Stanotte ho sognato di essere incinta.
Era tutto talmente reale che quando ho aperto gli occhi, mentre la mia mente era ancora in sospeso tra realtà e fantasia, ho allungato le mani per cercare quel test di gravidanza che stringevo – incredula – nel sogno. L’emozione è durata solo per pochi istanti, ma non ho parole per esprimere la delusione e la tristezza che mi hanno pervasa non appena mi sono resa conto che si trattava, appunto, soltanto di una dolcissima fantasia.
Ricordo perfettamente l’emozione che ho provato mentre tenevo in mano quel test di gravidanza positivo. Non riuscivo a crederci. Volevo urlare dalla gioia ma mi trattenevo, perché avevo paura che fosse un’illusione… Mi sono svegliata mentre nel sogno, in preda all’ansia e all’eccitazione, uscivo di casa per andare al laboratorio a fare le analisi del sangue.
Quando sono tornata completamente alla realtà, mi sono sentita molto malinconica. E’ stata una giornata amara. Una di quelle giornate in cui ti impegni con tutte le tue forze per sorridere, e a volte riesci a farlo con convinzione, finché non senti una voce dentro di te che ti dice di smetterla, che ti sprona ad urlare, a mandare tutto a fanculo…
Soprattutto quando, mentre cerchi di concentrarti sul lavoro per dimenticare tutto il resto, ricevi un sms da tua madre, appena rientrata dalle Mauritius, che dice così: “Per me è stato un anno orribile: i soldi, i viaggi, la bellezza e la magrezza aiutano, ma non danno la felicità”
…E ti incazzi pensando che una donna del genere abbia un figlia come ME. Un po’ matta, ribelle forse, ma una BELLA figlia, che sa dare tanto amore, un amore che nessuno vuole, neppure la mia stessa madre! Mentre io, che ho il cuore saturo di affetto che attendo di poter donare, rimango qui, da sola, ad immaginare un figlio che non so se arriverà.
Stamattina, quando sono salita in macchina per andare al lavoro, ho acceso la radio e sentito questa canzone.
Sapevo che Laura Pausini aveva dedicato una canzone alla maternità e, nonostante fossi curiosa di sentirla, avevo cercato in tutti i modi di evitarla. Sapevo che mi sarei commossa, che avrei pianto… Ma quando ho sentito la presentazione del deejay non ho avuto il coraggio di cambiare stazione. E così, l’ho ascoltata. Mi sono persino fermata nel parcheggio per sentirne la fine, nonostante fossi già in ritardo per andare a lavorare.
E sì, mi sono emozionata. E ho pianto un po’. In quel momento mi sarebbe piaciuto avere una mamma da chiamare. O un’amica. Ma non avevo nessuno. Se avessi telefonato a Marito, lui non avrebbe capito. Certe cose, certe emozioni, solo le donne le possono comprendere. E così mi sono ricomposta, mi sono asciugata le lacrime, sono scesa dalla macchina e mi sono diretta verso l’ufficio, mentre dentro la mia mente continuavano a riecheggiare queste parole:
Avrai gli occhi di tuo padre
e la sua malinconia
il silenzio senza tempo che pervade
al tramonto la marea
ti aspetterò
e prima o poi
arriverai senza nemmeno far rumore
Io sono perennemente alla ricerca di segnali lungo il mio cammino.
Cerco di dare un’interpretazione, di trovare un messaggio, in ogni cosa che mi accade. Un sogno, una canzone ascoltata per caso, un incontro inaspettato, un film su cui capito facendo zapping, una nuvola dalla forma particolare… Sono sempre alla ricerca di qualcosa. Di qualcosa che mi faccia capire cosa fare, o che soltanto mi inciti a sperare, a continuare a combattere, oppure che mi convinca a desistere. Nonostante tutto, anche se la mia parte più razionale e amareggiata crede solo nel caos, in un angolo del cuore continuo a credere nell’esistenza di un’entità superiore – Dio, un angelo custode – che influenza le nostre vite, che ci consiglia, che ci dice cosa fare.
Non so se per via del sogno che ho fatto stanotte o della canzone ascoltata per caso, ma… Oggi mi sentivo veramente una mamma. Sì, mi sentivo come se la fossi già. Ogni tanto mi accarezzavo la pancia, per poi ritrarla e sorridere tra me e me, un po’ imbarazzata, ricordandomi che il mio ventre è vuoto e freddo come l’inverno che sta arrivando.