Pubblicato in: La mia storia

Il giorno di dolore che uno ha

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E’ da diversi minuti che osservo il monitor come inebetita, cercando le parole giuste da scrivere.

Mi sento stupida a scrivere sul blog in questo momento. Dovrei chiamare un’amica, ma non c’è nessuno con cui io mi senta di parlare in questo momento. Marito ha cercato di consolarmi, con belle parole, certo, ma che si sono rivelate del tutto vane.

Questa mattina, quando mi sono alzata, ho pensato che avrei voluto scrivere un bel post divertente oggi, come non faccio da tanto tempo. Ma temo che dovrò rimandare questo momento.

Le Malefiche non sono ancora arrivate, e il momento in cui i miei piccoli puntini luminosi entreranno a far parte di me si allontana sempre di più. Temo che, se non riusciremo a fare il transfer entro Natale (cosa ormai impossibile) il tutto slitterà a fine gennaio. Un’altra attesa. Un altro Natale da dimenticare.

Sono al 36° giorno e, da stupida masochista quale sono, ieri ho fatto un test di gravidanza. “Non si sa mai,” mi sono detta. Diciotto euro buttati nel cesso. Ovviamente era negativo.

Mia madre è sempre più fuori di testa e ogni giorno mi manda mille sms per dirmi cose orribili. Un’amica mi ha consigliato di non leggere più i messaggi, ma io non ne posso fare a meno. Ho sempre il timore che mi debba dire qualcosa di importante, così li leggo. E ogni volta sto male.

Abbiamo scoperto che mia nonna, nel ricovero sui monti in cui mia mamma l’ha relegata (ricovero da 1.500 euro al mese, non che questo importi), è stata derubata di tutto. Mia mamma le aveva comprato un intero guardaroba quando era entrata in ricovero. Il giorno stesso in cui è arrivata una delle operatrici (non si sa chi) le ha rubato tutti i vestiti nuovi. L’abbiamo scoperto dopo mesi, e mi sento una stupida per non aver detto niente prima, dato che avevo notato che indossa sempre abiti vecchi e logori. Credevo che mia madre, da fuori di testa quale è, non avesse pensato di portarle dei vestiti decenti, tanto che pensavo di comprarle qualcosa io. E ora invece viene fuori che le operatrici hanno tenuto nascosto questo fatto e fin dal primo giorno l’hanno vestita con gli abiti dei MORTI. Sì, avete letto bene. A mano a mano che le altre donne anziane ricoverate morivano, rubavano loro i vestiti per darli a mia nonna.

Non oso pensare quali altre crudeltà mia nonna debba subire. Quando io sono presente le operatrici sembrano tutte carine ed educate, ma… Quando non ci sono parenti in giro come si comporteranno?

Mia madre ha deciso di farla trasferire in un ricovero più vicino alla città, ma la lista d’attesa è lunga, e forse ce la farà soltanto per Pasqua, non prima…

E chissà se ci arriverà, a Pasqua. Le sue gambe sono sempre più gracili e la mente più debole.

Tre settimane fa, a causa di una brutta influenza che solo ora sta cominciando a passare, ho smesso di fumare. Non è stato molto difficile, dato che ogni volta che accendevo una sigaretta mi veniva da tossire come una pazza. E devo dire che il fumo non mi mancava neanche tanto. Oggi ho ricominciato. Mi sento una stupida, una debole, ma è stato più forte di me.

Io e Marito abbiamo appena seppellito Zymil in giardino.

Vi è mai capitato di vivere una giornata talmente pregna di emozioni, di dolore, di lacrime e di paura da arrivare a sera e chiedervi: ma è successo tutto veramente?

Oggi è una di quelle giornate, per me.

Stamattina, mentre ero in ufficio, ho ricevuto una telefonata di mia madre. L’ho ignorata, come mi ha consigliato la psicologa. Visto che insisteva, però, alla fine ho risposto. E un secondo prima di schiacciare il bottone verde sapevo già cosa mi avrebbe detto.

Stava piangendo. Mi ha detto che Zymil stava agonizzando. Era da giorni che non beveva e non mangiava più ed aveva perso un chilo in una settimana. Voleva portarlo dal veterinario. Io le ho detto di non fare nulla e di aspettarmi. Sono corsa fuori dall’ufficio, mentre percorrevo il corridoio ho iniziato a piangere, e sono andata a chiamare una mia collega, l’unica che sapevo avrebbe potuto capirmi… Ho continuato a piangere e urlare insieme a lei in corridoio, mentre i colleghi che passavano mi guardavano con un misto di curiosità e disappunto. Ha cercato di calmarmi, invano. Ho chiamato Marito e l’ho pregato di venire dal veterinario con noi. Poi sono tornata in ufficio, sempre correndo come una furia, mi sono vestita e ho detto al mio capo che dovevo andare e non sapevo quando sarei tornata. Lui, vedendomi tanto agitata, mi ha detto di non preoccuparmi e di fargli sapere qualcosa. Non gli ho detto niente perché sapevo che mi avrebbe deriso, forse non apertamente, ma dentro di sé sicuramente sì. Sono poche le anime che riescono a percepire la bellezza di un animale, un semplice animale che ti può donare molto più di un essere umano…

Mentre correvo per la strada, rischiando di farmi investire più di una volta, ho richiamato mia madre. Mi ha detto che stava già andando dal veterinario perché la situazione era gravissima e probabilmente gli avrebbero fatto LA puntura… Io l’ho pregata di aspettarmi, perché volevo essere lì… E lei non mi sentiva! Gliel’ho ripetuto mille volte, urlando in mezzo alla strada come una pazza… E lei continuava a dire che non riusciva a sentirmi perché la linea era disturbata! Sono arrivata alla macchina, ho guidato come una scriteriata e per fortuna sono arrivata dal veterinario in tempo, appena prima dei miei genitori e di Marito.

Era da qualche giorno che non vedevo Zymil. Quando ho dato un’occhiata dentro al trasportino, non ho potuto fare a meno di urlare. Il mio micio, il mio bellissimo micio bianco, non si muoveva. Era avvolto in una coperta. I suoi occhi erano semiaperti, ma non sapevo se mi stessero guardando realmente.

Siamo entrati nell’ambulatorio, e prima di adagiarlo sul tavolo l’ho voluto tenere un po’ in braccio, per fargli sentire il mio calore, il mio amore, sperando in un miracolo che sapevo non sarebbe accaduto.

La veterinaria ha detto subito che la situazione era grave. Ormai i suoi reni erano completamente andati, anche se il suo cuoricino era molto forte… Ci ha detto che con delle flebo e delle medicine poteva farlo sopravvivere ancora un giorno al massimo. Noi abbiamo deciso all’unanimità di farlo smettere di soffrire.

Secondo la dottoressa Zymil era in coma e non sentiva più niente. Ma io non credo che fosse vero. Gli ho tenuto la zampina per tutto il tempo, e lui mi ha stretto la mano… Mi guardava aprendo e chiudendo leggermente gli occhietti, come per dirmi: “Sono stanco, sono pronto per andare!”

La dottoressa diceva che erano soltanto spasmi involontari, ma io non credo che fosse così. Non voglio crederlo!

Gli ho tenuto la zampina e l’ho accarezzato mentre gli veniva fatta la puntura dell’anestesia… E quando finalmente si è addormentato, la veterinaria gli ha fatto quella maledetta puntura nel cuore… Che, lo sapevo, gli avrebbe dato sollievo, ma che l’avrebbe portato per sempre via da questo mondo. E da me.

Quest’agonia è durata tantissimo tempo… Il cuoricino di Zymil non ne voleva sapere di fermarsi! Mentre se ne andava la sua bocca si apriva e si chiudeva, e io ho chiesto alla dottoressa cosa stesse succedendo… Lei mi ha risposto che si trattava di spasmi involontari, che presto avrebbe smesso, e che le dispiaceva molto, perché questo accade solo una volta su un milione… Anche quando il suo cuore aveva ormai smesso di battere la sua bocca e i suoi occhi continuavano a muoversi… Io non riuscivo a vederlo così. Ho continuato a tenergli la zampa e ho chiuso gli occhi, inginocchiandomi davanti a lui, inondando il pavimento di lacrime.

Anche i miei genitori piangevano, e per la prima volta mi sono sentita in sintonia con loro… Marito è uscito per darci un momento di intimità, e mio padre avrebbe voluto che lo seguissi… Ma io ho preteso di restare. Volevo accompagnare Zym sul ponte dell’arcobaleno…

E poi… E poi ricordo solo tante lacrime. Ho detto ai miei che volevo portarlo a casa per seppellirlo in giardino, e per fortuna non hanno avuto niente da ridire. Marito è tornato a lavorare e mia madre è andata a casa, ed io e mio padre siamo andati in un negozio a comprare una bella cassettina dove farlo riposare. Poi siamo andati a casa mia a cominciare a scavare la buca, ma mio padre se n’è andato prima d’aver finito perché mia madre l’ha chiamato, incavolata nera, gelosa marcia del fatto che io e mio padre fossimo insieme. La sua malattia mentale non si placa neppure in questi momenti. Mi ha addirittura mandato un sms per dirmi che “la vita mi punirà” per averla esclusa… E meno male che è stata lei ad insistere affinché mio padre venisse a casa mia, e meno male che non ha mai chiesto di poter venire anche lei. Fa sempre così. Fa le cose apposta per poi potersene lamentare e additare gli altri di essere crudeli nei suoi confronti, mentre è lei ad essere la persona più malvagia ed egoista verso gli altri.

Potevamo essere uniti, per una volta, sebbene nel dolore… Potevamo essere una famiglia. E, invece, non è stato possibile.

Nel pomeriggio sono tornata a lavorare. Ho lasciato Zymil in giardino, nel suo trasportino coperto da un lenzuolo. E’ stato un pomeriggio orribile. Nessuno, per fortuna, mi ha domandato come mai fossi uscita tanto angosciata questa mattina. Non avrebbero capito.

Quando sono tornata a casa, nel buio, io e Marito abbiamo finito di scavare la fossa. Poi abbiamo messo il corpo di Zymil nella scatola, avvolto in una coperta. E ho pianto, pianto, pianto, toccando il suo corpo rigido, freddo, che non mi farà mai più le fusa, che non cercherà mai più le coccole, che non sarà, mai più.

Abbiamo seppellito la scatola. E domani faremo una bella croce e una lapide.

Marito ha cercato di consolarmi, dicendomi che gli abbiamo donato una bella vita, che era giunto il suo momento, che continuerà a vivere nei nostri ricordi… Che prima o poi anche i nostri cagnoloni non ci saranno più, ed io devo essere pronta…

Sono ore che non faccio altro che pensare alla morte.

Ho sempre creduto che esista qualcosa, dopo.

Ma ora non lo so più.

Forse non c’è niente. Forse l’anima e l’aldilà sono solo invenzioni delle religioni.

Non c’è niente, dopo.

Un attimo siamo, e quello dopo non siamo più.

Non possiamo più provare alcuna emozione. Non possiamo ridere, amare, stare bene, soffrire, piangere.

Non possiamo più fare nulla. Non ci siamo più. Non siamo più.

In questo momento non esisto neanch’io.

Autore:

Perennemente alla ricerca della Vita.

11 pensieri riguardo “Il giorno di dolore che uno ha

  1. Non dire così Eva, innanzitutto TU esisti. Esisti per me, che ora ti leggo e un po’ piango insieme a te e poi sono sicura che quel che esiste al di là della morte è così indicibilmente grandioso che la nostra immaginazione e il nostro sentimento non bastano a concepirlo nemmeno approssimativamente. La morte ci dona senso, solo con la morte sappiamo perchè siamo vissuti, non è il limite, è il nostro scopo finale di questa vita terrestre. Zym, ha avuto uno scopo altissimo, quello di farti sentire meno sola, quando tu eri più piccolina, quello di regalarti affetto e devi per sempre portarlo nella tua memoria con un sorriso, dolce anche se un po’ triste.
    Un bacio grande grande!

  2. Mi hai fatto piangere perchè in Zymil vedo tutti i gatti e i cani che ci amano e che amiamo. Sei stata coraggiosa a stare con lui nel momento della puntura, non é da tutti. Ha vissuto una vita lunga e piena e adesso si é liberato dal dolore che l’ha oppresso negli ultimi mesi. Adesso lui sta bene e tu devi stare bene per lui.
    Per quanto riguarda tua nonna sono davvero senza parole. Sembra un romanzo ma é vero, porca miseria. Che schifo.

  3. un grande bacio…posso solo immaginare la sofferenza e la tristezza. ho una cagnetta da sette anni.. posso immaginare. un bacio grande

  4. Pensavo di essere una sciocca, quando qualche mese ho pianto tutte le mie lacrime per la morte del mio gatto, Frankie.
    Non sei sola in questo dolore, come non lo sei in tutti gli altri. Sei una persona così bella ed io mi sento davvero fortunata ad averti incontrata!!
    Quanto amore hai, Eva.
    E nel tuo cuore c’è spazio per Zymil che non se andrà mai veramente, per tua nonna che vive una situazione difficile, per i tuoi piccoli che ti aspettano e per tutti coloro che hanno saputo ritagliarsi un posto dentro di te.
    Forza. Forza!! Ti penso spesso e attendo con te il momento in cui arriverà la felicità che meriti.
    Ti abbraccio forte.
    L’altra Eva, quella d’oltreoceano.

  5. …e un abbraccio anche d’oltremanica… Mi dispiace tanto per Zymil.
    Quando ero piccola scrivevo sul mio diario e mi sembrava che scrivere le cose brutte le facesse rimanere su quelle pagine, fuori di me, e mi sentivo meglio. Che possa essere cosí anche per te adesso!

  6. Leggendoti, mi sono messa a piangere come una fontana. Mi riconoscevo in ogni tua parola, nel test di gravidanza comprato per buttare soldi, nell’attesa che si allunga perchè il ciclo non arriva e doveva arrivare, nel natale malefico che fa saltare tutto quello che si era programmato.
    Mi riconosco nel dolore, nella rabbia, nello sconforto.
    Ho letto di Zymil e ho pianto, noi presto dovremo farlo con Sofia, mini maltesina adorabile, amata e straamata, ormai troppo vecchia e stanca. E malata. Ti capisco, leggo e piango.
    entre leggevo pensavo che volevo scriverti qualcosa per confortarti, se possibile, ma in realtà mi viene solo da dirti che mi sento tanto tanto vicina a te.
    Spero solo che arrivi presto un giorno in cui ci sentiremo meglio. Non so quando sarà, ma io voglio sperare per tutte e due che arrivi.

    1. Grazie, davvero. E una carezza a Sofia. Spero proprio che arrivi per tutte noi il momento in cui staremo meglio. Questo dolore deve pur avere un senso.

  7. Ho letto solo oggi il post, sapevo cos’era successo, ci eravamo già scritte via mail. Non l’ho letto subito perchè sapevo che mi avrebbe fatta piangere. E infatti son qui che tiro su col naso. Che qualcuno potrebbe dirmi che sono scema anche… il gatto non era il mio. Ma io so… purtroppo che profondo vuoto e profondo dolore lasciano certe perdite. L’unica consolazione è che un dolore così grande ad un certo punto lascia il posto ai ricordi meravigliosi, che fanno spuntare una lacrima, ma anche un bel sorriso. Perchè i piccoli amici sono così, ti danno l’anima e il cuore e tu non puoi far altro che innamorarti di loro per sempre.
    Non prendertela per tua madre E., ormai abbiamo capito che non puoi contare su di lei in questi o in altri momenti. Non me la sento di dirti di tenerla a distanza, ma sarebbe quello che dovresti fare. Comincia a vivere per te stessa, senza sperare che una persona così malata possa esserti di un qualche aiuto.
    Cerca invece di fare qualcosa per tua nonna, speriamo la spostino presto…. Ti lascio un grande abbraccio, di quelli caldi caldi che un po’ consolano.
    Passerà tesoro, davvero passerà!

  8. Sto piangendo come una fontana. ..capisco bene il tuo dolore e so che resta vivo dentro di noi x sempre, forse relegato in un angolo del nostro cuore ma sempre pronto a uscire fuori con la potenza di un uragano.
    Spero che esista sul serio il ponte dell’arcobaleno perché non c’è altro posto dove vorrei andare un giorno…

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