Quando sei in dolce attesa, o già quando sogni di avere un figlio, non fai altro che immaginare il futuro. È inevitabile nutrire mille attese e speranze sul tuo bambino.
Ho dovuto attendere tanto affinché il mio bimbo si decidesse a raggiungermi in questo pazzo mondo: non volevo aspettarmi nient’altro da lui. Mi bastava che arrivasse!
Quando sono rimasta incinta mi sono decisa a non nutrire alcuna aspettativa. È difficile, però, tenere a freno la mente; quale futura mamma non fantastica sul suo bambino?
E così, anche io mi sono ritrovata mio malgrado a sognare tante cose…
Sognavo che avrei portato il mio bambino agli aperitivi con le amiche; sarebbe stato la nostra “mascotte”. Sognavo che avrei viaggiato ovunque insieme a lui, che fin da piccolo avrebbe ammirato le opere d’arte nei musei (fantasia decisamente estrema, ora lo so). Sognavo di iscriverlo ad una scuola di inglese a tre anni (scelsi persino l’istituto…).
Vi dico già che nessuna di queste fantasie si è tramutata in realtà… 😉
Quando siamo in dolce attesa, sogniamo solo cose belle. Perché una futura mamma dovrebbe rovinarsi un momento tanto magico immaginando quello che potrebbe andare male? E poi, il destino non si era già abbastanza accanito su di me, costringendomi a lottare per avere mio figlio? Sicuramente, con il suo arrivo, un bambino avrebbe portato solamente felicità nella mia vita. Avevo sofferto e lottato abbastanza, no?
Potrei dire che non è stato facile accettare la scoperta del ritardo del linguaggio di mio figlio (ora non sogno più di iscriverlo ad una scuola di inglese, mi basta che impari a parlare l’italiano!), o le sue difficoltà a relazionarsi con gli altri a causa di questo.
In realtà, è venuto tutto naturale. Sono stata la prima ad accorgersi, ormai tre anni fa, che qualcosa non andava, che il mio bimbo aveva delle difficoltà. Non mi sono coperta gli occhi, così come non l’ho fatto davanti all’infertilità. Ho lottato per lui, come già avevo fatto prima ancora del suo concepimento. Ho lottato per fare in modo che venisse aiutato, che le sue difficoltà venissero valutate da degli esperti.
Ho sempre saputo che tutte le mie fantasie in gravidanza erano, appunto, solo mere fantasie. Che la realtà sarebbe stata probabilmente diversa – probabilmente, come sempre, più difficile.
Ed è andata davvero così.
Non è facile gestire un bambino che fa fatica a comunicare. Non è facile vedere tuo figlio cercare di fare amicizia con tutti i “bibì” (come li chiama lui) che incontra per strada… Senza riuscirci. Non è facile sentire qualche “bibì” che lo prende in giro per il suo modo strano di parlare. Non sono, però, i bimbi, a farmi paura. Come sempre, chi temo sono gli adulti!
Mi fanno paura gli insegnanti che lo escludono dai corsi perché è “ingestibile”, un “disastro” oppure… “Pericoloso” (!!).
Sì, questi sono solo alcuni dei “gentili” termini che adulti decisamente poco gentili hanno rivolto a mio figlio… Davanti a lui, ovviamente.
Non ho mai considerato mio figlio un bambino “speciale”, neppure dopo aver scoperto e iniziato le terapie per aiutarlo nelle sue difficoltà.
Quanto odio questo termine. Ogni bimbo è speciale, perché ogni bimbo ha il suo carattere, le sue particolarità, le sue difficoltà, anche se non sono riconosciute a livello “clinico”.
Ho sempre considerato mio figlio un bimbo molto vivace che ha bisogno di un aiuto maggiore degli altri a portare a termine certi compiti. Niente di più.
Eppure, questo mondo ormai “standardizzato” e super veloce, che è inclusivo solamente a parole e accetta le diversità solo per finta – soprattutto se richiedono impegno per essere affrontate e se provocano rallentamenti al gruppo – fa molta fatica ad accettare mio figlio.
Ed io sto faticando ad aiutarlo a trovare il suo posto nel mondo. A spiegargli perché la tale maestra l’abbia definito “un disastro” per la sua incapacità a rimanere concentrato, o perché l’altra insegnante lo abbia additato come “un pericolo”.
Mi rendo conto di vivere una vita diversa dalle altre mamme, di affrontare difficoltà che le altre non immaginano neppure.
Mi rendo anche perfettamente conto di affrontare ogni giorno difficoltà che non sono nulla rispetto a quelle che vivono i genitori di figli con problematiche decisamente più gravi rispetto a quelle – spero transitorie – che affliggono il mio bimbo.
Se io sto vivendo questi momenti di esclusione e di umiliazione, cosa dovranno patire questi genitori? Se mio figlio viene discriminato, i bambini con disabilità non reversibili, a livello cognitivo o fisico, cosa dovranno subire, ogni santo giorno? Non oso neppure immaginarlo.
Come sempre la mia mente è già in azione per riuscire a sfruttare in maniera positiva la mia rabbia, per tramutare l’indignazione in azione… Perché infuriarmi per quello che accade a mio figlio non ha alcun senso, se non mi metto di impegno per fare in modo che non succeda più a nessun altro bambino!
Nonostante la realtà sia diversa dalle fantasie della dolce attesa, non vorrei mai che mio figlio fosse diverso da ciò che è. Non vorrei che fosse meno rumoroso, vivace, scatenato, indomabile (questo è ciò che vede chi lo giudica da un’ora di lezione: in realtà lui è anche dolce, intelligente, generoso, furbo!).
Se chi sta lassù ha deciso che questo fosse il bimbo giusto per me… Significa che sono all’altezza di essere la sua mamma. Non mi serve sapere nient’altro.
P.S. In foto, il bambino “pericoloso” mentre, insieme ai suoi pupazzi, progetta un’azione sovversiva all’asilo per rubare tutti gli yogurt.