoline. Diana e Yuma.
Ma quel venerdì sera maledetto, c’è solo Yuma ad aspettarlo. Non se ne accorge subito. È così abituato alla loro presenza, da considerarla una cosa… Scontata. E la possibilità che non possano più esserci, impossibile.
“Mamma, dov’è Iaia?”
“Siediti, tesoro. Devo dirti una cosa. Ti ricordi che Diana era molto ammalata, vero?”
“Sì. Bua al pancino.”
“Esatto. Aveva molto male al pancino. Ecco, stava così male che è dovuta andare via.”
“Per sempre?”
“Purtroppo, sì.”
Sgrana gli occhi. Non ho mai visto quello sguardo negli occhi del mio bimbo.
“E non tornerà mai più?”
“No, amore mio. Mai più. Mi dispiace tanto.”
Roberto piange. Mai lacrime mi hanno fatto più male.
Resto spiazzata. È la prima volta in cinque anni di vita che vedo mio figlio piangere per qualcosa che non sia un “capriccio”. Questo è il suo primo vero dolore. E io lo sento tutto. Il suo dolore si mischia al mio, lo amplifica. Sento il cuore, già in mille pezzi, frantumarsi ancora di più. Mi chiedo se un cuore possa essere ridotto a brandelli, perché è così che mi sento.
“Ma dov’è? Dove è andata?” mi chiede.
“Diana è… In Cielo. Ma non è una brutta cosa, sai? Ora non sta più male. In Cielo non è più malata. Adesso sta bene e corre tra le stelle insieme agli altri cagnolini.”
“In Cielo? E dove?” È perplesso.
Devo rispondere alla svelta. Mio figlio deve pensare che abbia tutte le risposte. Deve credermi, perché lui non può sentirsi smarrito come la sua mamma. Lui può, deve ancora sognare. Credere in qualcosa.
“Lei è… Sulla Luna. Sai, quella Luna che ti piace tanto guardare ogni sera? Ecco, lei è lì. Lei è lì e ci guarda dall’alto. Ci guarda sempre, in ogni istante.”
Robertino mi obbliga ad aprire la porta finestra per uscire in giardino. È buio, fa freddo, ma glielo permetto. Esco con lui.
Alza il suo piccolo viso al Cielo e cerca la luna.
“Iaia! Iaia!” urla, con tutte le sue forze.
Ogni urlo attraversa la notte ed è per me un colpo al cuore.
“Amore, non può risponderti… Siamo troppo lontani, non riusciamo a sentirci. Noi non riusciamo a vederla, ma quando osservi la Luna, ricordati che lei è lì, che ci guarda. Che ci protegge. E ora sta bene. Credimi.”
“Iaia… Giù! Giù!”
“No, tesoro. Non può scendere giù.”
“E perché?”
“Perché ora Diana può stare bene solo se resta lassù. Sulla Luna le malattie non esistono. Sulla Luna è felice. Può mangiare tutte le salsicce che vuole. E leccare mille vasetti di yogurt al giorno. E ha tantissimi giochi.”
“Noi… Su!”
La logica dei bambini è tanto semplice, quanto disarmante. Se Diana non può tornare giù, perché non andiamo noi su?
Quanto mi piacerebbe poterlo fare, piccolo mio…
“No, Robbie. Non possiamo andare su. Non esiste una scala abbastanza alta per arrivare fino alla luna…”
“Oh…”
Il suo sguardo è deluso. Piange ancora.
“Io voglio Iaia!”
“Hai ragione, amore. Hai ragione ad essere triste. Anche io sono tanto triste. Anche il papà. Anche Yuma.”
“Non è vero! Yuma non è triste! Yuma non piange!”
“Yuma è una cagnolina. Le cagnoline non sono capaci di piangere. Ma anche lei è triste perché ha perso la sua compagna di giochi. Te lo assicuro. Siamo tutti tristi. Ci sono tanti modi per esserlo! Vedi? La mamma piange con te. Anche il papà è triste, ma preferisce piangere da solo. Va bene essere tristi. E va bene esserlo nel modo che preferisci. Tu vuoi piangere?”
Annuisce.
“Va bene. Allora abbracciamoci e piangiamo insieme. Così, forse, i nostri cuoricini staranno un pochino meno male…”
Adesso, ogni volta che guarda la Luna, Robertino saluta la sua “Iaia”. Lo fa con gioia. Ha capito che ora sta bene, che lassù è felice e è sempre con noi, in qualche modo.
I bambini sono anime pure e innocenti, e credono a tutto ciò che mamma e papà raccontano loro.
Ecco, vorrei tanto essere una bimba anche io e che qualcuno mi raccontasse cosa c’è dopo, e che fosse una storia altrettanto dolce da attutire il dolore.
Ma io sono una “grande” che si fa tante, troppe domande, e che non trova alcuna spiegazione al dolore. Così, mi limito a guarire il dolore del mio bimbo, perché il mio, non posso fare altro che cercare di spingerlo in fondo al cuore, insieme a tutti gli altri dolori della mia vita.
Sperando che la felicità riesca a tenere a bada il dolore che fa da sottofondo all’esistenza di tutti noi, perché quando avverrà il contrario, significa che la vita non ha davvero più senso.
ecco sei riuscita a farmi piangere anche con questo post e hai ragione i bambini sono straordinari in queste cose così piccoli ma cosi straordinari … un abbraccio
https://eleaspirantemamma.wordpress.com/
Che post meraviglioso, quanta dolcezza❤ vi abbraccio forte perché non ci sono parole che servano, lo so bene.
Grazie tesoro ❤️